TAROCCHI, Il codice segreto del Rinascimento.

Le prime carte da gioco, chiamate Naibi e poi Arcani Minori , giunsero probabilmente nel nostro Paese dall’Oriente sul finire del XIV secolo, con i loro quattro semi tradizionali (Bastoni, Coppe, Spade e Denari), e presto si diffusero nelle principali città dell’Italia centrosettentrionale come gioco d’azzardo, superando in popolarità quello dei dadi. Pochi decenni dopo fu inventato un inedito quinto seme, con funzione di briscola, a completare il mazzo dei Tarocchi così come lo conosciamo ancora oggi. Si trattava dei Trionfi (più tardi chiamati Arcani Maggiori): figure simboliche di grande forza evocativa, come l’Appeso, la Morte, il Matto, l’Imperatrice, il Diavolo, che affascinarono i popolani e coinvolsero i signori delle corti rinascimentali in raffinati giochi di società.

Il gioco così modificato in Italia fu presto esportato in tutta Europa con un crescente successo, offrendosi a innumerevoli interpretazioni artistiche e ludiche, assumendo stili diversi a seconda dei luoghi e delle epoche, e dando origine a tutti i mazzi e giochi di carte oggi conosciuti, nei quali i tradizionali semi «italiani» sono stati quasi sempre sostituiti dai più moderni «francesi» (Fiori, Cuori, Picche, Quadri), e solo il Jolly, un tempo detto Matto, rappresenta ciò che resta dei Trionfi. Esiste però ancora un fiorente mercato di mazzi di Tarocchi veri e propri, in numerosissime versioni: dai classici Tarocchi di Marsiglia, ai famosi Rider-Waite del 1910, ai tanti mazzi artistici moderni. Il successo e il fascino dei Tarocchi sembrano intramontabili, e agli inizi di questo secolo si stanno moltiplicando gli studi, anche eruditi , finalizzati a comprenderne meglio le origini, la storia e l’intrinseca filosofia, che appare tuttora straordinariamente attuale.

Perché queste immagini suscitano ancora emozioni e interesse? Quale mistero si nasconde nei loro simboli? A queste domande risponde dal 4 ottobre la mostra torinese Tarocchi dal Rinascimento a oggi , accompagnando i visitatori nello stesso viaggio di conoscenza iniziatica che i filosofi umanisti vollero propagandare con i simboli e i codici criptati contenuti nelle carte, e che inconsapevoli giocatori tramandarono nel tempo.

Con la funzione ludica dei mazzi usati nel gioco d’azzardo nelle bettole, si sviluppò quella «psicologica» nelle corti rinascimentali, dove si usava associare analogicamente le virtù e i difetti umani raffigurati dai Tarocchi, spesso con sarcasmo, alle persone presenti, invitate così a rispecchiarsi in quelle immagini, e quindi a conoscersi. Da questo introspettivo gioco di società, in auge fino al Settecento, alla funzione cartomantica di interpretazione dei simboli il passo fu breve: i sonetti di Teofilo Folengo testimoniano usi divinatori dei Tarocchi almeno dal 1540, e altrettanto precoci furono utilizzi talismanici e scaramantici delle carte. Ma soltanto alla fine del XVIII secolo la cartomanzia divenne popolare, quando Court de Gébelin riscoprì il senso esoterico dei Tarocchi. Il loro profondo contenuto filosofico emerse poi con gli studi di Lévi, Christian, de Guaita, Papus, e quindi di Crowley, Waite, Tomberg, Ouspensky, Kremmerz, Wirth e altri autori moderni. Le varie scuole di pensiero misero in evidenza le connessioni fra i contenuti simbolici dei Tarocchi e i geroglifici egizi, la cabala ebraica, la numerologia pitagorica, l’astrologia, la massoneria e altre esoteriche radici.

La ricerca attuale sta valutando in particolare il periodo storico nel quale i Tarocchi si strutturarono secondo codici simbolici specifici dell’epoca. Le città italiane nel Rinascimento erano delle fucine di sincretismo di diverse culture: l’alchimia e la simbologia astrologica, le tradizioni popolari e mitologiche mitteleuropee e mediterranee, le allegorie medievali delle sfilate dei Trionfi, le mistiche orientali e occidentali, eretiche, pagane, cristiane, gnostiche, islamiche, ebraiche, cabalistiche.

Il senso filosofico principale dei Tarocchi è quello ermetico e neoplatonico dei primi secoli dopo Cristo, riscoperto dagli umanisti rinascimentali. Il pensiero sincretico ellenistico si espresse con le opere attribuite al mitico Ermete Trismegisto, identificato con il greco Hermes (Mercurio, signore dell’interpretazione e della mediazione) e con l’egizio Thot (patrono di scribi e saggi): a lui si faceva risalire ogni genere di antica sapienza, dalle scienze alle tradizioni esoteriche, alchemiche e misteriche. Su queste basi gli ermetisti del Rinascimento inaugurarono quella meravigliosa epoca di arte, cultura, libertà e spiritualità che portò luce al mondo: i Tarocchi sono figli dello spirito di quel tempo.

Mentre Cosimo de’ Medici progettava l’Accademia Neoplatonica di Careggi, Marsilio Ficino già traduceva testi ermetici, e presso le corti dei Visconti, degli Este, dei Gonzaga, dei Malatesta, continuava il successo del gioco dei Trionfi, veicolo di propaganda della stessa cultura. Giovani aristocratici, artisti, filosofi e letterati italiani crebbero in un clima di grande libertà di pensiero, vedendo nelle figure dei Tarocchi i simboli formativi di questa stagione della cultura e dello spirito.

Lo stesso clima generò opere sublimi e simboliche: il Tempio Malatestiano a Rimini in cui lavorarono Leon Battista Alberti e Piero della Francesca, gli astrologici affreschi di Palazzo Schifanoia a Ferrara, opera di Francesco del Cossa, i dipinti di Botticelli a Firenze, e, non ultimi, i Trionfi Visconti-Sforza miniati a mano da Bonifacio Bembo, i Tarocchi ferraresi, detti di Carlo VI, e quelli alchemici Sola-Busca.

L’uomo ideale del Rinascimento era punto d’incontro di Cielo e Terra, centro dell’universo, termine di paragone fra il Macrocosmo e il Microcosmo, creatore di bellezza, armonia e amore, Copula Mundi , chiave, proporzione e misura di tutte le cose. Egli tendeva a diventare padrone del proprio destino, libero di scegliere oltre i condizionamenti, e per questo osò riconoscere la sua natura divina, e sancirla anche con la creazione dei mistici Tarocchi: percorso simbolico, iniziatico e spirituale.

Nel molteplice aspetto delle figure dei Tarocchi si narra la storia dell’uomo alla ricerca di se stesso, nel mondo delle idee originarie innate di Platone, Plotino e Proclo, che anticipò il moderno concetto degli archetipi, l’analisi psicologica di Jung e la sua teoria della sincronicità.

Il mazzo dei Tarocchi descrive il percorso identificativo nel grande gioco delle corrispondenze in cui niente avviene a caso, dove ogni cosa è in relazione con tutte le altre nella rete di entanglement dell’unico campo psichico. Tutto ciò trova recenti conferme nelle avanguardie della fisica moderna, da Heisenberg, a Schroedinger, a Bohm. Nell’universo quantistico, così come nel cosmo neoplatonico, le figure dei Tarocchi riflettono simbolicamente le idee che li hanno generati, e connettono sincronisticamente gli elementi solo apparentemente separati. La coincidenza degli opposti ne dimostra la possibile conciliazione che procede verso la mirabile e complessa «cosa unica» ordinata e generata dall’Uno che tutto comprende e regola.

In questo contesto olistico i Tarocchi sono una «macchina filosofica» capace di interpretare la realtà. L’uomo, partecipe del mondo connesso di materia e psiche, cerca la conoscenza, e con i Tarocchi può trovare la proporzione fra il noto e l’ignoto. I Tarocchi utilizzano linguaggi simbolici, ermetici e paradossali per aprire scenari di ricerca interiore e di conoscenza che invitano l’uomo del XXI secolo a riconoscere il proprio ruolo nel mondo, e a riconoscersi come artefice del proprio (cosiddetto) destino, in analogia con il sogno umanistico del rinascimentale Homo faber .

L’utilizzo filosofico dei Tarocchi tende a responsabilizzare l’uomo nelle sue scelte individuali e collettive, invitandolo a intraprendere un cammino evolutivo di conoscenza, coscienza e consapevolezza di fronte al mistero della vita. I Tarocchi possono aiutarci a porre le giuste domande alla nostra coscienza, fino al punto da farci identificare in essa piuttosto che nei virtuali ruoli che la nostra personalità assume nei diversi contesti.

 

 

  • Domenica 6 Agosto, 2017
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