FULVIO PALOSCIA
La Biblioteca civica di Montepulciano custodisce un album in cui Piero Calamandrei, tra i grandi padri della Costituzione, raccolse fotografie scattate dal 1935 fino all’inizio della guerra.
Documentano i vagabondaggi domenicali suoi e di altri intellettuali uniti dall’antifascismo — Leone Ginzburg, Benedetto Croce, Nello Rosselli — da non fraintendere come gite fuori porta. Erano, scrisse poi lo stesso Calamandrei, fughe «dalle città piene di falso tripudio e di funebri adunate coatte» per respirare «su per i monti l’aria della libertà, e consolarsi coll’amicizia, a ricercare in questi profili di orizzonti familiari il vero volto della patria» negli anni «pesanti e grigi nei quali si sentiva avvicinarsi la catastrofe». Tomaso Montanari ha potuto sfogliare quel prezioso documento sollecitato da Nino Criscenti, storica mente della Rai, che cucendo le parole di Calamandrei alle istantanee ha ideato uno spettacolo tra Storia, memoria, orazione civile. E «comizio» aggiunge Montanari, al Puccini con L’Italia di Piero Calamandrei il 30 novembre. Ha accettato la sfida “attoriale”, dice lui, «perché Calamandrei e i suoi sodali guardavano al paesaggio con il punto di vista che dovrebbe essere di ogni storico dell’arte: cosciente cioè che è impossibile isolare la nostra disciplina dalla più vasta storia della cultura, perché significherebbe esonerarla dal necessario valore civile, e quindi svilirla. Con le sue escursioni domenicali, Calamandrei faceva del territorio il punto di partenza della ricostruzione di una comunità: un approccio da cui nascerà l’articolo 9 della Costituzione sulla tutela del paesaggio e dei beni storici». E il palcoscenico?
«Dopo la mutazione della polis da città di pietra a luogo di dibattito virtuale sui social, si vuole tornare ad un incontro fisico tra i membri di una collettività.
Storici, filosofi, giornalisti, con i sempre più frequenti ibridi tra lezioni e spettacolo, riaffermano la dimensione civile del teatro.
Nel nostro caso non si tratta di strumentalizzazione della Storia, ma di uno spunto per capire come si può ricostituire una comunità nell’era dell’individualismo». Lo spettacolo, contrappuntato da musiche di Sostakovic, Stravinsky, Casella, Messiaen eseguite da un quintetto, si conclude con un discorso ai giovani che Calamandrei tenne nel 1955. Lo si ascolterà dalla sua voce grazie ad una testimonianza discografica della FonitCetra, «orazione condotta con splendido accento toscano e in quella stessa lingua semplice con cui fu scritta la Costituzione. Un italiano, cioè, popolare, e non populista».