di Andrea Greco
MILANO — Se Mps resta in vetrina, e il cerchio dei potenziali “mariti” si stringe, il triangolo con Banco Bpm e Bper dal 2021 potrebbe essere una soluzione. Ci ha creduto la Borsa ieri, anche ascoltando il ministro dell’economia, Roberto Gualtieri, primo socio a Siena: «Il Tesoro sta lavorando molto bene e voglio fare i complimenti all’amministratore delegato e a tutti i manager. I dati sono molto positivi, discutiamo con l’Europa positivamente per una pulizia ulteriore dei crediti e nei tempi previsti arriverà la soluzione».
Lo scacco di Intesa su Ubi, unica che seriamente provò a rilevare Mps (con offerta approvata dal consiglio di gestione nel luglio 2016) elimina un candidato per il Tesoro, che ha il 68% del Monte e un impegno con l’Europa a cederlo entro il 2021. La fermezza del ministro ha fatto piovere acquisti sull’azione Mps, +11,46% perché si ritiene che le inseguitrici di Intesa Sanpaolo dovranno fondersi tra loro, e il premio del 28% offerto ai soci Ubi possa essere replicato. Anche Banco Bpm (+1,91%) e Unipol (+2,77%) sono salite. Trascurata Unicredit, il cui ad Jean Pierre Mustier ha ribadito «di non aver alcun interesse a fare fusioni e acquisizioni: non verremo coinvolti in alcuna transazione». L’ad di Banco Bpm Giuseppe Castagna, concentrato sul piano strategico che presenta il 3 marzo, ha glissato: «Noi stiamo facendo un piano in solitaria, reduci da una fusione importante e andremo avanti per la nostra strada». Per Equita sim proprio la sua banca è quella che «beneficia maggiormente » delle pressioni a nuove fusioni, per diversi fattori: quota a sconto rispetto alle rivali, «ha un azionariato molto frazionato e una governance non stabile» e ha «molto migliorato il profilo di rischio».
I fautori del “triangolo” lo ritengono lo scenario — residuo — più razionale per dar vita al terzo polo bancario, da 10 miliardi di capitalizzazione. È probabile se ne sia parlato anche nei contatti tra i vertici di Intesa e quelli del Tesoro, in occasione del blitz su Ubi. Tale menage , oltre che sgravare il Tesoro, ha tra i vantaggi che offre sinergie di costo e di ricavo, e dà un assetto italiano a tre banche rilevanti. Ci sono però almeno tre ostacoli da superare a riguardo. Il primo e più gravoso è l’eventuale ricapitalizzazione — a nove zeri — richiesta dalla Bce a fronte di una fusione che aumenta i rischi sistemici. Il secondo è la presenza pubblica nel capitale, maggioritaria anche dopo aver diluito le tre banche. Il terzo riguarda la “governance”: chi comanda, dove starà la direzione generale? Sono rovelli non da poco. Vero è che i discreti rapporti tra il governo e qualche protagonista potrebbero giovare. Si parla di Unipol e Fondazione Sardegna, insieme al 30% di Bper; del futuro vertice di Banco Bpm, dove con Castagna arriva Massimo Tononi; delle Fondazioni Crt, Lucca, Cariverona, Alessandria, insieme al 3,7% di Banco Bpm. Ma niente potrà cominciare fino al 2021, quando Bper avrà digerito i 500 sportelli Ubi e loro clienti che Intesa le promette ora. Soprattutto, nessun discorso può iniziare senza uno schema “di mercato” che convinca gli investitori dei fondi, egemoni dentro Banco Bpm.