Riforma del catasto, la spinta di Bruxelles
La Lega all’attacco: Un vertice di maggioranza per trovare l‘accordo
di Monica Guerzoni
ROMA I valori catastali sono «in gran parte obsoleti», è ora che l’Italia li adegui ai valori di mercato. La raccomandazione dell’Europa non ammette scappatoie. Il governo di Mario Draghi deve accelerare, arrivare a un accordo condiviso e approvare quella riforma del catasto che da mesi fa litigare le forze politiche. A parole sembra facile, ma basta leggere l’avvertimento di Salvini per rendersi conto che non lo è: «Se qualcuno ci chiede di tornare a tassare la prima casa, si attacca al tram. La casa per gli italiani è sacra». Dove quel qualcuno è la Commissione Ue, in pressing perché l’Italia realizzi gli interventi su fisco e catasto.
Il monito di Bruxelles agita la maggioranza, a cominciare dalla Lega che ne ha fatto «la battaglia della vita». Ma per Palazzo Chigi può rivelarsi un assist, perché spinge i partiti ad abbassare i loro vessilli per ricercare un’intesa. La sottosegretaria all’Economia Cecilia Guerra, che da mesi lavora alla riforma, condivide il richiamo della Commissione: «Rispetto ai valori rilevati più di trent’anni fa, ci sono immobili che hanno aumentato di molto il loro valore, altri di poco, o lo hanno visto diminuire. Aggiornare il catasto e con esso l’Imu non servirebbe ad aumentare la tassazione sulla casa, ma a rendere l’imposta molto più equa». Guerra, che in questa battaglia rappresenta il governo, spera che i partiti accettino il «passo avanti» e non cerchino altri rilanci: «La proposta per la delega fiscale, su cui sembra si sia trovato l’accordo anche con il centrodestra di maggioranza, fornirà i valori di mercato delle rendite, senza usarli a fini fiscali. Se andrà in porto, la sperequazione dell’Imu diventerà così visibile a tutti».
A Palazzo Chigi il sottosegretario Roberto Garofoli aveva raggiunto un compromesso con Lega e Forza Italia, ma il premier Draghi aveva fermato l’iter della delega per convincere la destra a sbloccare il ddl sulla concorrenza. L’accordo raggiunto sul catasto consiste nella riformulazione dell’articolo 6 della delega fiscale, quello che aveva fatto infuriare il centrodestra. Nel testo originario la rendita di un immobile doveva essere di mercato e sarebbe stata calcolata dall’Agenzia delle Entrate secondo una determinata procedura dettata dal Dpr 138/1998. Con il testo riformulato secondo le istanze di Lega e Forza Italia, invece, il valore di ciascun immobile non è più di mercato ma è quello medio dell’Osservatorio del mercato immobiliare (Omi) della zona in cui il bene si trova. E la rendita, che pure è calcolata nello stesso modo, non si chiama di mercato, ma «rendita ulteriore». Nella sostanza cambia poco, perché in entrambi i casi non ci sono effetti fiscali di alcun tipo.
Adesso Draghi dovrà convocare un tavolo, per verificare che l’intesa vada bene anche a Pd, M5S, Leu e Italia viva. Luigi Marattin, presidente della commissione Finanze della Camera, sprona a far presto: «È un anno e mezzo che lavoriamo alla riforma fiscale e preferiremmo non buttare tutto a mare. Dobbiamo ancora fare la prima lettura e poi i decreti attuativi… Noi siamo pronti per una riunione di maggioranza che possa far ripartire velocemente il provvedimento». Ma il clima resta teso. Se il leghista Claudio Borghi ironizza sulla «letterina scritta dal simpatico Gentiloni», il capogruppo di Leu Federico Fornaro invita a riporre la propaganda nel cassetto: «Vicende come quelle della riforma del catasto testimoniano come Lega e Forza Italia siano interessati a difendere sterili posizioni, piuttosto che contribuire a una riforma che ha al primo posto la lotta all’evasione fiscale».
E il catasto non è l’unico aspetto che fa fibrillare i partiti. La delega adottava il regime di tassazione cosidetto «duale», secondo cui i redditi da lavoro e da pensione vanno nell’imposta progressiva (Irpef), mentre i redditi da capitale finiscono nell’imposta proporzionale, come avviene da decenni nel Nord Europa. Ma il centrodestra ha protestato, chiedendo di riammettere il regime forfettario per gli autonomi e così Palazzo Chigi ha accettato l’ipotesi di eliminare il «duale». Una scelta che potrebbe portare la sinistra di Leu, favorevole a una patrimoniale progressiva, ad astenersi su parte del provvedimento.