La linea rossa tra fede e potere

di Paolo Garimberti
Sembra una storia degna del Cremlino, quello dei tempi sovietici. Dove le trame e gli intrighi della lotta per il potere finivano con le teste che rotolavano senza una spiegazione o con scarne, anodine comunicazioni, che lasciavano spazio a qualunque interpretazione.
Come il bollettino della sala stampa vaticana con il quale è stato annunciato che il cardinale Giovanni Angelo Becciu ha rinunciato alla carica di Prefetto della Congregazione delle cause dei santi e ai “diritti connessi al Cardinalato”. In altre parole Becciu è entrato nella stanza del Papa da cardinale e ne è uscito da semplice prete. E prima ancora che raggiungesse il suo appartamento in Vaticano, la sala stampa aveva reso pubblica la sua rimozione. Degradato sul campo e con ignominia. Ma ufficialmente per sua scelta: la “rinuncia”, appunto, che Bergoglio ha ovviamente accettato.
Il metodo ricorda, appunto, quello in uso al Cremlino. Ma le modalità sono molto diverse. Per la semplice ragione che qui c’è una stampa libera e un giornalismo d’inchiesta, che, a differenza degli organi di partito sovietici, svela gli intrighi e spiega le cause di una caduta così clamorosa di quella che sembrava una star dei palazzi vaticani. Anzi in questo caso l’articolo de L’Espresso pare addirittura essere stato la fonte della furia papale, che si è abbattuta sul cardinale “italiano” per antonomasia, divenuto referente di molti politici, e molto incline a socializzare, a mostrarsi in pubblico e perfino negli stadi, dove non ha mai nascosto la sua passione per la Juventus.
Becciu è sempre stato un uomo di mondo. Non solo in senso figurato, ma anche nel suo percorso di folgorante carriera perché aveva girato varie nunziature del pianeta, dall’Africa all’Estremo Oriente, dall’Europa agli Stati Uniti. È piaciuto a molti Papi, da Wojtyla a Ratzinger, da Benedetto XVI, che lo lanciò definitivamente facendone il numero due della Segreteria di Stato, fino allo stesso Papa Francesco, che lo aveva confermato nell’incarico e lo ha fatto cardinale.
Ma è stato troppo “di mondo”, forse tradito da un senso di onnipotenza e di impunità che la sua inarrestabile ascesa e la fiducia di così tanti Papi gli avevano inculcato. La sua stella ha cominciato a offuscarsi con la compravendita milionaria del palazzo di Sloane Avenue a Londra, che il segretario di Stato Pietro Parolin avrebbe poi definito «un’operazione opaca sulla quale si farà luce». La rimozione di Becciu dalla Segreteria di Stato per passare alla guida della Congregazione delle cause dei santi, nel maggio di due anni fa, era statainterpretata da molti osservatori come una demozione piuttosto che una promozione, ancorché preceduta dalla nomina al cardinalato.
Ma quello che ha determinato la sua caduta e la forzata “rinuncia” alla carica e alla porpora è stato quello che L’Espresso ha descritto come il “metodo Becciu”, un modus operandi nel quale «speculatori, broker e promotori finanziari giocavano con la cassa della Segreteria di Stato e dell’Obolo di San Pietro». Generando un buco di 454 milioni di euro. Per non parlare dei ripetuti conflitti di interessi per gli affari dei tre fratelli, compreso quello, che appare quasi grottesco, della “Birra Pollicina”, introvabile in commercio.
Il pontificato di Papa Francesco è tutt’altro che lineare, anzi talvolta è apparso di difficile lettura, come racconta Massimo Franco nel suo nuovo libro “L’enigma Bergoglio”, ricordando che in sette anni il pontefice «ha fatto e disfatto le conferenze episcopali, gli organismi finanziari della Santa Sede, i vertici curiali… Ha scelto e fatto dimettere vescovi e banchieri, capi della Gendarmeria e semplici funzionari», rivelando insomma una personalità estremamente forte ma anche molto complessa.
Ma su una cosa Francesco è sempre stato risoluto e irremovibile: il pugno di ferro contro corrotti e corruttori, la giusta destinazione dei soldi della Chiesa ai poveri e non certo a banchieri e, peggio, a faccendieri. Non c’è mediazione tra questa visione francescana della missione della Chiesa e del Vaticano e il “metodo Becciu” descritto da L’Espresso. Prima o poi la resa dei conti era inevitabile. E il bollettino in stile sovietico della sala stampa del Vaticano non riesce a nascondere che questa resa dei conti deve essere stata dolorosa, quasi cruenta. Non solo per l’ex cardinale, ma anche per il Papa.
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