Quiriconi ( Fisac): « Se regista della vendita a Unicredit è il Mef, intollerabile che i lavoratori non siano informati Giani ha incontrato Gualtieri? Perchè non ci fa sapere?”. Preoccupazione anche per il taglio di sportelli nelle frazioni
di Maurizio Bologni
Alle prime avvisaglie, 50 giorni fa, Fisac Cgil si è mossa per prima. Poi, diverse settimane dopo, anche il presidente della Regione Eugenio Giani ha preso posizione. Qualche altra sporadica uscita pubblica. Ma rispetto alla partita in gioco, per ora è poca cosa la mobilitazione sull’ipotesi di acquisizione da parte di Unicredit di Banca Monte dei Paschi. Se Unicredit, tre volte più grande, dovesse inglobare la Banca senese — obiettivo a cui sembra mirare l’apertura da parte del ministro dell’economia Roberto Gualtieri della procedura di uscita del governo dal capitale di Mps che l’Ue vuole completata entro il prossimo anno — i numeri che circolano fanno paura. Si parla di seimila esuberi in Mps. La metà, tremila, in Toscana su un totale di 5.200 occupati nella regione, tagliando pesantemente la direzione generale di Siena (2.500 occupati attuali), i consorzi di servizi, le filiali. Nessuno smentisce i rumors, nessuno precisa. « È intollerabile questo florilegio di indiscrezioni senza che i diretti interessati, cioè i lavoratori, siano coinvolti — attacca il segretario regionale della Fisac Cgil Daniele Quiriconi — Se il Mef, come pare, è il regista che accompagna il definitivo riassetto di sistema del credito di cui Mps — Unicredit sono parte, cosi come l’ipotesi di aggregazione Banco Bpm- Bper o Credìte Agricole- Creval, sarebbe doveroso coinvolgere il sindacato».
Le preoccupazioni sono molteplici. Non secondaria quella del distacco dalla Toscana di Banca Mps che continua a sostenere il territorio con una quota a doppia cifra percentuale, almeno il 12%, sul totale dei finanziamenti concessi in regione a istituzioni pubbliche, grandi e piccole imprese. In cima ai pensieri ora c’è però la questione occupazionale. Anche a fronte di un sostanzioso depauperamento del Fondo esuberi che in pochi anni ha garantito oltre 10 mila uscite soft dalla Banca attraverso esodi incentivati e prepensionamenti. « Su Unicredt- Mps ribadiamo quanto già detto — spiega sul punto Quiriconi — Le ipotesi che circolano sono inaccettabili sul piano sindacale: metà dei tagli in Toscana e sostanziale annessione di Mps da parte di Unicredit. Non basta a salvarsi l’anima il mantenimento temporaneo di una piccola percentuale pubblica nell’eventuale nuovo soggetto da parte, ma c’è da domandarsi, viste le condizioni poste, se anche dal punto di vista dell’interesse nazionale una riprivatizzazione siffatta sia utile».
C’è poi una questione di qualità del servizio ai cittadini. Negli anni scorsi piccoli Comuni toscani si sono già sollevati contro la chiusura nelle frazioni di uffici postali e sportelli bancari, presidi vitali soprattutto per gli anziani. La sovrapposizione delle filiali Unicredit con le ben 306 agenzie Mps in Toscana rischia di provocare una nuova ondata di tagli di rami improduttivi, un problema che però al momento non è sollevato. «È così — concorda il segretario regionale della Fisac Cgil — Non si tratta solo di spiegare da parte del governo quale filosofia stia dietro ad un’operazione che consegnerebbe la raccolta e gli impieghi dei cittadini e delle imprese a 3- 4 grandi oligopoli sostenuti da immense quote di denaro pubblico, ma anche quali condizioni porre. Per il momento, constato che le anticipazioni di nuovi piani industriali lasciano presagire chiusure di piccoli sportelli che guarda caso presidiano le cosiddette aree interne, disagiate e scarsamente popolate. Comprensibile dal punto di vista dei banchieri, meno da quello dell’interesse pubblico».
Fisac Cgil, come ha detto il suo segretario nazionale Nino Baseotto quando ormai quasi due mesi fa è venuto a Firenze per lanciare l’allarme, chiede il fermo macchine: che si prenda tempo, che il governo chieda all’Ue di rinviare la scadenza del 31 dicembre 2021 per l’uscita dello Stato dal capitale di Mps e che si aspettino tempi più favorevole perché la Banca di Siena possa contrattare una fusione da posizioni di minor debolezza rispetto ad oggi. Sotto traccia, per varare una strategia comune che va in questa direzione, si starebbero muovendo i parlamentari toscani del Pd e dei 5S, questi ultimi affezionati all’idea di mantenere in Italia una Banca pubblica e perplessi su un’operazione che allo Stato potrebbe costare fino ad otto miliardi, tra incentivi fiscali (il Movimento chiede di ridurre da 2 miliardi a 500 milioni quelli di cui godrebbe Unicredit), manleva sui rischi di cause per oltre 10 miliardi e altro. Chi si è mosso sulla linea della richiesta di rinvio della vendita in linea con il sindacato, invocando un incontro urgente a Gualtieri, è il presidente della Regione Giani. « Di quell’incontro si ignora l’esito, né se si sia svolto — incalza Quiriconi — Sarebbe utile averne notizia. E non necessariamente a mezzo stampa».