Mes, la destra lascia l’aula Strappo di Forza Italia e torna lo schema Ursula

Fi si smarca ancora sull’Ue. Sull’autonomia, ultimatum leghista agli alleati E i 5Stelle contano i dissidenti sul salva-Stati: a luglio la resa dei conti
di Tommaso Ciriaco
ROMA — Ieri mattina, Aula della Camera. Giuseppe Conte interviene per l’informativa in vista del Consiglio europeo di domani. Fratelli d’Italia diserta i lavori. La Lega entra, si guarda attorno ed esce. Forza Italia invece resta. Critica il premier, ma ribadisce il campo di appartenenza: l’Europa. I sovranisti si arrabbiano. A Montecitorio, per un giorno, rinasce la “maggioranza Ursula”, la stessa che fu determinante per eleggere von der Leyen alla guida della Commissione europea. È l’antipasto di quanto accadrà sul Mes, in due passaggi: sulle comunicazioni del premier prima del Consiglio del 9 luglio, poi quando i giallorossi chiederanno a fine luglio di attivare il programma, con i suoi 36 miliardi per la sanità. Così vuole Roberto Gualtieri, che ieri si è sbilanciato: «Andiamo sui mercati a un tasso più alto di quello di altri Paesi, quindi per l’Italia avere dei prestiti a tasso zero è attraente, fa risparmiare risorse in interessi ». Una benedizione dello strumento, insomma. Anche Conte, sottolineando le difficoltà della trattativa in sede Ue sul Recovery, ammette implicitamente la necessità di reperire risorse con il Salva Stati. Pd, renziani e Fi diranno dunque sì. Il Movimento pure, come dimostra Danilo Toninelli, in teoria arruolato tra i malpancisti: «Il Mes è una porcheria. Dovesse esistere un qualcosa che dà dei prestiti senza vincoli rigidi, sarebbe un’altra cosa». Resta il fatto che i massimi dirigenti grillini al governo sono terrorizzati dalla spaccatura nei gruppi. Palazzo Chigi farà di tutto per ridurre la pattuglia dei dissidenti 5S, promettendo anche una posizione più rigida sulle concessioni di Autostrade.
Nel cuore del Movimento si ipotizzano numeri preoccupanti per la stabilità del governo. Così ha fatto sapere ad esempio Di Maio. Tanti da mettere a rischio l’esecutivo? Di certo a farlo ballare. Nelle ultime ore il premier ha ricevuto sulla scrivania l’elenco del dissenso. I critici sono decine, molti però recuperabili. Quelli considerati davvero orientati al no al Mes oscillano tra cinque e sette. Tra loro, Barbara Lezzi, Matteo Mantero, Elio Lannutti, Mattia Crucioli e Cataldo Mininno. Defezioni che preoccupano il Pd. I dem temono che si riduca ancora il margine di vantaggio della maggioranza a Palazzo Madama. Con sei senatori in meno, Renzi assumerebbe un potere contrattuale ancora più alto. Soprattutto adesso che il rapporto con Conte sembra funzionare, come dimostrano le sue parole ieri al Senato: «Devo darle atto — ha detto il leader di Iv — che molti degli impegni che lei ha preso stanno diventando realtà. Siamo con lei, Presidente».
Certo, i dissidenti 5S sul Mes saranno compensati in fretta da Forza Italia, spaccando ulteriormente il centrodestra. «Non capisco Berlusconi, sul Mes ha la stessa posizione di Renzi e di Prodi», attacca Matteo Salvini. È una galassia a pezzi. Salvini e Meloni si contendono addirittura la primogenitura della scelta di non partecipare ai lavori d’Aula (ieri ha “vinto” Fratelli d’Italia). E litigano sull’autonomia. La Lega ha lanciato un nuovo avvertimento al partito di Meloni: «Abbiamo faticato con i 5S, non vogliamo ricominciare con altri. I veneti hanno votato e scelto, la Lega si allea solo con chi sostiene il diritto all’autonomia per chiunque la chieda democraticamente ». Un messaggio lanciato alla vigilia del difficile vertice di oggi sulle candidature del centrodestra.
E Berlusconi? Non fa nulla per ostacolare il governo, anzi. È pronto a intervenire per far passare il Mes e per evitare crisi al buio. Chiuso da quattro mesi nella sua villa francese per l’emergenza Covid, gestisce le lamentele degli alleati e i dubbi dei suoi dirigenti con un metodo sperimentato: lunghe conversazioni in videoconferenza, o solo in audio. Quando però gli chiedono di essere più duro con Conte, o sollecitano una maggiore sintonia con Salvini, il Cavaliere simula difficoltà di connessione nella linea internazionale. O almeno, questo è il sospetto di diversi big azzurri che si sono trovati di fronte a questa scena.
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