Il magnifico Filippo

Brunelleschi il gioco dell’uovo e la sua sfida vinta
di Gregorio Moppi Filippo Brunelleschi era reputato l’uomo più intelligente che abitasse la Firenze del Quattrocento, eppure, quando si trattò di affidargli l’edificazione della Cupola di Santa Maria del Fiore, i concittadini contestarono l’attuabilità della sua idea. In effetti lui spiegò poco di quel che davvero avrebbe fatto per tirarla su, al punto che ancora oggi, a seicento anni dalla posa della prima pietra, gli studiosi si scervellano per afferrarne il segreto costruttivo. Disse soltanto che non avrebbe usato centine, cosa che parve incredibile e rischiosissima poiché si temeva che la Cupola sarebbe crollata su se stessa durante i lavori. «Prima di approvare alcunché, l’Opera del Duomo pretendeva di vedere il progetto. Filippo, temendo che una volta mostrato gli venisse copiato da qualcun altro, per convincere tutti della validità della sua intuizione sfoderò l’ironia » , racconta Antonio Natali, storico dell’arte già direttore degli Uffizi, oggi nel cda dell’Opera. « Propose che la commissione di esperti si cimentasse nell’impresa di far stare in piedi sul tavolo un uovo, e a chi ci riuscisse venissero affidati i lavori della Cupola. Ovviamente fallirono tutti. E quando toccò a lui, ” datoli un colpo del culo in sul piano del marmo, lo fece star ritto”, riferisce Giorgio Vasari oltre un secolo dopo. Al che gli altri replicarono che a quel modo sarebbe riuscito a chiunque, e Filippo, di rimando, che anche loro avrebbero saputo tirar su la Cupola se lui gli avesse presentato il disegno. Perciò, che lo lasciassero fare». Si tratta probabilmente di una leggenda, che poi ricomparirà nell’aneddotica su Cristoforo Colombo – tant’è che si parla di “uovo di Colombo”. Vera o inventata che sia la storiella, certo è che Brunelleschi fu comunque un artista dalle mille virtù. «Come in seguito Leonardo da Vinci, pure lui si esercitò in ogni campo dello scibile, dalla poesia allo studio dell’antico, a tutte le declinazioni dell’arte e alla scienza ( era amico del matematico Paolo Dal Pozzo Toscanelli). Non c’era costruzione che si progettasse in città per cui non fosse richiesto il suo parere e pure da fuori se ne sollecitava la consulenza » , spiega Natali. « Sembra impossibile credere, ci dice Vasari, che la mente di quell’artista così piccolo e brutto sapesse risolvere tutti i problemi che gli venivano sottoposti. D’altronde Brunelleschi era uno dei tanti frutti splendidi della Firenze dell’epoca: una città non grande, ma vasta per gli ingegni che vi risiedevano e le relazioni culturali che si innescavano fra persone d’ogni interesse e mestiere. Brunelleschi, per dire, era in rapporto con Masaccio, Donatello, Alberti, Ghiberti, e con la cerchia di umanisti che orbitavano attorno a Cosimo il Vecchio. Il quale gli commissionò l’ideazione del suo palazzo in via Larga, l’odierna via Cavour, ma poi, considerato che la grandiosità del progetto proposto da Filippo avrebbe potuto alienargli la simpatia dei fiorentini si rivolse a Michelozzo, che invece disegnò un edificio più austero » . La biblioteca di Cosimo abbondava di testi classici, e soprattutto Cicerone era assai studiato. « Brunelleschi ne conosceva gli scritti, e se ne appropriò, in architettura, dei princìpi dell’oratoria attraverso l’idea che quanto non è utile non è nemmeno bello e che il decoro ( di un edificio, per esempio) è sempre legato alla sua funzionalità » . Se l’Opera si fece convincere da Brunelleschi ad affidargli la Cupola, non gli lasciò comunque campo libero. Accanto gli mise Lorenzo Ghiberti, per tenerlo d’occhio. « D’altronde i proponimenti di Filippo non sembravano fondati sulle leggi della fisica, mentre era chiaro a tutti come Ghiberti – che godeva di molti appoggi e simpatia – fosse, sì, meno preparato di lui nelle questioni ingegneristiche, però avesse la testa sulle spalle». Sebbene spesso antagonisti, i due si stimavano. La prima volta che si erano trovati a concorrere l’un contro l’altro era stato per le porte del Battistero, nel 1401. Vincitori ex aequo, Filippo si era tirato indietro, lasciando campo libero al rivale. « Invece per la Cupola, su cui fioriva il chiacchiericcio di piazza fra chi la vedeva già giù e di chi parteggiava per il progetto, Brunelleschi era consapevole che senza di lui l’opera non si sarebbe potuta compiere. Per dimostrarlo, una volta si dette malato: portasse avanti il lavoro Ghiberti, se ne era in grado. Finì che lo implorarono di tornare».
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