di Pierluigi Piccini
Personalmente non so come andrà a finire questa crisi di governo. Se ne sentono di tutti i colori: ideologia, partito non ideologico, sinistra, destra e via discorrendo. Non per abusare di un tema che già da più parti è stato affrontato, siamo sicuri che queste categorie ci permettono di comprendere ciò che sta avvenendo? Il Pd può essere ancora etichettato come partito di sinistra di natura ideologica? In diversi commenti si è sentito dire che Cinque Stelle movimento non ideologico che aveva fatto una alleanza con un altro partito post come la Lega, sarebbe diventato ideologico perché disponibile a fare un governo con il Pd. A differenza della destra dove l’unica presenza, come dire, non marcata dalla ideologia sarebbe stata Forza Italia. Infatti si notano le differenze di questa con partiti ultra ideologici come Fratelli d’Italia e con parti della Lega più vicini alla destra tradizionale. Ma cos’è il Pd? È qui tento una mia interpretazione. Il Partito Democratico è caratterizzato da una forte natura amministrativa e non è un caso che in una democrazia parlamentare sia andato al governo ripetutamente senza il “riconoscimento” delle urne. Ha una vocazione liberale e non neo liberista come invece ha una parte consistente della destra italiana ed europea. Liberalismo mitigato, però e per fortuna da una forte attenzione per le questioni sociali e per l’impegno a favore dei diritti civili. Mentre la parte popolare del partito si è fortemente ridotta a vantaggio di Cinque Stelle e della stessa Lega. Vedasi le affermazioni elettorali là dove ancora ci sono, il Pd viene etichettato, da più parti, come il partito dei centri storici. Quindi una forma di “aristocrazia” politica fortemente caratterizzata da valori democratici. A me sembra che di ideologia ce ne sia ben poca nel Pd, almeno che, in maniera strumentale non si voglia ricordare il passato e le origini. Credo che i processi politici, economici, sociali debbano essere affrontati nella consapevolezza e con la conoscenza di soggetti che abbiano cognizione dall’interno delle contraddizioni capaci, quest’ultimi, però di trovare le soluzioni più avanzate e maggioritarie. Il partito cosiddetto non ideologico che ha conseguito un boom elettorale come Cinque Stelle alle politiche si è trovato improvvisamente a governare il Paese senza avere una cultura di governo e le persone preparate allo scopo. Non è un caso che il movimento di Di Maio è risultato subalterno nei quattordici mesi di governo a una forza più organizzata come la Lega, almeno nella dimensione della gestione del potere centrale. Perché questa lunga e forse noiosa introduzione? Perché, penso che al di là dei personalismi e dei tatticismi che stanno caratterizzando questo momento delicato della vita politica italiana, ci sia o ci potrebbe essere qualcosa di più: la costruzione di un nuovo blocco sociale progressista e paritario in grado di rilanciare il Paese in un contesto internazionale in fase di assestamento. Forse il mio ragionare è frutto di una calda estate che non ha intenzione di passare, ma se il buon senso che sembra essersi smarrito, avesse la meglio allora, forse qualcosa di inedito e di interessante potrebbe nascere anche da questa crisi. Crisi che si gioca molto sulla credibilità dei nomi che dovrebbero essere chiamati a ricoprire i ruoli di governo che non dovrebbero essere i soliti soggetti che tutti conosciamo. E perché no? Da qui si potrebbe guardare alle prossime elezioni amministrative e a quelle che verranno, è poi così disdicevole pensare ad una alleanza Pd, Cinque Stelle, Liste civiche? Chissà!