Le stime di Regione e Comune di Firenze: “Con la sparizione dei permessi per motivi umanitari una massa di persone si troverà senza protezione, ma anche senza controllo”. Il rischio è che finiscano nell’illegalità
maria cristina carratù
«Qui non si tratta di slogan politici, ma di fatti, che preoccupano tutti gli amministratori, anche i sindaci leghisti», avverte l’assessore regionale all’immigrazione Vittorio Bugli. È allarme, in Toscana, e non solo, per gli effetti del decreto sicurezza approvato dal governo, e di cui Regioni e Comuni sperano esistano margini di mitigazione « anche se dal dibattito parlamentare non arrivano segnali incoraggianti » . Le stime, hanno spiegato ieri Bugli, che parlava anche a nome della conferenza delle Regioni, e l’assessore al welfare e all’accoglienza del Comune di Firenze e responsabile immigrazione di Anci Toscana, Sara Funaro, lo dicono chiaro: con l’eliminazione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, sostituito con specifici permessi ” speciali”, nella sola Toscana « si troverebbero dalle 5 alle 6 mila persone fuori da ogni sistema di accoglienza, e privi di qualunque tipo di protezione e di controllo ». Si tratterebbe di circa la metà dei 11.058 ad oggi accolti nella regione ( 9.200 nei Cas, Centri di accoglienza straordinaria gestiti tramite bandi dalle prefetture, e 1.850 negli Sprar, il Sistema di protezione per i richiedenti asilo e rifugiati gestito dal ministero con il coinvolgimento degli enti locali), che uscirebbero in automatico e senza riconoscimento dalla rete dei servizi ( si stima che solo un 15% potrebbe rientrare nei nuovi permessi speciali), diventando così, dalla sera alla mattina, dei nuovi clandestini. Il tutto mentre il ricorso ai rimpatri, tema forte della campagna anti immigrati di Salvini, si conferma del tutto inadeguato: in Toscana, ogni mese, si potrebbero riaccompagnare non più di 30- 35 persone, sulle 400 di tutta Italia, mentre « sarà ben difficile » , osserva Bugli, « stiparne a migliaia nei Cpr, i Centri di permanenza per i rimpatri da 100 persone».
Una situazione paradossale, fanno notare Bugli e Funaro, dal punto di vista dello stesso “obiettivo securitario” del decreto Salvini: «Chi uscirà dal sistema di accoglienza e integrazione diffusa, di cui la Toscana è stata un modello», dicono i due assessori, « andrà a ingrossare la ‘ nube grigia’ di 450 mila persone, presenti in Italia ma prive di riconoscimento, destinate in gran parte a finire nell’area dell’illegalità », e che anche in Toscana tenderanno a concentrarsi nelle città più grandi e nei capoluoghi di provincia « mettendo in difficoltà le amministrazioni locali».
Non solo. La preoccupazioni toscane riguardano anche la drastica riduzione di competenze degli Sprar, nonostante l’altissima percentuale di successo dei percorsi di integrazione attuati nei territori grazie anche alla responsabilizzazione degli enti locali ( nel 2017, sulle 9 mila persone in uscita, oltre il 43% ha raggiunto la piena autonomia abitativa e lavorativa, e un ulteriore 32% ha acquisito gli strumenti necessari per l’autonomia). Col nuovo decreto, agli Sprar resterà la sola competenza dei minori e dei cosiddetti sussidiari, che hanno già un riconoscimento per persecuzioni personali ( ma sono solo il 40% delle attuali presenze). Inoltre, sottolinea Funaro, gli Sprar «non saranno più differenziati, come oggi, a seconda che accolgano minori, famiglie, o soggetti vulnerabili, fra cui i traumatizzati per guerre o violenze, e non potranno più offrire servizi mirati».
Quanto ai Cas, oggi diffusi e di piccole dimensioni, causa l’annunciato taglio di risorse saranno sostituiti giocoforza « da strutture più grandi e affollate, gestibili con meno costi ma ridotte a parcheggi e centri di controllo, che offrono vitto e alloggio, ma nessuna iniziativa di integrazione, nemmeno a chi è destinato a ottenere un permesso ».