Open, fondi illeciti alla politica Giglio magico verso il processo

di Luca Serranò
Chiusa l’inchiesta su Renzi e Boschi: finanziamento illegale per i 7,2 milioni raccolti dalla fondazione. A Lotti contestata anche la corruzione Il leader Iv: “Non era un partito, reato infondato”. Coinvolte 4 società e il manager Pietro Di Lorenzo, che lavorò sul vaccino AstraZeneca
FIRENZE — Quattro società e una rete di imprenditori e manager. E l’intero Giglio magico. Con un atto di 13 pagine la procura fiorentina ha notificato la chiusura dell’inchiesta sulla Fondazione Open, la macchina da eventi che organizzava la Leopolda e che ha scandito l’ascesa dell’ex premier Matteo Renzi ai vertici del Partito democratico. Un atto in cui vengono ripercorsi uno a uno i finanziamento raccolti dalla Fondazione tra il 2014 e il 2018: 7,2 milioni di euro ottenuti, secondo le accuse, in violazione almeno in parte alle norme sul finanziamento pubblico ai partiti. Proprio il reato di finanziamento illecito viene contestato ai vertici della Fondazione: Renzi, Luca Lotti, Maria Elena Boschi, Marco Carrai e l’avvocato Alberto Bianchi, insieme ad alcuni imprenditori — tra cui Alfonso Toto e Riccardo Maestrelli — che avevano donato ingenti somme alla fondazione. Il procuratore aggiunto Luca Turco e il pm Antonino Nastasi ipotizzano anche due episodi di corruzione a carico di Luca Lotti, che si sarebbe speso — in cambio di finanziamenti a Open — per favorire “disposizioni normative” in linea con gli interessi di Toto costruzioni generali spa e British American Tobacco (Bat); anche le due società sono finite nell’inchiesta, insieme con lo stesso Alfonso Toto, a Giovanni Carucci e a Carmine Gianluca Ansalone, vice presidente del consiglio di amministrazione e responsabile dell’ufficio relazioni esterne della Bat. Nell’avviso di conclusione indagini, infine, anche il manager Pietro Di Lorenzo e della sua Irbm, l’azienda che ha prodotto il vaccino AstraZeneca in sinergia con l’università di Oxford. Di Lorenzo secondo i pm avrebbe donato una cospicua somma (130 mila euro) alla Fondazione per ottenere il via libera della politica ad alcuni progetti, come il finanziamento di un consorzio partecipato da Irbm per la realizzazione “di una tv scientifica su piattaforma digitale e satellitare».
Una pioggia di accuse, quella della procura fiorentina, che Renzi continua a respingere sdegnato. «Quando il giudice penale vuole decidere le forme della politica siamo davanti a uno sconfinamento pericoloso per la separazione dei poteri — commenta — Loro vogliono un processo politico alla politica, noi chiederemo giustizia nelle aule della giustizia. La Leopolda non era la manifestazione di una corrente o di una parte del Pd, ma un luogo di libertà, senza bandiere e con tutti i finanziamenti previsti dalla legge. Non era un partito, infondati il reato e l’indagine ». E ancora: «La fine delle indagini è realmente un’ottima notizia (…), finisce il monologo dell’accusa. Finalmente arriva il momento in cui si passa dalla fogna giustizialista alla civiltà del dibattimento ».
L’indagine ruota attorno alla presunta natura di articolazione di partito di Open, considerata base operativa della corrente renziana del Pd. L’inchiesta era partita dalla plusvalenza da quasi un milione di euro che l’imprenditore Patrizio Donnini — poi indagato tra le altre cose per corruzione e finanziamento illecito — avrebbe ricavato con la cessione a Renexia (del gruppo Toto) di 5 società. Esaminando i legami tra il Gruppo Toto e il Pd renziano gli investigatori si sono soffermati su un movimento di denaro considerato sospetto — 700 mila euro che Toto avrebbe versato a Bianchi come consulenza per un contenzioso da 75 milioni con Autostrade — scoprendo poi che parte dei soldi erano stati “dirottati” non solo alla Fondazione ma anche al comitato per la riforma costituzionale (poi bocciata dal voto popolare). Le perquisizioni hanno fatto il resto, permettendo agli inquirenti di ricostruire la fitta rete di finanziatori della Fondazione, fino a ipotizzare l’esistenza di un sistema illecito di finanziamento alla corrente renziana del Partito democratico.
Oltre che sui rapporti con il gruppo Toto gli inquirenti hanno insistito anche su quelli con British American Tobacco. L’accusa è di corruzione, con Lotti che in cambio di contributi per 250mila euro destinati a Open si sarebbe speso per una normativa più favorevole in tema di accise sui tabacchi.
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