Quel brutto pasticciaccio dei lavori allo Stadio A. Franchi

di Pierluigi Piccini

Per fare chiarezza, in generale, sulle vicende più complicate la strada più breve è sempre  quella di dire come stanno le cose, modo di operare che non appartiene all’attuale Amministrazione. Ci riferiamo alla spinosa questione dei lavori allo Stadio A. Franchi e alla discutibile ricostruzione che ne dà l’assessore Benini.

Il quale, osservando gli accadimenti, mostra ragionevole preoccupazione sia sulle sorti della squadra di calcio, sia sull’esecuzione dei lavori. Visto peraltro che il Comune è riuscito ad incasinare a tal punto le cose che nemmeno può esserci la speranza di consolarci con il famoso: ”delle due, una”.
 
Se fallisse la cordata armena non iscrivendo la squadra al campionato, gli armeni non avrebbero più l’obbligo di fare i lavori allo stadio. Lavori molto importanti per l’Amministrazione, di conseguenza non ci sarebbe più né squadra, né ristrutturazione (non agibilità dello Stadio) .

Ma anche nel caso in cui gli armeni iscrivessero la squadra e non facessero i lavori, cadrebbero nella clausola di risoluzione del contratto così come prevede il Bando di concessione dell’impianto predisposto dal Comune. Verrebbe, altresì, tolto l’uso dell’impianto all’ACN Siena e lo stadio, salvo deroghe ulteriori, non avrebbe l’agibilità con la squadra che sarebbe costretta ad emigrare altrove.

Quindi le cose o accadono entrambe o spariscono entrambe!

Vi sarebbe una ipotetica terza via e cioè che il gruppo armeno cedesse la proprietà. Ma chi potrebbe essere l’imprenditore che acquistando una società di lega Pro si accolla i debiti, contratti milionari di giocatori e in più 1,2 milioni di lavori su un impianto non di proprietà per 9 anni di uso?

Il rischio che sussistano i presupposti per la fine del calcio è evidente, ma altrettanto evidenti sono le responsabilità che hanno nomi e cognomi precisi.

Andando per ordine:

il Sindaco affida il titolo sportivo agli armeni ad agosto 2020; “pare” che verbalmente vi fosse un impegno che con il titolo sportivo si sarebbero dovuti, i vincitori del bando, accollare anche i lavori dello stadio (di tale impegno non vi è traccia amministrativa).

Qualcuno riteneva che fosse arrivata la gallina dalle uova d’oro, peraltro sbarcata a Siena non certo per la passione per la Robur (fatta malamente fallire) e per il calcio, ma per affari commerciali di altro tipo con interessi, probabilmente, intrecciati con il gruppo Bidilo.

Ad ottobre dello stesso anno si “scopre” che la concessione dello stadio (a differenza di come sempre avvenuto e di come avviene in altri comuni italiani) è una concessione di servizi da codice degli appalti e subordinata ad un bando.

Intanto il sig. Bellandi, molto vicino all’attuale amministrazione (che aveva gestito il passaggio dalla Durio ai nuovi acquirenti), lascia Bidilo e inizia a lavorare per gli armeni con funzioni manageriali.

Il Bando sembra un vestito di nozze fatto su misura per gli armeni con lo scopo più o meno evidente di alleggerire di oneri a carico del bilancio comunale. 

Dopo l’espletamento della gara, per assegnare lo stadio sono occorsi otto mesi e solo a giugno 2021 la prima fase dell’assegnazione dello stadio si conclude. Non ci è dato sapere in che data precisa sia stato siglato il verbale di consegna, né chi lo abbia firmato per conto dell’Acn Siena.

Fatto sta che il sig. Bellandi ha avuto per lungo periodo la procura di firma. I lavori sarebbero dovuti iniziare sei mesi dopo il verbale di consegna. Le date poco sopra ricordate ad oggi non hanno evidenza pubblica anche se il prof. Benini assicura che il Comune sta monitorando il cronoprogramma.

Nel frattempo risulterebbe che il sig. Bellandi e l’avv. Belli siano stati allontanati da Gevorkyan e non è dato sapere le motivazioni. E’ probabile che emergano cause fra le parti per eventuali risarcimenti. Da sottolineare come tutti i proclami dell’estate 2020 del sig. Bellandi sugli sviluppi dell’area Stadio-Fortezza con investimenti milionari di tipo immobiliare connessi al rifacimento completo dell’impianto, con tanto di organizzazione di convegno, sono evaporati e si sono sciolti come neve al sole. Resterebbe tuttavia una società denominata Infinet che sembra essere stata costituita da sig. Bellandi e dall’avv. Belli, che per conto dell’Acn Siena dovrebbe seguire la parte infrastrutturale della società sportiva. Nel frattempo il prof. Benini, come ha comunicato tiene tutto sotto controllo e verificherà…

Dagli impegni si presuppone che la tanto sbandierata data del 19 aprile come scadenza inizio lavori sia indicata come tale perché rapportata alla consegna ufficiale dell’impianto che dovrebbe essere avvenuta il 19 ottobre (il bando diceva sei mesi dopo il verbale di consegna). Ma dal momento che l’assegnazione di fatto è stata decisa ai primi di giugno 2020, i casi sono due: o il Comune ci ha messo oltre 4 mesi a fare un verbale oppure la scadenza dell’inizio dei lavori doveva essere stata fatta prima.

Ma vi è di più: il prof. Benini si sforza nel dire che il Bando non “è un aggravio per la società”. Alcuni “precisi studi” garantiscono la copertura dell’operazione. Ebbene i “precisi studi” come la individuano la copertura dei lavori? Dai ricavi di abbonamenti e dalla biglietteria! Cioè le principali e forse uniche fonti di entrata di una società di calcio. Secondo il Comune di Siena queste entrate dovrebbero essere tutte destinate a coprire i lavori, mah!

Ma il prof. Benini insiste: “è come se fosse una affitto”….ma per accedere a un finanziamento (che trasformasse l’esborso iniziale in ratei) occorrerebbe  il possesso del bene (in più con il dubbio, sancito dal diritto societario, sulla legittimità dell’investimento su bene di terzi) e comunque anche se la Concessione fosse equiparabile a un diritto di superficie, il costo dell’affitto, “equiparato” secondo il prof.  Benini, sarebbe di 120.000,00 € all’anno! Ma tutto ciò per l’Assessore non “complicherebbe” l’eventuale passaggio di proprietà?

Il Bando peraltro è talmente generico che parla di lavori di manutenzione straordinaria nell’area dello stadio a carico del Concessionario, da qui il ragionevole dubbio (in parte evidenziato anche da un sito dei tifosi) che forse ci potrebbe essere anche la pretesa di far tagliare all’Acn Siena anche di un eventuale pino pericolante. In più nella sede stradale con i parcheggi a raso, i cui frutti vanno alla Sigerico (cioè al Comune stesso). Il tutto è estremamente divertente.

E come in tutte la farse, ecco il botto finale: l’operazione fa sì che un  privato ristrutturi un bene che rimane di proprietà pubblica, il che “è un bene per la collettività” (parole del prof. Benini).

Per quella necessità di verità non si capisce cosa intenda il Comune di Siena per bene comune. Bisogna ricordare che nell’operazione “Palazzetto”, proprietà privata, è stato il Comune ad accollarsi i costi di ristrutturazione. Operazione quest’ultima su cui conviene riflettere ancora, con decisioni da parte dell’Amministrazione che hanno il sapore di logiche politiche e di scarsa lungimiranza.

Peccato… eppure soluzioni potrebbero essere ancora trovate, ma con altri interlocutori e un pò di tempo a disposizione. Oggi tutto è difficile per come è stata gestita la vicenda armeni fin dall’inizio, perché non si vuole prendere atto degli errori compiuti e anche perché è suonata la campana dell’ultimo giro.