Il destino della scuola è oggetto di aspre contese parlamentari, scontri intra-governativi e trattative con i sindacati. Ma come sarà possibile tornare in classe a settembre, di fatto, ancora nessuno lo sa. È questo il quesito che anima la protesta che porta oggi in piazza genitori, studenti e insegnanti in oltre venti città italiane. «Distanziati di due metri, con le mascherine e tutte le tutele del caso, ma siamo in piazza. A dimostrazione che non c’è nessuna contrapposizione tra il diritto alla salute e quello all’istruzione» spiega Enrica Rigo, del Comitato dei genitori della scuola Enrico Toti e attivista di Non Una Di Meno.
DALLE ASSOCIAZIONI di genitori, e con il supporto di insegnanti e di altre figure della comunità educante, è nata la rete «Priorità alla scuola». La scintilla è scattata da una lettera alla Ministra Lucia Azzolina, pubblicata il 16 aprile, che chiedeva risposte sul destino di 8, 4 milioni di studenti. L’appello non ha mai ricevuto risposta , ma ha raggiunto oltre 80 mila firme, aprendo uno spazio di confronto e di auto-organizzazione.
IN MOLTE CITTÀ la protesta di oggi è sostenuta anche dalla rete femminista Non Una Di Meno. Domani dalle 16 alle 18 ospiterà sulla sua piattaforma digitale l’assemblea pubblica «Che fine ha fatto la scuola» per dare continuità al percorso che si è aperto nell’eccezionalità della crisi sanitaria. «Sull’istruzione è mancato un piano di intervento, come se non fosse una questione rilevante. Si fa affidamento implicitamente sulla presenza delle donne, mamme, nonne, zie e vicine di casa, il cui lavoro triplicato fa da pilastro alla riapertura delle attività produttive. Vorremmo che le istituzioni si impegnassero per la riapertura delle scuole almeno quanto lo hanno fatto per le fabbriche e attività commerciali» sostiene Enrica Rigo.
PIÙ FONDI per l’istruzione, più spazi e più risorse per stabilizzare i precari, sono alcune delle istanze portate in piazza oggi. Centrale è soprattutto la difesa della scuola in presenza. Lo stop di oltre tre mesi ha messo in luce le lacune del sistema educativo: la dispersione scolastica, le differenze economiche che fanno da ostacolo all’apprendimento, la mancanza di risorse specifiche per seguire chi presenta disabilità, e l’importanza dell’ambiente scolastico per chi manca di uno sostegno familiare, come i ragazzi delle case famiglia.
«CI SI È FINALMENTE resi conto di quanto l’insegnamento sia soprattutto un’attività di cura e relazione – racconta Girolamo De Michele, insegnante in un liceo di Ferrara e attivista – In poche settimane il mito della didattica a distanza si è sfaldato completamente, ma manca una progettazione sulla riapertura. Si pensi solo che per fare gli esami di maturità in presenza sono stati approvati protocolli che non fanno alcun accenno ai tamponi. Si continuano a istituire comitati e commissioni di esperti senza aprire un dialogo con chi la scuola la vive ogni giorno».
DAL MINISTERO dell’Istruzione ancora non sono arrivate indicazioni. Il Comitato di esperti, composto in maggioranza da docenti universitari e guidato dal Prof.di Economia ed ex assessore regionale dell’Emilia Romagna Patrizio Bianchi, non ha ancora reso pubblici i suoi lavori e si attende per la prossima settimana un decreto scuola. Nel Decreto rilancio, intanto, sono stati stanziati 331 milioni da investire nella sanificazione degli spazi e nell’acquisizione di materiali sanitari per la riapertura, e per la manutenzione degli edifici.
«Come genitori ci stiamo muovendo già a livello territoriale» dice Giovanni Castagno, istruttore sportivo e membro dell’associazione di genitori della scuola Di Donato di Roma. «Non c’era un attivismo così forte dai tempi della riforma Gelmini. Abbiamo fatto un’assemblea con oltre 50 associazioni lo scorso sabato, e ieri un’audizione alla regione Lazio con le consigliere Bonafoni e Lombardi. Si discute di spazi, mappature territoriali e progettazione della didattica outdoor. Se aspettiamo che si muovano i vertici ministeriali a settembre ci ritroviamo esattamente come adesso, cioè impossibilitati a ricominciare». Tra le diverse esigenze che si incrociano nel mondo della scuola quelle tra insegnanti e genitori sembrano a volte entrare in conflitto, ma emergono anche punti comuni.
«LA DIDATTICA a distanza ha significato la triplicazione delle ore di lavoro, per riuscire a seguire gli studenti online divido la classe in tre gruppi e faccio la lezione tre volte – racconta Serena Orazi insegnante delle scuole medie e del collettivo Cattive Maestre – La cosa su cui siamo tutti d’accordo, genitori, insegnanti, personale scolastico, è che la scuola italiana si trova a fronteggiare questa emergenza in uno stato di devastazione che dura da anni»