di Emanuele Lauria
ROMA —«Che ci siano due anime, nella Lega, non è certo piu un mistero. Anzi, forse sono più di due…». Luca Belotti, capogruppo del Carroccio in commissione Cultura, svela il segreto di Pulcinella: il partito di via Bellerio è uscito diviso, se non dilaniato, dal confronto interno sul Green Pass, con Matteo Salvini messo in minoranza dai “moderati” (in primis Giancarlo Giorgetti) e costretto ad accettare il sì del governo all’estensione del certificato a tutti i lavoratori. Ma il fuoco leghista continua a covare, sotto la cenere del via libera del consiglio dei ministri, e nei prossimi giorni il dissenso potrebbe trasformare l’aula in un Vietnam. «C’è grande sofferenza, nessuno può dire oggi cosa accadrà quando il decreto legge sarà portato all’esame del Parlamento per la conversione », dice un altro parlamentare, stavolta meridionale, che preferisce l’anonimato. Ma le tensioni potrebbero scaricarsi sui lavori della Camera anche prima, a brevissimo: esattamente lunedì, quando comincerà la discussione su un altro pezzo del mosaico Green pass, ovvero l’obbligo di utilizzo del lasciapassare negli ambienti scolastici e per i viaggi a lunga percorrenza. Una disposizione varata dal governo ad agosto, ma già l’iter a Montecitorio è stato turbolento: in commissione Cultura la Lega ha dato parere negativo, assieme a Fdi, al provvedimento, salvo poi votare a favore allo stesso decreto (emendato) in commissione Sanità. «Io sono vaccinato e ho il Green Pass – dice Belotti – però dico che un passaporto sanitario su larga scala non mi convince: è una contraddizione varare una norma del genere in nome della libertà e non pensare ad aumentare contemporaneamente la capienza di stadi, teatri, luoghi di cultura. Un emendamento in questa direzione è stato bocciato con il parere negativo del governo. Lo riproporrò in aula, e ce ne saranno altri ». Insomma, non è lontano il rischio di nuovi blitz che mettano assieme esponenti di Lega e Fratelli d’Italia contro l’esecutivo, come già accaduto in occasione del dibattito alla Camera sulla prima tranche della normativa, quella che ha introdotto il Green Pass per i ristoranti al chiuso. D’altronde, non sono poche le voci dissonanti, in queste ore: Armando Siri, altro “fedelissimo” di Salvini scettico sul Pass, ha urlato il suo no alla scelta del governo: «Io non condivido il metodo, i modi e l’approccio di questa decisione». E Claudio Borghi, il capofila della resistenza leghista che ha addirittura annunciato un ricorso alla Consulta contro il Green Pass per i deputati? «Sull’argomento ho tirato giù la cler (saracinesca nel dialetto lombardo, ndr), in attesa della traduzione in circolari, da parte dell’esecutivo, di impegni quali quelli su test salivari, bambini da accompagnare a scuola, durata del certificato per i guariti dal Covid».
Il premier Mario Draghi, con l’apporto decisivo della cosiddetta “corrente istituzionale” della Lega (Giorgetti più i governatori) ha incassato il sì unanime al Green Pass per tutti e in queste ore si dice convinto che il messaggio che doveva passare (l’ultima spinta alla vaccinazione) sia giunto a destinazione e che la partita politica sia chiusa. Salvini, dal canto suo, nega ci siano «venti di crisi» nel governo e valorizza quelli che ritiene suoi successi: «Se non c’è l’obbligo vaccinale, se non bisognerà mostrare il Green Pass per salire su un autobus è merito nostro». Però, a questo punto, non è affatto certo che il segretario riesca a controllare, in aula, il dissenso verso l’azione del governo che muove buona parte dei parlamentari e che già si è manifestato – ad esempio – con le assenze di tre quarti dei deputati al momento del voto finale alla Camera sul primo decreto. Il clima è caldissimo, nella Lega, e molti auspicano un chiarimento dopo le amministrative. Le rogne non finiscono mai, per il segretario, che vuole risolvere in tempi brevi il nodo della successione a Durigon: per il posto di sottosegretario all’Economia la scelta è caduta su Federico Freni, già “esperto” del potente deputato di Latina: decisione che lascia, come primo degli scontenti, Edoardo Rixi, altro protégé del Capitano. Non a caso, da ieri, i tamburi leghisti rilanciano un’interrogazione del M5S Elio Lannutti che punta il dito sull’attività svolta da Freni come consulente del’Inpgi, l’istituto di previdenza dei giornalisti, denunciando parcelle d’oro e l’acquisto a presunti prezzi di favore di un appartamento ai Parioli di proprietà dell’ente che ha i conti in profondo rosso. Ormai, all’ombra del Carroccio, è guerra senza esclusione di colpi.