L’ex premier prova a convincere il renziano critico a non candidarsi alla segreteria. Idea Bonafè
Paolo Ceccarelli
Se telefonando, io potessi dirti addio… anzi «ripensaci, Federico», ti chiamerei. E Matteo Renzi lo ha fatto: ha preso il telefono e ha fissato un incontro con Federico Gelli, il candidato alla segreteria del Pd toscano che ha rotto per la prima volta il fronte renziano. I due si sono visti ieri a Roma e l’ex presidente del Consiglio ha tentato di convincere Gelli a ritirare la candidatura in nome dell’unità del Pd e dei renziani nella regione da dove partì la rottamazione. Gelli si è preso una notte per confrontarsi con i suoi sostenitori: oggi in giornata dovrebbe sciogliere il nodo e comunicare se nonostante la moral suasion di Renzi ha scelto di continuare la corsa per la guida del Pd regionale, oppure convergerà su un candidato unitario dei renziani. Che potrebbe essere una donna.
Il nome a cui stanno pensando i big renziani è infatti quello dell’europarlamentare Simona Bonafè, una delle tre «Renzi’s Angels» — insieme a Maria Elena Boschi e Sara Biagiotti — che accompagnarono l’allora sindaco di Firenze nella sfida delle primarie 2012 contro Pier Luigi Bersani. Bonafè, pur essendo molto presente in Toscana (è di Scandicci e non manca di curare il suo collegio elettorale, dentro e fuori regione), è fuori dagli scontri fratricidi toscani. Inoltre è considerata un volto fresco e televisivamente efficace. Insomma — è il ragionamento che si fa tra i renziani — Bonafè potrebbe riportare un po’ del buon vento delle origini tra le truppe Pd abbattute e pessimiste dopo le sconfitte a Pisa, Siena e Massa.
La costruzione della possibile candidatura di Bonafè dipende peròanche , naturalmente, dalla decisione che prenderà Gelli. L’incontro tra Renzi e l’ex deputato pisano è arrivato 48 ore dopo l’appello di Luca Lotti. «Fermiamoci tutti — ha detto sabato Lotti — Abbiamo bisogno di unità e non di polemiche. E di candidature alla guida del Pd toscano che non acuiscano le divisioni». Quel «Fermiamoci» è stato letto da molti dirigenti dei Democratici come un segnale da ultima chiamata, così riassumibile: se continuiamo a farci del male, rischiamo davvero di perdere Firenze e Prato l’anno prossimo e poi la Regione nel 2020. E che questo scenario non sia solo uno spauracchio per far rientrare i dissidenti lo dimostra la mossa di Renzi con Gelli. Diciamo un po’ inusuale per l’ex leader Pd, che qualche mese fa a Gelli — con cui i rapporti sono sempre stati difficili — non concesse udienza neppure per spiegargli l’esclusione dalle liste elettorali per le Politiche del 4 marzo scorso.
Il tempo stringe: le candidature al congresso vanno presentate entro lunedì. Una è già stata ufficializzata: è quella di Valerio Fabiani, ex segretario della Federazione della Val di Cornia-Elba, uomo della sinistra del partito (fu uno dei coordinatori toscani della campagna di Andrea Orlando). Fabiani ha scelto di partire da Barbiana, dalla scuola di don Milani. «Gli appelli renziani all’unità sono tardivi — dice Fabiani — Qui serve una svolta radicale in termini di idee, facce, atteggiamenti. Non so se è chiaro che in Toscana rischiamo di perdere tutto».