Franco riferirà alle Camere
Salvini: no allo spezzatino, difesa del simbolo, creazione di un terzo polo bancario
Adriana Logroscino
Roma «Non si svende la storia». La Lega impugna la bandiera identitaria-territoriale nella vicenda del Monte dei Paschi di Siena, per la quale UniCredit ha lanciato un’offerta d’acquisto. E affonda il colpo contro il Pd, puntando dritto sulle elezioni suppletive di Siena. Inevitabilmente, dal piano finanziario la contesa Mps si trasferisce su quello politico, aprendo una nuova ragione di contrasto tra i maggiori partiti che compongono la maggioranza di governo. Al di là di qualche inedita — ma facile — convergenza, come quella di tutti sulla salvaguardia dei posti di lavoro e dello storico marchio.
«In queste difficili condizioni di mercato — avverte il segretario della Lega Matteo Salvini — vendere sarebbe come svendere. Allo Stato, cioè ai cittadini, costerebbe molto meno garantire la prosecuzione delle attività ad Mps e una messa sul mercato in tempi migliori». Quindi arringa sul «conflitto d’interessi» del Pd: le elezioni suppletive, fissate per il 3 ottobre, nel collegio di Siena, per destinare il seggio lasciato vacante da Piercarlo Padoan — ex ministro dem nei governi Renzi e Gentiloni e attualmente presidente di UniCredit — al quale è candidato il segretario Enrico Letta. «I cittadini voteranno per un seggio lasciato da Padoan che si è dimesso per andare a fare… il presidente di UniCredit. Vi sembra normale?».
Sulla trattativa per il futuro dell’antica banca toscana, il cui maggiore azionista, dopo i diversi salvataggi, è il Mef, la Lega piazza i suoi paletti. «No allo spezzatino, difesa dei posti di lavoro, difesa degli sportelli bancari, soprattutto nei Comuni più piccoli, difesa del marchio storico della banca, creazione del terzo polo bancario italiano, avvicinando a MpS, con la regia dello Stato, altri istituti emiliani, liguri o pugliesi perché si trasformi nella Banca dei Territori». La richiesta della Lega è di ripartire facendo chiarezza sui costi per l’erario, e poi predisponendo un «piano B», indispensabile per un negoziato di questa portata.
I sindacati, Cgil, Cisl e Uil di Siena, protestano con il governo per il «confronto negato». In difesa del ruolo nella vicenda, del Parlamento, si pronuncia il deputato di Leu Stefano Fassina: «Il Mef ha assunto posizioni irritanti. Il governo Draghi incominci a rispettare le Camere». Il ministro per i Rapporti col Parlamento Federico D’Incà, rispondendo a Montecitorio alla richiesta di un’informativa da parte del ministro delle Finanze Daniele Franco, sulla trattativa per la cessione della banca assicura: «Non oggi, ma cercheremo di rispondere alla prossima riunione della capigruppo». In serata la notizia che Franco riferirà in Aula mercoledì.
I parlamentari del M5S, pur se stretti tra l’alleato-alleato pd e l’alleato-nemico Lega, prendono a loro volta posizione. Intermedia. «No alla svendita — dice usando quasi le stesse parole di Salvini Carla Ruocco, presidente della commissione di inchiesta sulle banche — e sì all’opportunità di posporre la scadenza dell’operazione di vendita. Che non può essere un regalo». Più duri i senatori cinquestelle della commissione Banche: «Scenari foschi, dal governo nessuna volontà chiara per il futuro di Mps». Decisamente aspri i toni della capogruppo in commissione Finanze, Vita Martinciglio, e del deputato Davide Zanichelli: «La trattativa esclusiva tra UniCredit e Mef desta preoccupazione e imbarazzo, complice la posizione di Padoan». In difesa dell’ex collega di governo, la toscana, oggi deputata di Italia Viva, Maria Elena Boschi: «Da ministro, Padoan ha evitato il disastro». Quindi indica un altro obiettivo, antico nemico del leader di Iv, Renzi: «I guai di MpS vanno ricercati nel mondo dalemiano, in chi ha ispirato gli accordi con Banca 121».
Un tutti contro tutti, insomma, al quale non si sottrae Maurizio Gasparri di Forza Italia. «Il Pd finge di muoversi soltanto perché noi abbiamo preso posizione. C’è uno scandalo gigantesco che il Parlamento non può ignorare». Alla difesa, anche dalle parole del deputato di Fratelli d’Italia Giovanni Donzelli dette ieri alla Camera («Il Pd ha distrutto un territorio e una banca», ha detto), deve pensare la capogruppo dem Debora Serracchiani: «Il Pd è stato il primo partito a chiedere al ministro di riferire in Aula».