Ma la platea degli affari li rimanda “Idee da spot, restano inaffidabili”.

ANNALISA CUZZOCREA, EUGENIO OCCORSIO
CERNOBBIO.
Mentre Luigi Di Maio traccia la sua idea di “smart nation”, un imprenditore sussurra alle orecchie di chi gli sta accanto: «E gli autobus di Roma?». Non convince, il discorso del candidato premier in pectore dei 5 Stelle. Così come non convincono i modi ruvidi e decisionisti di Matteo Salvini. Se fosse un esame, a sentire chi è venuto a Cernobbio al workshop Ambrosetti, i due leader non lo avrebbero superato.
Jean-Paul Fitoussi, uno dei più prestigiosi economisti europei, il guru di SciencesPo, dà un giudizio tagliente: «Sia la Lega sia i 5Stelle sono partiti puramente populisti e qui l’hanno confermato. Non hanno fatto altro che reiterare il “bla bla” che si sente dappertutto e che non ha niente a che fare con l’Europa e la ripresa economica, i veri temi qualificanti con cui dovrebbero misurarsi». Secondo lo studioso francese, «non basta la banda larga a fare una policy in un programma di governo, anche perché questo discorso in Italia si sente da dieci e più anni. Né bastano generiche rassicurazioni sugli investimenti. E’ vero che promesse analoghe si sentono anche in altri Paesi, ma in ogni caso sono dettagli che non definiscono una politica. Fattori che non hanno nessuna conseguenza sullo spread o sul divario dei tassi d’interesse che penalizza l’Italia». Per Fitoussi, «se Salvini o i 5 Stelle vinceranno le elezioni, sicuramente si scatenerà una speculazione durissima». Perché «sono tanti e tali gli annunci deteriori fatti dalla Lega e dal Movimento che è troppo tardi per rifarsi un’immagine. Contribuiscono ad alimentare le tensioni, diffondono la narrazione di una crisi che non risponde più al vero. La loro credibilità è definitivamente compromessa, anche se ora giurassero che non rimetteranno mai in gioco l’appartenenza europea». E’ il giudizio che dà anche un importante banchiere, che chiede di non essere citato: «Già l’idea di una moneta parallela ha creato disastri. Non si parla come di cose del genere come al bar. Ci vuole serietà. E dal punto di vista dei mercati, bisogna fornire un’impressione di stabilità che queste forze non danno».
Non va meglio con gli imprenditori. «I discorsi di Salvini e soprattutto Di Maio sono stati deludenti », dice Enzo Benigni, presidente del Gruppo Elettronica di Roma, azienda di tecnologie digitali con 210 milioni di fatturato. «Brandire il referendum contro l’euro come arma di pressione con l’Europa è privo di senso e vale solo a inimicarci le istituzioni di Bruxelles, l’esatto contrario di quello che servirebbe». Andrea Battista, ex ad di Eurovita, riconosce che «sia Salvini che Di Maio hanno provato a moderare i toni e anche il contenuto dei messaggi. Inevitabile provare a farlo per chi ha ambizioni di governo. Difficile dire che ci siano riusciti, però, chi c’era mi sembra sia rimasto piuttosto guardingo».
Gli organizzatori del workshop hanno fatto di tutto perché Di Maio si trovasse a suo agio: «Era la sua prima volta. Ci ha fatto molte domande, voleva essere sicuro di non sbagliare. E’ vero che qui era venuto per due anni Gianroberto Casaleggio, ma non aveva mai voluto parlare di politica. Si tratta di una fase completamente differente», dice chi si è occupato di accoglierlo. Alcuni giovani imprenditori nel campo della mobilità sostenibile hanno apprezzato le parole del vicepresidente della Camera. Qualcuno è stato perfino citato nelle sue repliche. Ma nel complesso, Cernobbio è rimasta fredda. Angelo Moratti, vicepresidente di Saras Raffinerie, non si è neanche fermato ad ascoltarli. E preferisce lodare la parte scientifica del convegno, o quella dedicata «a un personaggio straordinario come John McCain». Enrico Cereda, presidente di Ibm Italia, che entro quest’anno assumerà 200 nuovi neolaureati, si limita invece a parlare in generale di quel che la politica deve fare per l’impresa, «incentivare l’occupazione, soprattutto quella giovanile ». E apre sulla maggiore flessibilità da chiedere all’Europa: «Potremmo scambiare un patto che ormai molti Paesi violano con parametri più flessibili da rispettare senza deroghe». Mentre Marcel Patrignani, di Altran Italia Spa, è gelido: «È una questione di credibilità. I leader come Di Maio e Salvini dicono quel che la gente vuole sentire e poi fanno le loro cose. Io vivo tra Roma e la Francia. Vedo le strade, la spazzatura perfino in via Veneto. Non credo minimamente che chi gestisce così una città possa o voglia cambiare il Paese».
Fontewww.repubblica.it/