Il Tesoro prepara l’uscita dal capitale di Monte dei Paschi e, al momento, l’ipotesi più probabile è quella di una fusione con Bpm. E ieri, secondo quanto scrive l’agenzia Reuters, il numero uno di Bpm Giuseppe Castagna si è recato presso la sede milanese di Mps, dove ha incontrato la nuova presidente dell’istituto senese, Patrizia Grieco.
La soluzione non è dietro l’angolo. Il Tesoro si sta lavorando al decreto che dovrà stabilire i criteri dell’uscita e quella di una fusione non è l’unica strada contemplata nella bozza, ancora ad uno stadio molto preliminare, che sta circolando negli uffici del Ministero dell’economia. L’altra possibilità è quella di un collocamento di una parte della quota, con il Tesoro, al momento al 68%, che scenderebbe sotto al 30% in un primo tempo per poi dismettere progressivamente il resto della quota. Secondo l’impegni presi con la Commissione Ue, lo Stato deve dismettere la partecipazione entro il 2021. L’accelerazione del Tesoro sul dossier sarebbe motivata anche dalla volontà del governo di dare un segnale a Bruxelles in un momento nel quale sul tavolo della concorrenza Ue sono in arrivo le carte di altri interventi statali pesanti e – per le casse pubbliche – onerosi, da Alitalia alla ex Ilva.
È qui che s’inserisce Bpm. Ieri fonti dell’istituto smentivano che l’incontro milanese tra Castagna e la Grieco sia servito per parlare della fusione. Secondo quanto ricostruito però Castagna vedrebbe con favore questa operazione, che consentirebbe all’istituto di uscire dall’angolo dove rischia di trovarsi se dovesse andare in porto l’ops di Intesa su Ubi Banca. Per questo, Castagna potrebbe contare anche sui buoni uffici del suo presidente, Massimo Tononi: già presidente di Mps nominato dal Tesoro stesso, ex dirigente del ministero e in ottimi rapporti con il direttore generale del Mef, Alessandro Rivera, che ha in mano in prima persona le partite bancarie.
In più, la cessione del pacchetto di crediti deteriorati e Utp da oltre 8 miliardi annunciato ieri da Mps «pulisce» di fatto l’istituto, rendendolo ancora più appetibile. Il compratore, Amco, è però ancora un soggetto pubblico. Da qui la richiesta di Bruxelles di preparare la cessione della quota per separare definitivamente i destini di good bank e bad bank, che resta in mano pubblica.
La quadratura del cerchio è però ancora lontana: il primo ostacolo è di natura politica e tutto interno al governo, con i grillini per nulla contenti della soluzione «di mercato» preparata dal Mef. Non a caso ieri proprio ai grillini veniva imputata la fuga di notizie sull’avvicinamento di Bpm. La seconda più finanziaria e tutta interna a Bpm. Per fare l’operazione Mps, spiega una delle fonti interpellate, a Bpm servirebbero almeno 4 miliardi, una parte dei quali da reperire sul mercato. Non proprio uno scherzo, nell’era post-Covid.
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Gianluca Paolucci