IL MODELLO ROVESCIATO

A chi parla l’arcivescovo

di Paolo Ermini

Riposo, bellezza, contemplazione, pace: su queste quattro parole il cardinale Betori ha costruito l’omelia per San Giovanni Battista. L’omelia tradizionalmente più politica dell’anno. Quella con cui, in occasione della festa del Patrono, l’arcivescovo si misura con le attese, le ansie, le speranze della città. Tanto più in questo 2020, con Firenze sotto schiaffo per gli effetti economici della pandemia.

Betori è andato dritto al cuore del problema. Citando a lungo Giorgio La Pira ha esortato la città a voltare coraggiosamente pagina. Guardando ai valori più profondi della sua storia, che possono ancora orientarne le scelte. Da uomo di Chiesa, si è ben guardato dall’entrare nella concretezza delle misure da prendere. Ma ha fatto di più: senza un filo di polemica, e senza mai menzionare il potere civile, ha delineato un tipo di sviluppo diametralmente opposto a quello finora imperante. Parlando di riposo, di bellezza, e di contemplazione e di pace, Betori non ha delineato una Firenze imbambolata, lenta, compiaciuta nello specchiarsi. Tutt’altro. L’obiettivo è piuttosto quello di ripensare la contemporaneità, e i bisogni di una città proiettata nel futuro, attraverso la cultura, l’umanesimo laico e cristiano, la dignità del lavoro. Basta cercare le parole che hanno un significato contrario a quelle scandite ieri in Santa Maria del Fiore per capire come da piazza San Giovanni si vedeva la Firenze pre-Covid: insonne, usurata, superficiale e rissosa. E non c’è niente da aggiungere per capire che il riferimento è prima di tutto alle cronache che testimoniano la progressiva scomparsa della convivenza civile.

È stato un appello forte ad alzare la posta, a superare gli interessi di parte, a trovare un’armonia di fondo. A ridare alla città un’anima, che sia il nuovo principale motivo di attrazione. Anche per un turismo rigenerato, voglioso di condividere un modo di vivere, più che di consumare. Forse è stato il richiamo più esplicito alla responsabilità della classe dirigente fiorentina (compresa quella che sta dentro il mondo cattolico) dal momento del suo insediamento sulla cattedra di San Zanobi. Nel quadro tracciato ieri da Betori c’è molto di quello che tanti fiorentini vorrebbero lasciare come eredità pubblica ai loro figli e ai loro nipoti.

Adesso speriamo che ci sia risparmiata la solita scia di stizzite banalizzazioni. O di adesioni di facciata.

 

 

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