Per ricordarlo all’assessore Fazzi

Giovedì 26 Marzo 2020 Corriere della Sera

La proposta

La cultura ha bisogno di ossigeno: un Fondo nazionale per salvarla

di Pierluigi Battista


Si potrebbe definire Fondo nazionale per la Cultura, o Prestito nazionale per la Cultura, o Cultura Bond, il problema non è il nome. Certo, bisogna studiare bene la sua fattibilità pratica che solo gli esperti di economia e di finanza potrebbero indicare nel dettaglio tecnico. Ma sarebbe motivo di grande orgoglio nazionale se riuscissimo a istituire un Piano, con cui i risparmiatori italiani contribuissero a salvare dal disastro, o addirittura dalla morte, quel patrimonio immenso fatto di teatri di prosa e sale cinematografiche, teatri dell’Opera, musei, gallerie, siti archeologici, auditorium, balletti, orchestre, librerie, biblioteche, Conservatori, scuole d’arte e di fotografia, laboratori artistici e artigianali che oggi coinvolge direttamente ben più di mezzo milione di italiani. E bisogna fare in fretta, oggi, nei prossimi giorni, quando siamo ancora chiusi in casa. Insieme alle politiche del governo, alle defiscalizzazioni auspicabili, alle misure di assistenza e di finanziamento pubblico che dovranno essere cospicue e generose se non si vuole assistere alla morte per asfissia della cultura italiana: ma non basta, non si deve perdere tempo. Chi lavora nel teatro o nei musei, tutto il mondo umano e professionale che gira attorno alla produzione del cinema e dell’audiovisivo, i musicisti che tengono vive le nostre orchestre, le librerie senza le quali l’editoria non esisterebbe più perché le piattaforme online, benvenute, non bastano e tutte le altre figure che lavorano nell’universo della cultura, dell’arte deve sapere che per ricominciare, finita la clausura, devono avere il polmone finanziario per farlo. Per dare un senso e la prospettiva di un nuovo inizio. Sì, il polmone: oggi così sotto attacco dal virus che gli leva l’aria. Ma anche la cultura ha bisogno d’aria, perché le sue mille istituzioni, grandi e piccole, centrali o periferiche, pubbliche o private sono il polmone di un Paese. E sarebbe bello e necessario se gli italiani, che si stanno dimostrano così prodighi di donazioni in questi giorni tristi, diventassero protagonisti di un Fondo che serve a tenere in vita quel polmone.

Stavolta non si tratta di donazioni, di beneficenza, che sono sempre le benvenute, beninteso. Stavolta si tratta di un Fondo collettivo con cui i risparmiatori, chi vuole investire pur senza grandi prospettive di ritorni immediati, possono partecipare a un piano di salvezza culturale nazionale. Un prestito, non un obolo. Gestito con gli strumenti che sono propri delle banche e del mondo finanziario, amministrato da un ente che metta insieme pubblico e privato e che proceda con criteri di distribuzione dei fondi da assegnare a ogni singola istituzione e culturale che devono essere equi e trasparenti, senza pastoie e opacità. È solo un appello, ma se questo appello avesse un seguito e riuscisse a coinvolgere gli italiani e le istituzioni in un progetto d’emergenza per salvare la nostra cultura dal naufragio, potremmo dare prova di uno sforzo collettivo per dimostrare che la cultura e l’arte sono il nostro orgoglio e non vogliamo vederle annaspare, senza ossigeno. È indispensabile l’ossigeno per la cultura, e l’ossigeno potremmo essere tutti noi. O almeno quelli che possono.

 

«Culturabond», il rischio della privatizzazione