Luciano Ferraro
Quando Franco Biondi Santi, patriarca del Brunello di Montalcino, mise in vendita la Riserva del 1982, la bottiglia dall’etichetta nera valeva 30 mila lire. Oggi costa 1.890 euro. Ma se investire in vino (a patto di resistere alla tentazione di stappare) può diventare un buon affare, puntare sulla terra e sulle vigne, nel caso del grande rosso toscano, fa arricchire generazioni. Negli ultimi 30 anni il valore di un ettaro dedicato al Brunello è cresciuto del 1962%. Il calcolo è di WineNews, l’agenzia di informazione del settore che ha sede proprio nel borgo senese con 5.700 abitanti e 300 imprese agricole. Lo studio sarà presentato oggi a Benvenuto Brunello, dieci giorni di eventi con protagoniste l’annata 2017 e la Riserva 2016. «Nel 1992 un ettaro di terreno vitato o vitabile di Brunello — spiega Alessandro Regoli, direttore di WineNews — valeva 40 milioni di vecchie lire, pari a 36.380 euro attuali, oggi vale almeno 750.000 euro, 20 volte in più. In soli 30 anni, Montalcino ha costruito uno dei più importanti e redditizi distretti del vino nel mondo». L’arrivo di imprenditori di altri settori e di altri Paesi (da Riccardo Illy a Massimo Ferragamo e ai francesi di Epi ora in Biondi Santi) hanno fatto lievitare le quotazioni. Ora per 10 mila metri quadrati si tocca il milione di euro. Un +4.500% rispetto a 50 anni fa. Nel 1966, quando venne istituita la Doc, c’erano solo 67 ettari riservati al Brunello. Ora sono 2.100. Anche il vino è protagonista di un trend rialzista ininterrotto: i 340 mila ettolitri delle ultime 5 annate che riposano nelle cantine sono indicate nei bilanci come una partita da 400 milioni, ma presto l’incasso sarà di 1,2 miliardi. Ogni anno si producono 9 milioni di bottiglie di Brunello, esportate in 90 Paesi. Il borgo ospita lavoratori di 70 nazionalità. Gli addetti, per la vendemmia, sono quasi quanti i residenti. La disoccupazione praticamente non esiste. E il calo delle vendite per la pandemia è un ricordo: nei primi 10 mesi del 2021, i vignaioli hanno chiesto le certificazioni per vendere il 53% di bottiglie, grazie a due annate storiche, 2015 e 2016. «Non vogliamo sembrare i secchioni del vino, ma questi sono i numeri del successo di una intera comunità», sorride Fabrizio Bindocci, presidente del Consorzio.