GREGORIO MOPPI
Trenta donne bianche e nere nel cortile di Palazzo Strozzi.
Venti nella sala della Niobe agli Uffizi. Nude. Da osservare come opere d’arte. Sono le due installazioni concepite da Vanessa Beecroft per la rassegna “Firenze suona contemporanea”, di cui l’artista italo-inglese è ospite per lavorare sulle relazioni tra visualità e musica (come in passato lo sono stati William Kentridge, Jannis Kounellis e Erwin Wurm). Per lei, che modella corpi di giovani donne in tableaux vivants muti, questa esperienza fiorentina intitolata Il respiro delle statue sarà la sua prima volta con la musica. «È l’occasione del festival che mi conduce a una tale interazione, non una nuova fase espressiva, poiché la mia ricerca è sulla visione pura», dice Beecroft. Tuttavia stavolta, in entrambe le installazioni, si confronterà anche con l’elemento acustico. «È pure la prima volta che preparo due performance a distanza tanto ravvicinata, diversissime malgrado il tema comune». A Palazzo Strozzi, venerdì ore 21, attorno alle sue giovani sculture umane — ragazze selezionate fra tante aspiranti di Firenze e dintorni, modelle, danzatrici, attrici — risuonerà una composizione su Giovanna d’Arco dell’afro-americano Julius Eastman, minimalista al confine con il free jazz morto di Aids nel 1990, cinquantenne: genio dannato alla Basquiat, che ha trascorso l’ultimo decennio d’esistenza da senzatetto a New York, annientato dalla droga, le sue carte sequestrate dalla polizia al momento dello sfratto per morosità e ancora in gran parte da recuperare. Spiega Beecroft: «Mi affascina molto la sua musica, ovunque ignorata, anche negli States. E mi interessa avere a che fare con Giovanna d’Arco, figura femminile estrema che rinuncia alla propria femminilità». La performance, cui partecipa l’ensemble Flame diretto dal violoncellista Francesca Dillon, è ancora tutta da costruire, ma sarà modellata sulla geometria del chiostro. «Il pubblico starà in piedi, come sempre accade nei miei lavori. Potrà entrare e uscire a piacimento, perché non vi è né inizio né fine alla rappresentazione, anche se il pezzo di Eastmann ne costituirà il culmine». Lunedì 2 ottobre ore 18 agli Uffizi (gratis su prenotazione: 055 294883), le donne di Beecroft si pongono dinanzi alla tragedia della maternità tracotante di Niobe, colei che si vantava dei suoi figli, sette maschi e sette femmine, irridendo Latona, genitrice soltanto di Apollo e Artemide; i quali, per vendetta, sterminarono quella famiglia. «Qui le mie donne, contrariamente al solito, useranno la voce. Parole, sospiri, borbottii. Il loro rapporto con l’ambiente, con le statue, si svilupperà in maniera naturale». Le sue ragazze, infatti, le lascia sempre libere di esplorare lo spazio d’azione. «Di norma pongo soltanto la regola del mutismo e di non intrattenere alcuna relazione con il pubblico. Cosicché queste donne diventano, allo stesso tempo, vulnerabili, perché sono spoglie, e potenti, perché pretendono di essere delle opere d’arte ». Ma come mai usa solo donne? «Perché lo sono anch’io. E, sebbene attraverso di loro non intenda direttamente raccontare la mia vita, qualcosa di autobiografico riverso comunque in queste figure che sono come un’estensione di me».