Poco prima delle articolesse americane – “incerte, titubanti, contraddittorie, quasi scartate” – dal 1944 l’intellettuale si dedica al giornalismo “locale”, scrivendo sempre su Combat e su Lettres françaises corrispondenze di guerra, Resistenza e Liberazione: di queste, otto testi, tutti inediti in Italia, sono pubblicati ora dal Melangolo nella raccolta Parigi occupata a cura di Diana Napoli (e di cui si può leggere un assaggio, La Repubblica del silenzio, nella pagina qui accanto, ndr).
Gli scritti segnano il passaggio di Sartre “dalla Nausea all’impegno”, anche come testimone-giornalista, non solo come letterato engagé e filosofo dell’esistenzialismo. Al netto della caratura intellettuale, tuttavia, di Jean-Paul non si può non ricordare, con cinica malizia, la “condizione umana”, troppo umana, di persona vanitosa, lasciva e viziosa: ad esempio, l’articolo su Parigi occupata, che dà il titolo alla nuova raccolta, “lo scrisse in una notte non senza ricorrere a qualche anfetamina”. Parola dell’amico (scomodo) Raymond Aron, mentre altrove – Rituali quotidiani di Mason Currey (Vallardi, 2016) – si legge con gusto la dieta quotidiana dell’eroico Sartre: “Nell’arco di ventiquattro ore, due pacchetti di sigarette e diverse pipe di tabacco nero, più di un litro d’alcol – vino, birra, vodka, whisky, eccetera –, duecento milligrammi di anfetamine, quindici grammi di aspirina, diversi grammi di barbiturici, caffè, tè e pasti copiosi”. L’esistenzialismo fa di questi effetti.