Corriere della Sera – Cristina Taglietti – 18/08/2017 pg. 49 ed. Nazionale
«Lo spazio della memoria» (Pendragon), quasi un’autobiografia del critico Giulio Ungarelli
Giulio Ungarelli ha compiuto novant’anni il 17 luglio scorso e la casa editrice Pendragon lo festeggia con un volumetto che si intitola Lo spazio della memoria. Frammenti di ricordi e notizie . Raffinato studioso del Novecento e in particolare di Carlo Emilio Gadda a cui ha dedicato saggi come L’Ingegner Fantasia e di cui ha curato la pubblicazione di carteggi e documenti, Ungarelli spiega nella prefazione l’origine di questo libro nato da testi inviati a Laura Xella, compagna del francesista Guido Neri, grande amico del critico, scomparso nel 1992.
Il libro si compone di 4 parti (più un commiato) che, rapsodicamente, ricostruiscono la biografia dello studioso, bambino in Libia al seguito del padre durante l’avventura coloniale italiana, ragazzo a Bologna dove è stato studente del liceo Galvani, poi, brevemente, impiegato in ferrovia e, sempre, grande amante dei libri.
Sono ricordi sparsi spesso passati attraverso il setaccio famigliare, o meglio, come scrive Ungarelli, attraverso «quella terribile lente deformante»: il padre, le sue frequentazioni, le liturgie dell’epoca fascista e le consuetudini casalinghe riaffiorano dal passato con nitidezza. Ci sono divagazioni e ritratti, a volte realizzati con poche, efficaci pennellate.
C’è il rapporto tra due grandi professori dell’Università di Bologna, Roberto Longhi e Carlo Calcaterra, «il diavolo e l’acqua santa», il provocatore e il pudico, costretti, dall’ordinamento, a condurre insieme le sessioni d’esame. C’è il Caffè Zanarini dove, dopo la guerra, a un tavolino temutissimo sedevano Giorgio Morandi, Roberto Longhi, Galvano Della Volpe e un piccolo stuolo di pittori e letterati locali. Da quel tavolino partivano, ricorda Ungarelli, i pettegolezzi più velenosi, le battute più acri, i calembour più pungenti, anche perché «corrispondenti fuori sede di quell’accademia» erano Mino Maccari a Roma e Leo Longanesi a Milano. Ci sono anche delle «memoriette» ferroviarie risalenti agli anni in cui Ungarelli venne assegnato a un piccolo ufficio ispettivo, anche se, ricorda, «di amministrazione e peggio di contabilità ferroviaria non ne capivo nulla».
I libri sono sempre presenti: l’educazione letteraria comincia nella libreria di casa quando, bambino, viene incaricato della pulizia primaverile dei volumi, per proseguire, in modo più sostanziale, durante la preparazione per l’ammissione da privatista al liceo classico, con le lezioni di un vecchio professore carducciano e poi con il poeta Gaetano Arcangeli che di Ungarelli fu insegnante di latino al Galvani.
Un posto d’onore tra i ricordi lo occupa, naturalmente, Gadda. Tra le pagine che Ungarelli gli dedica c’è anche un breve, fulminante resoconto del rapporto che legava lo scrittore al suo editor, Gian Carlo Roscioni, il «dottor Roscioni» che, nella lunga, giornaliera consuetudine di lavori sulla Cognizione del dolore si trasformò in un insostituibile segretario particolare, che lo accompagnava anche dal barbiere.