Inchiesta Mps Altri sette indagati per i conti 2016-2017

I pm di Milano hanno riaperto il fascicolo sui crediti deteriorati Spuntano gli ex dirigenti della banca senese Morelli e Tononi
di Luca De Vito
e Andrea Greco
MILANO — Stanno arrivando guai più grossi del previsto per Mps e i suoi ex dirigenti dall’inchiesta della procura di Milano sulle dichiarazioni a bilancio di crediti deteriorati. L’estensione delle indagini disposta dal gip Guido Salvini sulla corretta contabilizzazione dei crediti Mps ai bilanci 2016 e 2017 — e cioè nel periodo in cui fu accordata la ricapitalizzazione precauzionale di Stato da 5,4 miliardi — vede aumentare il numero dei banchieri indagati, con nuovi nomi illustri. E al contempo fa tremare il castello autorizzativo e regolatorio su cui si basò il salvataggio dell’allora terza banca italiana.
Il fascicolo del 2019 che era finito sul tavolo del giudice con una richiesta di archiviazione, oggi vede tra gli indagati anche altri 7 ex amministratori della banca: oltre a Viola e Profumo ci sono anche Marco Morelli, capo della banca senese dal 2016 al 2020 e in seguito diventato numero due del risparmio gestito globale del colosso assicurativo francese Axa, e Massimo Tononi, presidente del Monte per un anno tra il 2015 e il 2016. Tononi dal 2020 è presidente del Banco Bpm, terzo istituto di credito italiano; il suo nome è circolato anche tra i possibili candidati alla poltrona di presidente delle Assicurazioni Generali, nella lista che il cda del gruppo assicurativo sta mettendo a punto e sarà votata dai soci all’assemblea del 29 aprile.
I pm Giovanna Cavalleri e Roberto Fontana indagano per falso in bilancio e aggiotaggio. E hanno chiesto più tempo per effettuare un nuovo approfondimento, partendo dalle conclusioni di una perizia effettuata da Gian Gaetano Bellavia su richiesta del gip Salvini: l’obiettivo è quello di verificare, in concreto, la coincidenza o l’eventuale scostamento tra le valutazioni fatte dalla Bce sulla scorta delle ispezioni effettuate nel 2014 e 2016 e il risultato dell’applicazione dei principi contabili. Ovvero capire nel dettaglio, per cento dei crediti analizzati dagli organi di vigilanza, quanto margine di discrezionalità ci sia stato nelle relative iscrizioni a bilancio che non hanno tenuto conto delle coperture indicate dalla Bce per proteggere i conti da quei crediti deteriorati. Per farlo, i pm studieranno mail e verbali relativi a tutti e cento le posizioni che hanno scelto di analizzare.
Adesso c’è chi fa notare che se il bilancio Mps 2016 scricchiola, potrebbe scricchiolare anche quell’operazione lampo che fu fatta per scongiurare il fallimento dell’istituto. E l’Italia, in casi estremi, potrebbe dover richiedere alla banca i miliardi investiti allora. Esulta Giuseppe Bivona, piccolo azionista della banca senese ma grande consulente di alcuni investitori istituzionali, che ci hanno investito e perso centinaia di milioni: «Se questo si rivelerà vero, a un certo punto la Commissione Europea potrebbe, anzi dovrebbe, chiedere allo Stato italiano di farsi ridare 5,4 miliardi da Mps. La procedura di infrazione può essere aperta nei 10 anni successivi. Ma credo che ci arriverò molto molto prima ». L’ex banchiere, che oggi gestisce anche il fondo attivista Bluebell, ricorda: «Da un verbal e riservato della Bce, di cui allora Mario Draghi era presidente, risulta che le autorità di controllo erano al corrente che Mps già dal 2015 ometteva svalutazioni sui crediti per 7,55 miliardi di euro ed aveva zero capitale: era fallita».
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