L’accordo con la Cina resta, il papa dice no a Pompeo

Il segretario di Stato Usa Mike Pompeo arriva in Vaticano ma viene fatto entrare dalla porta di servizio. Agli ispettori internazionali di Moneyval, anche loro attesi Oltretevere, viene offerta la testa del cardinale Becciu e la promessa che la Segreteria di Stato, dopo gli intrallazzi per l’acquisto del palazzo londinese di Sloane Avenue, non gestirà più neanche un euro.

Gli ospiti che tra oggi e domani giungono in Vaticano tengono insieme due vicende apparentemente distanti – Cina e affaire Becciu – e indirizzano le scelte politiche e finanziarie della Santa sede.

Una settimana fa, alla vigilia della scadenza dell’accordo Vaticano-Cina sulla nomina condivisa dei vescovi nel Paese orientale, stipulato a settembre 2018 con durata biennale rinnovabile, Pompeo aveva ammonito il papa sul periodico dei cristiani conservatori Usa First Things: «La Santa sede ha raggiunto un accordo con il Partito comunista cinese nella speranza di aiutare i cattolici in Cina. Ma l’abuso del Pcc sui fedeli è peggiorato. Il Vaticano metterebbe in pericolo la sua autorità morale se lo rinnovasse».

Nel fine settimana la risposta vaticana, con il linguaggio della diplomazia: papa Francesco non vedrà Pompeo, il pontefice – la motivazione addotta – non riceve politici a ridosso di scadenze elettorali, in questo caso le presidenziali Usa. Messaggio chiaro: la Santa sede non ha gradito le esternazioni del braccio destro di Trump.

POMPEO QUINDI NON VERRÀ ricevuto dal papa – l’incontro non era stato annunciato ufficialmente ma era ritenuto probabile, in ogni caso da Oltretevere hanno tenuto a far sapere che non ci sarà – ma domani parteciperà a un simposio sulla libertà religiosa organizzato dall’ambasciata Usa presso la Santa sede; e giovedì verrà ricevuto in Vaticano dal cardinale segretario di Stato vaticano Parolin e dall’arcivescovo segretario per i rapporti con gli Stati Gallagher, principali artefici di quell’accordo con la Cina che pone fine all’esistenza di due chiese: una «patriottica», i cui vescovi sono nominati da Pechino ma non riconosciuti dal papa, e una «clandestina», con vescovi fedeli a Roma.

Parolin e Gallagher confermeranno che l’intesa verrà rinnovata. Troppo importante per la Santa sede ribadire l’unità della Chiesa cattolica in Cina e proseguire il dialogo con Pechino. Ma strategica anche per Xi Jinping. Agli Usa, ostili alla legittimazione del nemico cinese da parte vaticana, non resterà che prenderne atto.

Oggi arrivano Oltretevere anche gli ispettori di Moneyval, l’organismo del Consiglio d’Europa che valuta la trasparenza finanziaria e gli standard antiriciclaggio degli Stati. Da tempo il Vaticano cerca di essere inserito nella white list dei Paesi virtuosi.

Traguardo ormai prossimo, ma non ancora raggiunto, che il terremoto di questi giorni potrebbe compromettere: le nuove rivelazioni sulla speculazione immobiliare legata al palazzo di Londra acquistato dalla Segreteria di Stato anche con i soldi per i poveri dell’Obolo di San Pietro, gli affari disinvolti di Becciu e le sue relazioni pericolose con finanzieri d’assalto.

LE CONTROMOSSE sono state immediate: rimozione di Becciu dalla guida della Congregazione delle cause dei santi e ritiro delle prerogative del cardinalato. E ora – stando alle indiscrezioni di Repubblica – la decisione di togliere il portafoglio alla Segreteria di Stato (da dove Becciu & co manovravano milioni di euro) per affidarlo interamente all’Apsa (Amministrazione patrimonio sede apostolica), al cui vertice siede monsignor Galantino, fedelissimo di Francesco.

A giorni potrebbe arrivare anche l’avviso di garanzia per Becciu dalla magistratura vaticana, se ravvisasse gli elementi per avviare il processo per peculato. Tutto per tranquillizzare gli ispettori di Moneyval, riassettare il sistema finanziario vaticano e, forse, punire i colpevoli. Almeno fino al prossimo scandalo.

 

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