Amici miei
Insomma l’impressione è che il problema non sia tanto il contenuto del messaggio veicolato da Ferragni su Instagram quanto l’effetto negativo che questo produrrà in termini di immagine e di like. E siamo sufficientemente certi che in caso di faccia a faccia non mancheranno le foto di rito postate in tempo reale e, perché no, un invito alla prossima Leopolda.
Certo, probabilmente in tutto questo c’è anche del provincialismo italico. E se Berlusconi si presentava in tv con alle spalle, alternativamente, le foto con Vladimir Putin, George Bush, dei figli o dei successi del Milan. Renzi nel novembre del 2016, mentre l’America si preparava a eleggere Donald Trump, postava su Facebook un album di sue immagini con Barack Obama ricordando il «privilegio» di «aver avuto la possibilità di lavorarci insieme e di confrontarsi in tante occasioni». Quasi che l’essere affiancato a un potente produca potenza per sé.
Lo stesso Trump, altro presidente social addicted, non ha disdegnato di “usare” il rapper Kanye West (oltre 30 milioni di follower di Twitter) forse sperando di potersi abbeverare un po’ alla fonte del suo consenso social. Forse è vero, il potere di manipolare le folle dei Ferragnez e degli altri influencer è diventato smisurato, ingestibile e, proprio per questo, preoccupante. Ed è anche vero che questa deriva verso la disintermediazione politica è il frutto di trasformazioni profonde della società. Ma i politici, come spesso accade, invece di andare al fondo del problema, analizzarlo e governarlo, si sono fatti governare. E ora è un po’ strano lamentarsene.
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