Intervista
Tabacci: non è scontata un’alleanza con i dem L’obiettivo con Bonino è superare il 3 per cento
Avevo deciso di lasciar perdere dopo la conclusione dell’esperienza di Pisapia, ma c’è un tema che mi spinge ad aiutare Emma Bonino: l’Europa. Nessuno mi obbliga, sono libero di fare una scelta, non cerco candidature». Onorevole Bruno Tabacci, non cercano candidature neanche i Radicali della Bonino? «L’unico obiettivo elettorale con questa nuova lista è quello di superare la soglia del 3% ed eleggere parlamentari nella quota proporzionale: non è necessario eleggerli nei collegi uninominali facendo un’alleanza qualsiasi con il Pd. Voglio prima capire con quale Pd mi devo apparentare». Con il suo Centro democratico consentirà a “+Europa” di essere presente alle elezioni senza dover raccogliere le firme. E non dà per scontato un accordo con il Pd che abbia in Renzi il punto di riferimento. Quali sono le condizioni per costruire una coalizione di centrosinistra con i dem? «Io ho guardato con interesse al lavoro e ai toni di Gentiloni. Mi riconosco nel lavoro fatto dal ministro Calenda che tra l’altro in questi giorni ha espresso un giudizio positivo sull’iniziativa di Emma Bonino. Ho notato che ha pure criticato la proposta estemporanea di abolizione del canone Rai, tipica da campagna elettorale, come tante altre che provengono dalla destra di critica all’Europa e di simpatia per i Paesi di Visegrad. Ecco, a noi non interessa alimentare suggestioni e costruire coalizioni approssimative come è bravo a fare Berlusconi. Quando è stato tentato di trovare un sbocco politico all’esperienza Pisapia, era iniziato un lavoro programmatico con Fassino: era un buon punto di partenza». Rimane però in molti la forte perplessità sul perché un democristiano d’antan come lei abbia pensato di salvare una mangiapreti come la Bonino? «Mi rendo conto che certi temi sembrano lontani dalla realtà politica e in particolare elettorale, ma io credo alla questione europea che rischiava di non avere una giusta rappresentazione senza la presenza della lista di Emma. Io penso che l’Italia senza Europa non abbia alcuna speranza. Non si può lasciare campo alla facile critica che viene da destra. In questi anni ho difeso la politica del governatore Draghi e della Bce che ci ha consentito di vedere la ripresa dopo la crisi drammatica dello spread nel 2011. Una crisi che costrinse Berlusconi alla resa e mise a rischio il pagamento dei nostri stipendi e delle pensioni. Non si tratta di rincorrere gli ideali di Spinelli o De Gasperi ma di avere la capacità di affrontare le grandi sfide del nostro tempo. Bisogna dirlo ai nostri giovani che la chiusura nel recinto non risolve i problemi, ma li aggrava». Lei ha detto che l’alleanza con il Pd non è scontata e che alla fine la competizione elettorale sarà tra i 5 Stelle e il centrodestra. Cosa significa, che il centrosinistra e anche voi farete una battaglia di testimonianza? «Se guardo ai sondaggi può succedere che la contesa sia tra i 5 Stelle e la coalizione di Berlusconi piena di contraddizioni, con un ruolo forte di Salvini che gioca molto sulla paura degli italiani. In Europa c’è un ripiegamento a destra e la sinistra non riesce a fare da argine, ma in Italia è necessario dire la verità, non piegarsi a una linea di propaganda elettorale». Faccia un esempio. «Non si può dire come fa Renzi che nei prossimi 5 anni il debito verrà stressato fino al 3% senza preoccuparsi delle conseguenze. I mercati ce la farebbero pagare. Diverso è invece l’atteggiamento di un’altra parte del Pd. Ho sempre guardato con interesse al modello di sobrietà e rigore di Gentiloni. Un modello efficace molto di più di quanto è stato fatto da Renzi con il referendum che ha determinato una reazione contro di lui. Mi auguro che il Pd ne tenga conto perché invece di attrarre si trova su una posizione respingente». Insomma, l’interlocutore di +Europa e il suo Centro democratico è Gentiloni e non Renzi? «Non è una questione di persone, ma di proposta politica e di atteggiamento nei confronti dei potenziali alleati. Berlusconi si muove senza scrupoli su una capacità di aggregare molto rude ma efficace. A sinistra invece l’atteggiamento di Renzi ha portato alla scissione e poi alla rinuncia di Pisapia».
La Stampa – [A. L. M.] – 07/01/2018 pg. 5 ed. Nazionale.