Stop alla Vigilanza Bce
Non che vada tutto bene nell’economia mondiale ma, certamente, le cose sono andate meglio del previsto. L’economia del pianeta sta crescendo più di quanto si pensava all’inizio dell’anno e la situazione è migliorata tanto nei Paesi ad elevato livello di sviluppo, quanto nella maggior parte delle economie più arretrate. Nei Paesi industrializzati la crescita media si colloca infatti intorno al 2,2%. Nei mercati emergenti arriverà al 4,5%, mentre il commercio mondiale, nonostante tutte le minacce di Trump, sta ancora crescendo quasi del 5%. Non solo gli Stati Uniti e la Cina continuano nel loro cammino ma ad essi si è unita anche l’Europa che, nel 2017, aumenterà il proprio Pil del 2,2%, cioè allo stesso livello degli Stati Uniti. Di questa relativamente alta marea ha approfittato anche l’Italia, riguardo alla quale sono state corrette al rialzo le precedenti previsioni. Come è stato ampiamente sottolineato in questi giorni, nel corso di quest’anno abbiamo riveduto tre volte le nostre ipotesi di crescita, portandole all’1,5%, il che non accadeva da molti anni. Il tutto con un tasso di inflazione molto basso, che ha permesso un buon andamento dei consumi anche in presenza della sostanziale stagnazione dei salari. Detto questo occorre naturalmente osservare che, pur in questo quadro migliorato, rimaniamo sempre nell’ultimo gruppo tra gli Stati europei. Continua a pag. 22 segue dalla prima pagina Un po’ di alta marea ha favorito tutte le barche ma la nostra si muove più lentamente della media, anche se la pur timida ripresa italiana si dimostra complessivamente sana e con una buona capacità di penetrazione nei mercati stranieri. A tutto ciò bisogna aggiungere che non sarà facile mantenere questo ritmo anche nel prossimo futuro. Il commercio internazionale è infatti previsto in pur leggera diminuzione e il continuo apprezzamento dell’euro indebolisce la capacità concorrenziale nei confronti dei paesi al di fuori della nostra area monetaria e, soprattutto, nei confronti del dollaro. Nonostante questo la nostra crescita si dovrebbe ridurre solo marginalmente nel prossimo anno. Tuttavia due sono i pericoli che producono incertezza rispetto al nostro futuro. Il primo si è materializzato proprio in questi giorni nei proposti mutamenti delle regole di vigilanza da parte della Banca Centrale Europea. Regole che, se entrassero in vigore, renderebbero più difficile e più costosa l’erogazione del prestito alle imprese da parte delle nostre banche proprio quando si cominciavano a manifestare i primi concreti segnali di una maggiore disponibilità di credito in conseguenza del miglioramento dei bilanci delle banche dovuti, in misura non trascurabile, proprio alle operazioni di pulizia messe in atto per diminuire il peso dei così detti “non performing loans”, cioè dei crediti incagliati. Insomma, proprio mentre Draghi fa di tutto per fornire all’economia europea la necessaria liquidità, le inappropriate regole di vigilanza della Bce renderebbero sempre più difficile l’arrivo delle risorse finanziarie alle stesse imprese. Per le aziende italiane, che più delle altre dipendono dal prestito bancario, tutto questo si tradurrebbe in un nuovo freno allo sviluppo. La seconda difficoltà al rafforzamento della ripresa ha invece un carattere eminentemente politico. Ci stiamo ormai avvicinando alle elezioni, con previsioni di alleanze e di esiti sempre meno chiari e con una legge elettorale che prepara un quadro politico ancora più incerto. Tutto questo spinge alla prudenza gli investitori e rende diffidenti gli operatori internazionali, anche se la capacità concorrenziale delle nostre imprese ci consente di mantenere una bilancia commerciale regolarmente in attivo e le nostre banche, pur dovendo continuare a lungo il loro processo di rinnovamento, non sono affatto nella condizione di qualche anno fa. La situazione politica esistente non ci permette certo di eliminare questo quadro di incertezza ma lo possiamo almeno alleviare con una legge finanziaria che ci porti alle elezioni senza il fardello delle spese demagogiche che troppo spesso hanno caratterizzato la nostra politica nei mesi che precedono la campagna elettorale. Come si è detto, infatti, la condizioni internazionali tenderanno a fare diminuire, anche se di poco, il nostro tasso di sviluppo, portandolo nel prossimo anno intorno all’1,2%. Possiamo tuttavia contrastare questo quadro internazionale meno favorevole contando sul prolungamento degli effetti degli incentivi agli investimenti, mentre siamo anche in grado di fornire un pur minimo sostegno ai consumi tramite l’entrata in vigore del “Reddito di inclusione sociale”. In un anno elettorale non possiamo purtroppo nemmeno immaginare che si possano mettere in atto le riforme necessarie a innalzare stabilmente il nostro tasso di sviluppo di lungo periodo, a partire dalla riforma della Pubblica Amministrazione, le cui paralizzanti regole decisionali gravano come un macigno sulle spalle della nostra economia. In attesa di potere contare su queste riforme future cerchiamo almeno di non farci troppo male nel presente.
Il Messaggero – Romano Prodi – 08/10/2017 pg. 1 ed. Nazionale