Le confessioni di casa Bertolucci

Dopo una serata di incomprensioni Attilio scrisse per scusarsi La vedova del regista di “Novecento” ci racconta i rapporti in famiglia
di Arianna Finos
“Casarola di Riana (Parma). Carissimi, vi devo forse una spiegazione per ieri sera. Non c’è dubbio che ero ingiurioso, negativo ecc. più del sopportabile: l’ho anche ammesso. Me ne rendevo conto, ma non riuscivo a essere diverso da quello che ero…”, È l’incipit di una lettera inedita che il poeta Attilio Bertolucci scriveva il 25 luglio del 1969 all’indirizzo dei figli Bernardo e Giuseppe, dopo una serata di discussioni. Un foglio vergato a mano che Clare Peploe consegna a Repubblica a pochi giorni dalla ricorrenza della nascita di Bernardo — il 16 marzo 1941 — insieme ai ricordi della famiglia “dolcissima” di cui ha fatto parte per quarant’anni.
All’epoca dello scritto Attilio lavora al volume di poesie Viaggio d’inverno e racconta ai figli il suo sentirsi incompreso: “Non è che improvvisamente io voglia il successo, m’imbarazzerebbe troppo. È il non venire capito nel giusto verso che stanca. In un momento poi che devo decidermi a consegnare il dattiloscritto del libro, e nel poema sto per affrontare una parte meno piana, viene voglia di diventare un autore postumo, come la Dickinson, che da viva ha pubblicato soltanto tre poesie”. I fratelli Bertolucci invece stanno girando Strategia del ragno , la fotografia tra i macchiaioli e Magritte. Prosegue, Attilio: “Ecco perché mi disturbavano le cose che disturbavano il vostro lavoro (la fotografia del film) in maniera quasi eccessiva. Ero di umore nero, mi sembrava che tutto andasse per traverso. Fortuna che la mamma mi ha riportato alla realtà, come al solito. E che voi siete vicini, in mezzo alle difficoltà, ma quali esistono percentualmente a tale livello in ogni lavoro. Smetto perché avete poco tempo da perdere. Sono in saletta, a Casarola, col quadernone del poema, spero, credo che lavorerà proprio perché ho avuto la forza di scrivervi questa buffa lettera. Vi abbraccio. Il babbo”. Una famiglia vissuta d’arte e d’amore quella dei Bertolucci, l’influenza reciproca fortissima. Clare Peploe, sceneggiatrice e regista, moglie di Bernardo, ne entra a far parte a metà anni Settanta. Racconta, al telefono da Londra, di come la passione anglofona di Attilio sia stata in qualche modo galeotta. «Mi sono accorta subito di quanto il padre fosse una figura fondamentale e quotidiana nella vita di Bernardo. Mi raccontava della bellezza delle sue poesie, che aveva tradotto i versi inglesi di Thomas Hardy, imparato l’inglese ascoltando la Bbc durante la Guerra». La prima volta che vide Attilio: «Lo trovai attraente. Belle mani, bel viso. Un modo incredibile di parlare delle letteratura francese e inglese, di Proust e Baudelaire. Aveva trasmesso la passione per il cinema ai figli. Amava la sua Ninetta in un modo… Bernardo e Giuseppe avevano genitori che si amavano e li amavano così tanto che si sono dovuti inventare delle nevrosi per uscirne. Perciò Bernardo a un certo punto si fissò con Freud e l’uccidere per metafora il padre ». Bernardo raccontava di come lui e il fratello si sentissero «come due rami di un albero, del suo albero ». Era stato un padre troppo presente? «Prima che noi ci conoscessimo, ai tempi di quella lettera, che lui definisce “buffa” ma che è anche un po’ sofferente, c’era stato un periodo in cui non aveva più la compagnia dei figli come un tempo, ragazzi che imparavano non più da lui solo, ma dal mondo. E in quel momento capiva anche che il cinema era una cosa potente, che i figli rendevano più potente della poesia». Bernardo aveva lasciato la poesia per il cinema anche per staccarsi, dimostrare al padre che non era una sua creatura, «ma certi ritmi di inquadratura di Bernardo sono come poesie di Attilio. L’apprezzamento per la tessitura dei personaggi, per i dettagli di scenografia. Novecento e Strategia del ragno abitano i mondi di Attilio, della Bassa, di Parma». La frequentazione era assidua, a volte litigiosa. «Si sentivano al telefono tutti i giorni, pranzavamo nei fine settimana a Monteverde. Pranzi deliziosi e belle conversazioni, poi Attilio e Bernardo finivano a parlare di medicine e acciacchi in una gara a chi era più malandato, innamorati dei dottori. Bernardo amava provocare Attilio, erano in competizione su tutto, si prendevano in giro, discutevano di politica, il padre democristiano e il figlio comunista. Entrambi con una grande fede, quella di Bernardo nel Pci, quella di Attilio nella purezza e nella letteratura, nella comprensione della bellezza. S’arrabbiava quando il figlio criticava gli americani per il Vietnam: “Ci hanno liberato”, sfinito una volta disse “potrei votare Pci”, ma non credo lo fece mai. Giuseppe assisteva con affettuoso distacco, prendendoli per matti».
Bernardo amava tutte le poesie del padre, adorava La camera da letto .
Attilio era il primo a vedere i film dei figli, s’arrabbiava se qualcuno li criticava. Bernardo era un viaggiatore, «era curioso, gli piaceva al ritorno raccontare tante storie». Attilio invece aveva paura, «dell’aereo, degli spostamenti. Se Bernardo non chiamava pensava al peggio. Ma al figlio piaceva portarlo sui set, presentargli attori e maestranze». Il primo viaggio aereo di Attilio fu a Londra, «vennero a stare da noi. Passeggiavano lungo il Tamigi, andavano nei luoghi raccontati da poeti e scrittori amati». I natali memorabili erano a Casarola. «Con i tortelli di zucca di Ninetta. Un rito di apprezzamento, di rievocazione di una sorta di gloria del passato, racconti di parenti e persone del luogo, di Parma, di questa campagna che esisteva in modo poetico nella mente della famiglia Bertolucci». Le ceneri di Bernardo e Giuseppe saranno portate nel piccolo cimitero di Casarola: «Bernardo amava questo luogo come lo avevano amato Giuseppe, Attilio e Ninetta. È il posto in cui, mentre Attilio scriveva La camera da letto , Bernardo quattordicenne aveva girato il primo corto, La teleferica ».
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