E già prima di giovedì, il reggente dem afferma che preparerà il passaggio delle consultazioni al Quirinale con gli altri leader, non in un “caminetto” – tanto irriso da Renzi – ma con colloqui: “Sentirò tutti da Matteo Renzi a Dario Franceschini, da Andrea Orlando a Paolo Gentiloni oltre ovviamente ai capigruppo Graziano Delrio e Andrea Marcucci e al presidente del partito, Matteo Orfini, che con me fanno parte della delegazione”. Nel nome della “collegialità”.
Ma le consultazioni al Quirinale, che iniziano mercoledì con i presidenti delle Camere e i partiti minori, si annunciano immerse nella nebbia. Tanto che per il secondo giro, già messo nel conto, il capo dello Stato starebbe valutando di non farlo partire subito “a ruota”, bensì dopo un break. Una pausa di riflessione, un intervallo forse di una settimana, considerato anche che sono in agenda alcuni appuntamenti importanti, dal faccia a faccia fra Di Maio e Salvini alle assemblee dei gruppi dem e forse la Direzione, che possono servire a chiarire il quadro. A quel punto, con le consultazioni lunghe, a mettere mano al Def (che dovrebbe essere presentato in Parlamento entro il 10 aprile) sarebbe il governo Gentiloni. Sergio Mattarella, dunque, rilancerebbe la palla nel campo dei partiti. Concedendo tempo ma anche spingendo per mettere in moto trattative serie, diradare la cortina fumogena.
Nel Pd il clima è teso, polemico, a tratti acido. Un post su Facebook di Marcucci non piace a Walter Verini, amico personale e a lungo collaboratore di Walter Veltroni. Scrive Marcucci: “Non vedo l’ora che giuri un governo Di Maio-Salvini. La linea che porteremo al Colle è quella votata dalla Direzione, se qualche dirigente vuole cambiare posizione, lo dica chiaramente”. Verini contrattacca: “Io non mi auguro che Lega e Cinquestelle facciano il governo. Un esecutivo populista-sovranista non è una prospettiva positiva per il paese.Una cosa è essere rispettosi del risultato elettorale, un’altra cosa è dire non vedo l’ora. Il Pd in nessun modo può tifare per una situazione che faccia un danno al paese”.
La saldatura di un patto leghista-pentastellato fa paura agli amministratori locali del Pd: se andasse in porto significherebbe, alle prossime elezioni locali del 10 giugno, rischiare di perdere molte città al ballottaggio, a iniziare da Massa, Pisa e Siena nella ex rossa Toscana.