Il presidente del consiglio Giuseppe Conte fa scivolare la solita frase en passant, al margine della conferenza stampa sull’inaugurazione del Mose a Venezia: «Lo stato di emergenza serve per tenere sotto controllo il virus. Non è stato ancora deciso tutto, ma ragionevolmente si andrà in questa direzione». Il consiglio dei ministri si avvia dunque a prorogare lo stato di emergenza fino a fine dicembre.
NON È UNA NOVITÀ. Le voci sull’eventualità circolavano da giorni. In realtà già a metà maggio, in una delle bozze del decreto Rilancio il manifesto aveva «letto» l’intenzione del governo della proroga di altri sei mesi, fino alla fine dell’anno, dello stati di emergenza. Poi il governo aveva smentito. Ora invece il premier lascia capire che andrà così.
TOCCHERÀ AL MINISTRO Speranza, atteso alla camera martedì sera per parlare del decreto-ponte fino al 31 luglio, dettagliare la scelta del governo dal primo agosto in avanti. Per ora da Chigi ma anche dal ministero della salute viene spiegato che la proroga è una scelta di prudenza, per avere strumenti ” veloci” di decisione nel caso in cui il contagio dovesse riesplodere.
LA SCELTA DI PROROGARE lo stato di emergenza riaccende le polemiche sul piglio accentratore del premier. I vertici dei partiti di maggioranza, che non erano stati avvertiti della decisione, derubricano la scelta a «una questione prettamente tecnica». Così dice il reggente dei 5s Vito Crimi: «Si tratta della cornice normativa che può consentire all’esecutivo di intervenire in urgenza: di adottare, in tempi rapidi, quelle misure che si dovessero rendere necessarie. Dunque, ha la funzione di farci trovare pronti anche in vista dell’autunno». Di «scelta tecnica» parla anche il Nazareno, minimizzando.
MA A DIFFERENZA DEI MESI del contagio, oggi si alzano obiezioni anche dalla maggioranza: «Non si può dubitare che l’esecutivo, se ha questo orientamento, abbia solide motivazioni», ammette il costituzionalista Stefano Ceccanti, deputato dem titolare di un emendamento al decreto «19» che ha «parlamentarizzato» i discussi Dpcm con cui il premier ha gestito tutta la fase dell’emergenza. «Per questo motivo ci attendiamo che venga a esporre preventivamente le sue ragioni, anche per raccogliere indirizzi delle camere, in particolare rispetto alla durata della proroga e alle concrete modalità, dando seguito all’ordine del giorno bipartisan dei componenti del Comitato per la legislazione accolto giovedì». Un ordine del giorno proposto e approvato proprio in vista dell’eventualità annunciata oggi. In serata Palazzo Chigi fa sapere «si tratta di una decisione che non è ancora stata presa» e che «se si procedesse in questa direzione, l’intenzione del presidente sarebbe comunque quella di passare per il parlamento».
QUELLA DI CECCANTI ORMAI non è più una voce isolata . Nella maggioranza anche Italia viva chiede che «il parlamento venga adeguatamente coinvolto». E l’europarlamentare e giurista Giuliano Pisapia chiede un dibattito in parlamento: «Per governare un paese non servono gli “stati d’emergenza», «in caso di necessità e urgenza la Costituzione, e i princìpi base di uno stato di diritto, non prevedono “l’uomo solo al comando”, ma la possibilità per il governo di adottare decreti legge», di cui talvolta si fa abuso ma «che debbono essere poi esaminati dal parlamento». Ma il silenzio dei colleghi dem significa ormai più imbarazzo che consenso alle disinvolture dello stile Chigi.
LE OPPOSIZIONI PARTONO all’attacco. «Ci opporremo con fermezza», annuncia la presidente dei senatori forzisti Anna Maria Bernini. «Solo adombrare il pericolo dei ‘pieni poteri’ equivale a dire assenza di democrazia». le fa eco il collega Giorgio Mulé, «Conte «sembra un uomo solo al comando che si sente un monarca più che un premier» .
Ma parla a nuora e a suocera: da una parte contesta il premier, dall’altra allude anche all’alleato leghista e al suo vizietto di chiedere ‘pieni poteri’, come fece l’estate scorsa poco prima della rovinosa caduta del governo Conte 1. «La libertà non si cancella per decreto» attacca infatti Matteo Salvini. Fatalmente però, pronunciato da lui, l’argomento suona meno serio: il leader leghista è un fan dell’ungherese Orbán che durante il contagio per legge ha esautorato il parlamento, con un provvedimento ora revocato.