È il più grande d’Italia ma fa anti meningite. Il sindacato: ” Perché non si converte a dosi Covid?” L’azienda: ” Dialogo aperto con il governo”
di Maurizio Bologni
Il paradosso, ai tempi del Covid, è che il più grande polo italiano di vaccini, secondo in Europa, lavora « ai minimi storici» e preoccupa il sindacato che lo definisce un caso di «immobilismo industriale » . Succede alla Gsk di Rosia. Il fatto è che in questo stabilimento senese della multinazionale si fanno vaccini contro le meningiti, produzione che ha vissuto stagioni d’oro ma che ora nessuno compra più. «I governi – lamenta Duccio Romagnoli della Rsu interna – hanno concentrato la spesa sull’acquisto di vaccini anti Covid, quelli contro le meningiti prodotti da Gsk finiscono nel magazzino dell’azienda. Gsk potrebbe riconvertirsi a produrre dosi anti coronavirus, ma è tutto fermo, pietrificato e gli effetti cominciano a riflettersi sull’occupazione: non sarà rinnovata una cinquantina di contratti in somministrazione di prossima scadenza » . L’azienda dice di comprendere le preoccupazioni del sindacato, ma sostiene di avere un dialogo aperto col governo per portare a Rosia la produzione di vaccini anti Covid.
La questione è seria. Per i numeri dell’occupazione di Gsk a Siena – 2.100 dipendenti diretti, 350 in somministrazione e un indotto dalle cifre incalcolabili – ma anche per i numeri della crisi nella vendita dei vaccini anti meningite. «Nei primi quattro mesi del 2021 – sostiene Romagnoli – gli acquisti dai soli Stati Uniti si sono dimezzati: – 47% » . Il mercato ha seguito le stesse dinamiche di quello dell’offerta dei servizi sanitari: si sono chiusi sale operatorie e ambulatori per le attività extra Covid, nel caso dei vaccini si comprano quelli contro il coronavirus e non il resto». Gsk ammette la preoccupazione per « la riduzione dei volumi produttivi di vaccini presso gli stabilimenti toscani, a seguito del forte impatto che la pandemia da Covid 19 ha avuto su tutte le attività di prevenzione, diagnosi e cura del sistema salute, con conseguente riduzione anche delle coperture vaccinali».
E il sindacato, si diceva, lancia l’allarme per ripercussioni sul lavoro. « Il primo effetto, intanto, lo abbiamo visto sul premio di produzione: il più basso degli ultimi vent’anni » , dice la Cgil. « La situazione – ribatte Gsk – è stata gestita dall’azienda senza alcun impatto sui dipendenti e il gruppo è fiducioso che il graduale ritorno ad una nuova normalità consentirà anche la ripresa delle coperture vaccinazioni globali rimaste in sospeso. Il sito toscano di Gsk rimane strategico nel network».
Ma intanto i lavoratori non si danno pace per il fatto che l’azienda non sterzi sulla produzione del vaccino anti Covid. «Lo stabilimento di Rosia ha potenzialità per poter produrne fino a 20-30 milioni di dosi al mese, sarebbe una svolta per l’intero paese – sostiene Romagnoli – Invece di aprire alla produzione conto terzi lo stabilimento di Siena, che sembra escluso da ogni strategia relativa alla produzione del siero anti Covid, Gsk è attiva in Belgio nella sperimentazione in partnership con Curevac di un vaccino anti Covid che starebbe mostrando forti limiti di resa, al 47%, e che quindi rischia di rimanere fuori dal mercato » . Sul tema Gsk mostra segnali di apertura. « Dialoghiamo con le istituzioni, con l’obiettivo di mettere a disposizione la nostra capacità produttiva per rispondere alla volontà del governo di avere in Italia impianti impegnati nella produzione di vaccini per il Covid 19. Le valutazioni in corso tengono conto di vari aspetti, tra cui capacità produttive, tecnologie disponibili, investimenti richiesti e tempistiche necessarie » . Ma per il sindacato sono solo parole: « Comunicazioni vaghe, c’è apatia».