Sergio Balestracci
1. L’Archivio dell’Opera del Duomo
L’archivio musicale dell’Opera del Duomo di Siena costituisce uno dei più importanti fondi musicali della città e contiene opere a stampa e manoscritte, in diversi casi autografe, per lo più di musica sacra, con una limitata presenza di composizioni profane e strumentali, collocate in settantanove scatole o faldoni. Il catalogo ad uso interno dell’archivio è lacunoso e presenta numerose inesattezze tanto che per lo studio del patrimonio risulta più attendibile la versione online del Répertoire International des Sources Musicales (d’ora in avanti RISM, peraltro anch’esso non privo di imprecisioni). Il nucleo centrale di questo fondo di manoscritti e opere a stampa è costituito dalle composizioni dei maestri che si sono succeduti al Duomo di Siena dalla fondazione della cappella musicale nei primi anni del Cinquecento fino al Novecento inoltrato, nonché dalle musiche d’uso provenienti da altre cappelle. Ciò che colpisce è la scarsità di composizioni dei maestri cinquecenteschi, compreso il ben noto Francesco Bianciardi (Casole d’Elsa, 1571/2-Siena, 1607), che pubblicò alcune raccolte a Venezia poi riprese in area tedesca. Unica eccezione sono alcuni volumi di Messe a più voci di Andrea Feliciani (Siena, ?-Siena, 1596), il Missarum cum quatuor, quinque, et octo vocibus, liber primus stampato a Venezia da Giacomo Vincenti e Ricciardo Amadino nel 1584 e una raccolta manoscritta in cui sono legate insieme alcune messe di quest’autore con altre di Crivelli, Palestrina, Cifra e Orlandi. Di Feliciani si conserva anche la sola parte del Quintus de Il primo libro de madrigali a sei voci (Venezia, Vincenti e Amadino, 1685), mentre della Missa Ave maris stella si conserva una trascrizione in partitura del 1854, lacunosa e inattendibile. Bisogna arrivare a Marcantonio Tornioli (Siena c. 1580-Siena c. 1617), maestro di cappella dal 1607 al 1609, di cui peraltro è conservata solamente una raccolta di mottetti, per arrivare a una certa continuità cronologica.
Poco più consistente è il numero delle composizioni di Agostino Agazzari (Siena, 1578-Siena, 1640), del quale sono degne di essere ricordate qui le Litaniae beatissimae virginis opera 21 (Roma, Bianchi 1639) e il Sertum Roseum ex plantis Hiericho (Venezia, Amadino, 1611) contenente mottetti da una a quattro voci. Di Cristofano Piochi (Foligno, c. 1600-Siena, c. 1675) rimangono una raccolta autografa di mottetti datata 1672, due introiti per la prima domenica dell’Avvento e per quella prima dell’Epifania, il Primo libro di madrigali da due a quattro voci del 1626 (Venezia, Vincenti), i Responsoria feria quarta, quinta, & sexta hebdomadae sanctae decantenda del 1669 (Bologna, Monti) a quattro voci, riscritti posteriormente in modo semplificato da Tommaso Redi, con dedica del 1707. Di Giovanni Andrea Florimi (Siena, ?-Pistoia, 1683), vicemaestro al tempo di Piochi, sono i Flores melliflui a otto voci, dedicati alla Vergine Maria (Bologna, Monti, 1676); di Pier Maria Signorini (Ancona, ante 1640-?, post 1689), maestro di cappella fino al 1685, restano manoscritti i Salmi di terza a otto voci del 1650, un Nisi Dominus a 5 con violini e salmi per l’ufficio funebre.
Più consistente il numero di composizioni di Giuseppe Fabbrini (Siena, ?-Siena, 1708), succeduto al Signorini e maestro di cappella fino al 1705. Di quest’autore rimangono, in forma manoscritta, sette introiti a quattro voci o a otto in due cori, per i diversi momenti dell’anno liturgico, la sequenza Victimae paschali a quattro, soli e tutti, salmi e Magnificat con e senza violini, la Messa di San Raimondo del 1696 a quattro con violini, la Messa “fatta a dispetto” dello stesso anno e con lo stesso organico, la Messa dei Santi Angeli custodi a quattro del 1707 con violini, tiorba obbligata e con parti di cornetto che sembrerebbero testimoniare, ancora ai primi del Settecento, l’uso di questo strumento durante le funzioni liturgiche. Vi sono inoltre In te Domine speravi a due cori, Laudate pueri per soprano, contralto, due violini e organo, diversi inni, tra cui un Veni creator a quattro e uno a otto voci, Tantum ergo a contralto solo, responsori a due cori e antifone per la festa di Ognissanti. Di Giuseppe Ottavio Cini (Siena, 1660-Siena, 1708), maestro di cappella nel 1708, si conservano solo i Salmi di Terza a quattro voci brevi; di Giovanni Domenico Mazzuoli, maestro di cappella fino al 1714, vi è solo l’Introito per la consacrazione della Chiesa a otto voci con violini, del 1731. Mancano del tutto le composizioni di Jacopo e Fausto Frittelli, il secondo dei quali resse la cappella metropolitana fino al 1765; di lui il Morrocchi ricorda due Compiete di cui non c’è traccia nelle partiture giunte fino a noi. Molte sono invece le composizioni di Paolo Salulini (Siena, 1709-Siena, 1780), maestro di cappella dal 1765 al 1780, allievo di Azzolino della Ciaia, violinista rinomato, la cui musica meriterebbe una riscoperta moderna per la sua qualità. Di lui si conservano alcuni introiti, sei messe o parti di messa per soli, coro e orchestra, datate tra il 1774 e il 1779, diversi versetti di graduali per varie ricorrenze dell’anno liturgico, Magnificat e salmi per soli, coro e orchestra con oboi e corni da caccia, numerose antifone, sia a cappella, sia con orchestra, che coprono il servizio dell’anno intero. Il suo allievo Luigi Borsini (Siena, 1750-Siena, 1786) tenne la cappella fino alla morte. Sue composizioni sono presenti sia all’Archivio del Duomo, sia nel fondo dei manoscritti della Biblioteca Comunale degli Intronati. Al Duomo troviamo due suoi introiti, a quattro e a otto, una messa completa e un Credo a quattro voci, un Magnificat del 1780, un Laetatus del 1783 a quattro voci e orchestra, alcuni versetti e antifone per l’Ascensione. Anche del suo successore, Luigi Alessandri (Siena, 1736-Siena, 1794), maestro di cappella fino al 1794, rimangono diverse partiture: vari inni e mottetti (per l’Assunta, per la Circoncisione, per Sant’Ansano, per la Pentecoste, per Santo Stefano, per la Pasqua, per la festa dei Santi Pietro e Paolo, per il Natale), Magnificat e salmi a quattro voci, responsori per la settimana santa a tre voci e alcune antifone.
Nel 1796 ad Alessandri successe Francesco Ceracchini (Sinalunga, 1768-Siena, 1824), dopo essere stato organista dal 1789. Già attivo come autore di melodrammi (Antigono per il Teatro alla Pergola su libretto del Metastasio nel 1794, Elisa e Alceo «rappresentato in Siena» nel 1797), di Ceracchini è conservata la Messa da requiem eseguita nel Duomo per il funerale di Ludovico I Re d’Etruria il 22 agosto 1803, altre messe per due tenori e basso a cappella o con orchestra e diversi inni, salmi, le antifone Regina caeli, Salve Regina, litanie con e senza strumenti per le varie ricorrenze dell’anno, con persistente predilezione per le voci maschili. Le sue composizioni manoscritte sono datate a partire dal 1791 per tutto il primo quarto dell’Ottocento. Ancor più nutrito il corpus delle musiche di Michele Concialini (Siena, ?- Siena, post 1852), divenuto maestro di cappella nel 1834, la cui attività si estende nella seconda metà del secolo. Ai diversi introiti a tre voci si aggiungono diverse messe e parti di messa (Credo a tre voci e orchestra del 1836, Credo a cappella del 1835, Credo a tre voci del 1837, Kyrie a tre voci con orchestra del 1825, Messa pastorale del 1875, Gloria breve del 1845, varie messe complete, Gloria del 1836, Messa per tenore e basso con orchestra del 1845, due messe da requiem del 1838, due Credo, sempre per due tenori e basso), trascrizioni da Asioli e Pitoni per voci maschili (riduzione a questo organico di una messa a sei di Ettore Romagnoli), vari Alleluia e versetti per soli, coro, con e senza orchestra, Ave Regina caelorum per Porta Camollia a tre voci, Mottetto per le Rogazioni a Porta Tufi, offertorio per basso, coro e organo, diversi salmi a tre, tra cui una riduzione dei salmi di Francesco Zanetti, varie antifone, tra cui Ecce sacerdos magnus per la venuta a Siena di Pio IX nel 1857, diversi inni (Ave maris stella, varie intonazioni del Tantum ergo, di cui una per soprano, contralto, coro e organo), Veni creator a cappella o con strumenti, responsori della settimana santa per due tenori e basso, due viole, violoncello e contrabbasso del 1842, litanie concertate, vari versetti (per Sant’Ansano, per Santo Stefano, per il Natale, per la festa di San Giuseppe, ecc.), Salve Regina per tenore, coro, violoncello, trombone del 1834.
Il secolo si chiude con la copiosa produzione di Pietro Formichi (Sinalunga, 1829-Siena, 1913), il famoso autore della marcia del Palio di Siena. Anche di questo autore restano diversi introiti a tre voci e organo, messe a tre voci e orchestra (degna di menzione la Messa a grande orchestra del 1863 per contralto, due tenori e basso), Agnus Dei a tre voci e orchestra, diversi Alleluia a cappella e con organo, litanie a tre voci a cappella, diversi mottetti (Sacerdos et pontifex per tre tenori e organo), salmi (Miserere del 1885 per tre voci virili, viole, violoncello e contrabbasso) e un’Ave Maria a quattro voci del 1884. Tra le composizioni di questo autore troviamo anche una sinfonia con clarinetto obbligato, due brani con tromba obbligata chiamati «armonie», due con trombone obbligato (1858).
Oltre alle composizioni dei maestri di cappella, l’Archivio dell’Opera del Duomo conserva anche quelle di alcuni organisti. Tra quelli più significativi vi è il senese Pietro Lenci (1743-1806) di cui si conservano messe a tre e quattro voci, salmi e Magnificat con violini, responsori della settimana santa a tre e quattro voci e un’introduzione della Via Crucis. Non è sempre facile distinguere la musica di quest’autore da quella del figlio Giuseppe Lenci, anch’egli organista del Duomo, di cui si conservano diversi salmi a due voci, alcune messe a due voci e organo, una a tre voci dedicata al cardinale Felice Zondadari nel 1817, sei versioni del Tantum ergo a due tenori e due preghiere a due soprani con accompagnamento di pianoforte.
Dell’organista Giulio Cesare Meini (1809-1872) rimangono diverse partiture datate tra il 1824 e il 1869; tra queste si segnalano i responsori a tre voci, varie messe, tra cui una Missa pro defunctis, una a due voci a cappella, una a due tenori e organo, un’altra a più strumenti, una per Santa Cecilia, eseguita in Duomo nel 1876, una a tre voci strumentata per banda, Salmi per i vespri a tre voci, una messa a tre voci per soli e ripieni. Della fine dell’Ottocento è anche l’organista Giuseppe Bernini (Siena, 1834-?), nella cui produzione sacra troviamo un Inno a Santa Caterina a quattro voci e armonium, uno per Santa Teresa per la chiesa del Carmine, un Kyrie e Gloria con orchestra, una messa per contralto, tenore, basso e organo, due Pastorali per il Natale, una messa per contralti, una messa a tre voci con armonium o quartetto d’archi, un’Ave Maria per baritono, Salmi della Beata Vergine a tre voci maschili, una lauda a Maria Santissima cantata a Pari nel 1868, vari inni, tra cui uno per soprano, contralto e armonium per Sant’Antonio da Padova, Litanie della Beata Vergine. Accanto alle composizioni sacre troviamo alcuni scherzi musicali dal curioso titolo: Il venditor di zenzeri per contralto, tenore e baritono, La festa del villaggio, Un pranzo di zucche, L’addio delle alunne, l’operetta L’ispezione scolastica, un altro scherzo per flauto e quartetto d’archi, una sinfonia per orchestra, una musica d’occasione per un onomastico, a testimoniare una certa leggerezza di questo autore nel modo di concepire la musica, specchio della sua epoca. La sua musica manoscritta reca date comprese tra il 1868 e il 1883; l’Inno a Santa Bibbiana fu eseguito nella Contrada dell’Onda per la festa della Santa il 2 dicembre 1917.
Come si è detto, sono presenti nel fondo anche composizioni sacre di autori particolarmente noti ma non appartenenti all’ambito senese. Tra queste figurano esemplari di alcune messe a quattro voci di Palestrina (nell’emissione romana del 1689, del libro secondo nell’emissione del 1598 e del libro settimo in quella del 1605), due Tantum ergo e le Litanie di Palestrina di Luca Marenzio ci sono esemplari incompleti dei madrigali a cinque (Primo libro nelle emissioni veneziane del 1581, 1582, 1587 e 1602, Secondo libro del 1593, Terzo libro del 1595, Quarto libro del 1594, Quinto libro del 1594 e 1605, Sesto libro del 1594, Settimo libro del 1600, Ottavo libro del 1598, Nono libro del 1601) e a sei voci (Primo libro del 1581 e 1584, Quarto libro del 1587). Di Giovanni Montomoli, attivo a Livorno nel Seicento, si conservano diversi graduali a quattro voci per le diverse ricorrenze dell’anno e alcuni salmi a quattro voci manoscritti; di Giovanni Paolo Colonna si trovano i Salmi brevi per tutto l’anno a otto opera 1 del 1681, le Litanie a quattro voci opera 4 del 1682, le Messe piene a otto opera 5 del 1684, la Messa, salmi e responsori per li defonti a otto opera 6 del 1685, la Compieta opera 8 del 1687, le Messe e salmi concertati opera 10 del 1691 e i salmi vespertini opera 12 del 1694. Di Giovanni Battista Bassani vi sono le Messe concertate op. 18 del 1698, la Messa per li defonti opera 20 del 1698, i Salmi di compieta opera 10 del 1691, i Salmi da tre a cinque voci opera 21 del 1699, il Davidde armonico opera 24 del 1700, i Salmi a otto voci opera 30 del 1704, le Antifone sacre a voce sola opera 26 del 1701 e le Cantate morali opera 4 del 1690. Rilevante anche la presenza di composizioni di Giovanni Carlo Maria Clari – maestro di cappella a Pisa e attivo soprattutto nella sua città, oltre che a Firenze e a Pistoia, del quale si conservano due Stabat mater a quattro voci, un Dies irae per soprano, contralto e strumenti, Salmi a otto voci, Responsori a quattro voci e Lamentazioni della Settimana santa, oltre ad un duetto comico Il musico ignorante, tutti manoscritti – e del suo allievo Giovanni Gualberto Brunetti. Di quest’ultimo sono presenti nell’archivio musicale una messa a tre voci con strumenti obbligati, una messa da requiem, una messa concertata a quattro voci e una messa di Natale a quattro con archi, tre Credo con strumenti, un Veni Creator e un Veni Sancte Spiritus, il mottetto per basso Inter undas furibundas, i Salmi a quattro voci del 1791, le Lamentazioni a due voci del mercoledì, del giovedì e del venerdì santo manoscritte.
Di Nicolò Jommelli si conservano i manoscritti di un Veni Sancte Spiritus, di un Requiem, dell’oratorio Isacco figura del Redentore e la Passione su testo del Metastasio; del volterrano Francesco Zanetti, accademico filarmonico, sono presenti alcune messe con strumenti, diversi salmi a quattro voci, un Magnificat concertato a quattro, l’oratorio Il trionfo di Giuda Maccabeo a quattro voci, del 1779. Alla fine del Settecento appartengono anche le musiche di Gateano Corucci: litanie per soprano, contralto e archi, un Credo e una messa completa con strumenti obbligati, diversi salmi e inni con orchestra in diversi casi con trombe, corni e oboi ad libitum. Di Giovan Battista Martini troviamo una messa a quattro voci, un’altra raccolta di messe, due Ave maris stella, tre intonazioni delle litanie.
A cavallo tra Otto e Novecento figurano composizioni manoscritte di Oreste Ravanello, egregio organista e primo direttore dell’istituto “Pollini”, oggi Conservatorio, di Padova (Litanie della Beata Vergine, introiti, diverse messe, fra cui una per Sant’Antonio a sei voci miste). Vi sono inoltre diverse composizioni di Luigi Bottazzo – varie messe, tra cui una per Santa Cecilia e una Missa defunctorum del 1925 – e molte musiche di Lorenzo Perosi: diverse messe, salmi, litanie e la Passione di Cristo secondo San Marco. Di Licinio Refice, professore alla Scuola Superiore di Musica Sacra in Roma, si conservano diverse messe a due o tre voci e organo; infine anche di Raffaele Casimiri, compositore, organista e musicologo, si segnala un Magnificat a tre voci e organo, un vespro completo a due voci virili, una Messa dei martiri e una Missa pro defunctis.
Nell’elenco delle composizioni manoscritte e a stampa, tra cui numerose adespote, figurano i nomi di molti compositori rappresentati da un’unica partitura o al massimo da due o tre titoli; tale elenco denota una prassi liturgica che nelle varie epoche spazia spesso oltre i limiti delle cappelle toscane. Diamo qui un breve elenco di questi compositori, tralasciando i nomi minori o sconosciuti, per lo più legati alla prassi musicale locale. Per il Cinquecento troviamo copie manoscritte o a stampa di Cipriano de Rore, Orlando di Lasso (Lyra Ecclesiastica), Andrea Gabrieli (i Concerti del 1587), Benedetto Pallavicino (Quarto libro de madrigali). A cavallo tra Cinque e Seicento si collocano le musiche di Antonio Cifra, Marco da Gagliano, Girolamo Frescobaldi, Claudio Monteverdi e Gasparo Torelli. Per il Seicento troviamo copie manoscritte e a stampa di Francesco Alessi, maestro di cappella del Duomo di Pisa, Giacinto Calderara di Casale Monferrato, Cristoforo Caresana (di cui si conservano tre dei quattro libri parte dei famosi solfeggi a due voci, ancora utilizzati al Conservatoire di Parigi ai primi dell’Ottocento, evidentemente utilizzati anche a Siena per l’insegnamento della musica), Maurizio Cazzati (Salmi di Compieta), Sebastiano Chierici, Alessandro della Ciaia, Giulio San Pietro de Negri (di cui rimane in questo fondo la raccolta intitolata Grazie ed affetti di musica moderna del 1613, con arie da una a tre voci e basso continuo, unico esemplare nel mondo pervenutoci), Ignazio Donati, Francesco Foggia, Michelangelo Grancino, Alessandro Grandi, Bonifacio Graziani, Carlo Grossi, Lorenzo Penna, Asprilio Pacelli, Francesco Petrobelli, Giuseppe Ottavio Pitoni, Giacomo Predieri, Giovanni Rovetta, Giovanni Legrenzi. A cavallo tra Sei e Settecento incontriamo i nomi di Angelo Bertalotti (come Caresana, famoso per i suoi solfeggi), Giovanni Bononcini, Giuseppe Ottavio Cini, Arcangelo Corelli (l’opera quinta), Azzolino della Ciaia, Johann Joseph Fux, Francesco Gasparini (entrambi questi ultimi rappresentati dalle loro opere didattiche, evidentemente usate nella scuola della metropolitana senese), Lorenzo Gregori di Lucca, Benedetto Marcello (alcuni salmi), Francesco Antonio Urio. Nutrita è la schiera dei compositori del Settecento: Paolo Benedetto Bellinzani, Antonio Bencini, Giuseppe Carcani, Girolamo Chiti, Francesco de Majo, Francesco Durante, Giuseppe Giordani, Pietro Alessandro Guglielmi, Michael Haydn, Giovanni Ferrandini (Il pianto di Maria, nel catalogo attribuito a Georg Friedrich Händel), Antonio Lotti, Vincenzo Manfredini, Carlo Monza, Giovanni Battista Pergolesi, Giacomo Puccini senior, Gregorio Sciroli. A cavallo tra Sette e Ottocento troviamo: Anton Diabelli, Simon Mayr, Saverio Mercadante (Le sette parole di nostro Signore), Deifobo e Ettore Romagnoli, Giacomo Tritto. Tra i compositori dell’Ottocento figurano Rinaldo Franci (con un Andante per viola da eseguirsi all’offertorio) e Charles Gounod (Messa in do maggiore per tre voci virili); a cavallo tra Otto e Novecento: Giovanni Battista Campodonico e Riccardo Zandonai.
2. La Biblioteca Comunale degli Intronati
La Biblioteca Comunale degli Intronati rappresenta a Siena uno dei poli culturali di maggior prestigio. Nata alla metà del Settecento con la donazione all’Università di Siena della biblioteca di Sallustio Bandini, andò via via arricchendosi di donazioni private, lasciti, interventi statali, acquisizioni dovute alla soppressione di conventi e varie istituzioni. Sebbene i libri di musica pratica non occupino un posto di primo piano tra i cinquecentomila volumi posseduti dalla Biblioteca, quelli a stampa per un verso e i manoscritti per un altro meritano l’attenzione degli studiosi; in questa sede ci occupiamo solo delle partiture, tralasciando una ricognizione sui non pochi trattati musicali, scritti sulla musica, scritti sul teatro e testi sugli strumenti musicali, che pure rivestono un non trascurabile interesse. Le opere a stampa non sembrano costituire un corpus di grande rilievo. Riportiamo di seguito un elenco cronologico desunto dai cataloghi della Biblioteca nei quali le diverse materie figurano tutte insieme, non suddivise, per ordine alfabetico dell’autore. Dal catalogo è evidente la presenza di diversi autori senesi accanto a compositori le cui opere circolavano diffusamente nella pratica liturgica delle diocesi italiane (Francesco Foggia, Giovanni Paolo Colonna) o di didatti di riconosciuta autorità (Enrico Glareano, Adriano Banchieri). Molte di queste opere sono mutile, mancando alcuni libri parte che fortunatamente sono per lo più reperibili altrove.
- Henricus Glareanus, Dodecachordon, Basel, Henrichum Petri, 1547.
- Andrea Feliciani, Missarum cum quatuor, quinque, et octo vocibus, liber primus (a 4, 5 e 8 voci), Venezia, Giacomo Vincenti e Ricciardo Amadino, 1584 (il solo libro parte del Tenore).
- Andrea Feliciani, Il primo libro de madrigali a sei voci, Venezia, Giacomo Vincenti e Ricciardo Amadino, 1586 (il solo libro parte del Tenore).
- Orazio Vecchi, Madrigali a cinque voci… libro primo, Venezia, Angelo Gardano, 1589 (il solo libro parte del Soprano).
- Bernardino Draghi, Il primo libro delle villanelle a tre voci, Venezia, Angelo Gardano, 1591 (il solo libro parte del Soprano).
- Giulio Romano (Romano da Siena), Missarum cum quinque, & sex vocibus, liber primus, Roma, Nicolò Mutii, 1596 (i soli libri parte di Tenore, Quinto e Sesto).
- Agostino Agazzari, Il primo libro de madrigali a sei voci, Venezia, Angelo Gardano, 1596 (i soli libri parte di Alto, Tenore, Quinto).
- Jacques Archadelt, Il primo libro de madrigali a quattro voci, Perugia, Pietro Giacomo Petrucci, 1603.
- Agostino Agazzari, Il secondo libro de madrigaletti a tre voci, Venezia, Ricciardo Amadino, 1607.
- Tomaso Pecci, Canzonette a tre voci, libro primo, Venezia, Giacomo Vincenti, 1607 (i soli libri parte di Soprano secondo e Basso).
- Francesco Bianciardi, Sacrarum modulationum… liber quartus, Venezia, Angelo Gardano e fratelli, 1608 (il solo libro parte di Soprano secondo).
- Agostino Agazzari, Sacrarum cantionum… liber II, opus V, Venezia, Ricciardo Amadino, 1609 (i soli libri parte di Soprano primo e basso continuo).
- Agostino Agazzari, Sertum roseum… opus decimum quartum, Venezia, Ricciardo Amadino, 1611 (il solo libro parte di Organo).
- Adriano Banchieri, Duo in contrapunto…, in Cartella musicale nel canto figurato fermo e contrapunto, Venezia, Giacomo Vincenti, 1613.
- Adriano Banchieri, Duo spartiti al contrapunto…, in Cartella musicale nel canto figurato fermo e contrapunto, Venezia, Giacomo Vincenti, 1613.
- Adriano Banchieri, Canoni musicali a quatro voci…, in Cartella musicale nel canto figurato fermo e contrapunto, Venezia, Giacomo Vincenti, 1613.
- Annibale Gregori, Sacrarum cantionum… liber II, Roma, Giovanni Battista Robletti, 1625 (i soli libri parte di Soprano secondo e Organo).
- Annibale Gregori, Ariosi concerti, cioè la ciaccona, ruggieri, romanesca… opera IX, Venezia, Bartolomeo Magni, 1635.
- Messe a quattro voci. Le tre prime del Palestrina, cioè di Papa Marcello, ridotta a 4 da Gio. Francesco Anerio, Iste confessor, et Sine nomine: et la quarta della battaglia dell’istesso Gio. Francesco Anerio con il basso continuo per l’organo, Venezia, Lodovico Grignani, 1646.
- Giovanni Andrea Florimi, Concerti musicali a quattro e cinque voci…opera terza, Bologna, Giacomo Monti, 1673 (le sole parti di Soprano primo, Soprano secondo, Alto, Basso e Organo)
- Francesco Foggia, Offertoria quaternis, quinis, senis, octonisque vocibus… opus XVIII, Roma, Mascardi, 1681 (privo del libro parte di Soprano II).
- Giovanni Paolo Colonna, Salmi brevi per tutto l’anno a otto voci, con uno o due organi se piace… opera prima, Bologna, Giacomo Monti, 1681 (privo del libro parte di Organo II).
- Giovanni Andrea Florimi, Versi della turba concertati a quattro voci… opera settima, Bologna, Giacomo Monti, 1682.
- Matteo Coferati, Corona di sacre canzoni, o laude spirituali di più divoti autori… sconda impressione, Firenze, eredi di Francesco Onofri, 1689.
- Bonifacio Graziani, Responsoria hebdomadae sanctae, quatuor vocibus concinenda…, Roma, Mascardi, 1691.
- Alessandro Grandi, Salmi per i vesperi di tutto l’anno, con le letanie… a quattro voci pieni… opera seconda, Bologna, Marino Silvani, 1692.
- Giovanni Maria Casini, Canzonette spirituali divise in tre parti…, Firenze, Pietro Antonio Brigonci, 1703 (il solo libro parte di Tenore)
- Giuseppe Antonio Patrignani, Sacri trattenimenti di canto, e suono, per l’Avvento, e per il Natale, in una ghirlanda di canzonette… seconda impressione, Firenze, Vincenzo Vangelisti, 1706 (i libri parte di Voce e basso continuo).
- Giovanni Battista Martini, Litaniae atque antiphonae finales…, Bologna, Lelio Della Volpe, 1734 (privo del libro parte di Organo)
- Giovanni Marco Rutini, Sonate per cimbalo opera sesta, Bologna, Lelio Della Volpe, 1765.
- Angelo Antonio Caroli, Messe a quattro voci piene, due con violini ad libitum, e due con violini obbligati, Bologna, Lelio Della Volpe, 1766 (i soli libri parte di Alto, Tenore, Violino I, Violino II, Violone).
- Alessandro Rolla, Tre divertimenti per violino e viola, Firenze, Giuseppe Lorenzi, s.d. [ma XIX secolo]
- Luigi Cherubini, Deuxième messe de requiem pour voix d’hommes avec accompagnement à grand orchestre ou piano, Paris, chez l’auteur, s.d. [ma XIX secolo].
Più vario e vasto il fondo dei manoscritti musicali, il cui nucleo fondamentale è costituito dal materiale proveniente dall’oratorio della Collegiata di Provenzano, la cui cappella musicale ha continuato per secoli, accanto a quella del Duomo, la tradizione della musica sacra. A questo, nel tempo, si sono aggiunte numerose partiture derivanti da successive donazioni. Tra le più importanti quella del conte Giovanni Pieri, che il 30 settembre 1861 donò tutta la musica sacra e profana di Deifobo e Ettore Romagnoli, insieme ad altre partiture di autori italiani e stranieri, cui seguì nel dicembre dello stesso anno la donazione di Giuseppe Porri. L’8 maggio 1931 Omero Corridi donava le opere di Rinaldo Morrocchi; il 13 maggio dello stesso anno Renato Ricci donava le opere del maestro Torquato Ricci; seguivano, il 31 dicembre 1934, le composizioni donate da Tullio e Angelo Triccoli e, infine, la donazione di Maria Barbetti, il 26 febbraio 1937. Nel 1988 fu fatta una ricognizione di tutto il materiale musicale, ad opera di Rosanna De Benedictis e di Mario De Gregorio e le 1825 partiture, inventariate e numerate furono collocate in 158 faldoni per la consultazione degli studiosi. Il fondo, così com’è costituito oggi, dopo diverse integrazioni, fornisce un interessante contributo per una panoramica della musica a Siena dalla fine del Seicento ai primi decenni del Novecento, considerando che i manoscritti sono partiture d’uso o composizioni di musicisti diversi presenti in ambito senese. La presenza più che sporadica di musiche anteriori rispetto al periodo citato (ad esempio di Palestrina) conferma il periodo cronologico entro il quale si collocano i manoscritti musicali. In particolare le opere di maggior rilievo, sia dal punto di vista quantitativo, sia da quello qualitativo, sono quelle settecentesche, una buona parte delle quali, come si è detto, provengono dalla Cappella di Provenzano.
Sono tra queste quelle di Francesco Franchini, nato a Siena circa il 1690 e morto nella sua città nel 1757: tra i suoi pezzi rimasti spiccano una Messa a due cori e le Litanie datate 1729, pure a due cori, che documentano questa pratica a Siena in pieno Settecento (testimoniata, d’altra parte, dalle due cantorie che ancora si vedono nella chiesa di Provenzano, con l’unico organo in quella di sinistra, costruito da Domenico Francesco Cacioli nel 1728) e i Responsori della settimana santa a quattro voci con organo, violone e trombone, datati 1738. Franchini aveva una reputazione europea e intrattenne rapporti di amicizia con Pietro Metastasio. Di Franchini fu allievo il senese Carlo Lapini, nato nel 1724 e morto nel 1802. Di lui ci rimangono vari pezzi sacri, Litanie, Te Deum, inni, salmi per coro a quattro voci con organo, nonché alcuni pezzi a voci sole; nello scorcio di secolo che si avvicina agli inizi dell’Ottocento si incontrano ancora una Messa dello Spirito Santo e una Ave maris stella a due cori, mentre l’indicazione degli strumenti ad libitum (nel Te Deum e in Laudate pueri) testimonia probabilmente le difficoltà organizzative della cappella.
Più ricca e interessante la produzione di Ettore Romagnoli (Siena, 1772-Siena, 1838), maestro di cappella presso la Collegiata di Provenzano dal 1802 fino alla morte, allievo di Luigi Borsini e di Luigi Alessandri, il quale, prima di diventare a sua volta maestro di cappella del Duomo, nel 1786, era stato organista a Provenzano dal 1757. Romagnoli può essere considerato il più ragguardevole e interessante tra gli autori del fondo dei manoscritti. Personalità di vasta cultura, appassionato di geografia, di storia e di letteratura fu anche rinomato disegnatore; di lui rimangono un corso geografico in più volumi, una serie di vedute di Siena, una storia dell’arte in dodici volumi e una biografia dei senesi illustri dal secolo XVIII al XIX. Come musicista fu stimato anche al di fuori della cerchia cittadina e attende tuttora un’adeguata riscoperta. Apprezzato alla corte di Vienna, compositore e violinista, tradusse in italiano gli Elementi di musica di Rameau, parte del Dizionario di Rousseau e la Libertà della musica di D’Alembert. Tra i suoi manoscritti compare la versione musicale di Comala di Ossian, nella traduzione di Melchiorre Cesarotti, testimonianza di una cultura cosmopolita nella scelta stessa del libretto; ci rimangono inoltre alcune arie su testo del Tasso (Il lamento di Tancredi, dalla Gerusalemme liberata, del 1799); il Lamento del Messia su testo di Klopstock (La Messiade, 1748). Per il servizio della cappella di Provenzano troviamo una nutrita messe di brani per le diverse occasioni liturgiche ricorrenti durante l’anno: inni, litanie, Te Deum, messe (per Santa Caterina, per l’Annunziata, per la Vergine di Provenzano, per San Cerbone, per la notte di Natale), salmi, Magnificat (degno di nota quello a quattro voci, del 1803 per la festa della Visitazione, ridotto a tre voci virili dallo stesso autore nel 1833), responsori a quattro o cinque voci con orchestra o semplicemente con organo. Diverse composizioni a voci miste del periodo giovanile sono riscritte più tardi, secondo il gusto ottocentesco, per sole voci virili, per lo più per due tenori e basso o talora per due tenori e due bassi (esemplare il caso della messa del 1814, riscritta nel 1830 con strumenti ad libitum). Il servizio della cappella è documentato dagli ultimi anni del Settecento, fino quasi all’anno della morte ininterrottamente, con un’assidua attività richiesta talora anche fuori città (ci rimangono almeno un inno e versetti di salmi per la festa di Casole d’Elsa del 1810). L’incessante attività di Romagnoli non trascurò il repertorio strumentale: vi sono nel fondo diverse sinfonie (tra cui una con flauto traverso obbligato, eseguito per l’Accademia dei Distinti nel 1796 e una per la festa di Santa Lucia, del 1798), un quintetto per flauto, violino, due viole, violoncello (1822), la riduzione di due sinfonie di Rossini per pianoforte a quattro mani, alcune sonate per cembalo (a martelli) legate con altre di Rutini e di Haydn, l’ouverture della Semiramide di Rossini trascritta per due pianoforti, trii per pianoforte, violino e violoncello e marce funebri per banda. Ci rimangono inoltre alcune cantate profane, duetti e sessanta solfeggi a una o due voci. Ne emerge una personalità di notevole di respiro europeo, raro esempio nel panorama che descriveremo.
Non meno interessante la figura del fratello Deifobo Romagnoli, nato a Siena nel 1765 e morto nel 1813. Come il fratello, aveva studiato con Luigi Borsini e dal 1795 era organista del Duomo; secondo il Morrocchi suonava il violino, la viola e l’oboe ed era buon cantante, oltre ad avere passione per il disegno e la poesia, come il fratello. Anche di Deifobo ci rimangono inni, litanie, Te Deum, messe (con strumenti, una con soli fiati), salmi, Magnificat, responsori a quattro voci; anche in quest’autore troviamo l’attitudine verso strumentazioni particolari e insolite (due versetti Recordare: uno per basso, due viole e organo; l’altro per tenore, tromba, violoncello e organo) che testimoniano una buona preparazione musicale e la volontà di sperimentare organici nuovi e diversi. Il gusto della strumentazione è testimoniato anche dalle sue numerose ouvertures presenti nel fondo (tra cui quella per l’incoronazione dell’imperatore Leopoldo II), da sei sonate per ottetto di fiati, da un concerto per corno e orchestra e da alcune sonate per la banda istituita dal Comune di Siena nel 1792. Anche Deifobo coltivò il repertorio profano rappresentato qui dalla partitura dell’opera La famiglia del poeta, da diversi recitativi e arie e da qualche cantata (ad esempio quella per le nozze di Giulio Corti e Giulia Azzoni).
Alla morte di Ettore Romagnoli divenne maestro di cappella Angelo Ortolani (Siena, 1788-1874), allievo di entrambi i fratelli Romagnoli. Di questo autore ci sono numerose partiture datate dal 1838 in poi. Quasi tutte sono centrate sulle voci maschili: dai brani per tenore solo (Quam terra, Pontus, sidera; Felix es, con coro e strumenti; Qui tollis, Qui sedes, Quoniam, per tenore, coro e orchestra, con flauto traverso obbligato) o basso solo (Laudamus, per basso, corno e strumenti, del 1825; Recordare, per basso con archi, del 1842), fino al Laudamus Domine del 1829, per quattro tenori e due bassi. Naturalmente l’organico più ricorrente resta sempre quello a tre voci su cui si modellano gli interventi solistici e quelli corali; quando l’organico è a quattro, spesso le voci sono un contralto, due tenori e basso. A quattro voci ci sono diverse messe con e senza strumenti (una del 1846 per soprano, contralto, tenore e basso), un Te Deum del 1816 con strumenti, litanie (presto riscritte a tre voci), un Recordare per San Crespino del 1819, a due tenori e due bassi, un altro per tenore, flauto e archi, una Ave maris stella poi ridotta a due tenori e basso. Ortolani ci lascia molte messe a più voci (da requiem, per il Natale, con i soli fiati, ecc.), responsori, salmi con strumenti, più intonazioni dello Stabat mater, inni (Veni creator), composizioni per la festa della Visitazione di Maria (il 2 luglio, festa della Collegiata, che tutti i maestri di cappella ovviamente celebravano) e una composizione sulle Sette parole. Sul versante strumentale abbiamo una Sinfonia per cimbalo e un Pot-pourri per flauto traverso, due clarinetti, due corni di bassetto, trombone. Per via delle sue mansioni didattiche come maestro di cappella, lascia anche una raccolta di cento solfeggi datati 1830. L’unica opera, Il giorno delle nozze, a quanto pare, non fu mai rappresentata in pubblico.
La temperie di fine Ottocento è ben rappresentata da Quirino Bocciardi, nato a Radicondoli nel 1812, le cui partiture sono datate tra il 1847 e il 1873. Vasta è la produzione sacra comprendente messe con vario organico (degne di nota la Messa di Santa Lucia a tre voci del 1853, la Messa Santa Maria della Mercede con orchestra del 1860, la Missa Mater boni consilii con orchestra, la Messa di Santa Cecilia a tre voci e orchestra del 1851 e la Messa da requiem), diverse parti di messa (tra cui Gratias agimus e Domine Deus per baritono e orchestra, altre per tenore, due tenori, ecc.); salmi per varie occasioni (si ricorda il Lauda Jerusalem a tre voci concertato del 1873 per la festa di San Donato a Casole); inni per tutto l’anno liturgico (tra cui Vexilla a tre voci con strumenti a fiato, diverse intonazioni di Ave maris stella con e senza orchestra), diverse intonazioni del Tantum ergo a cappella, molti versetti a voce sola o a più voci per la Visitazione di Maria, per l’Assunta, Veni sponsa Christi per Santa Lucia a due contralti del 1873; responsori, litanie, lo Stabat mater per soprano, tenore e basso del 1869; svariate laude (alcune per Santa Caterina a tre voci, Il peccator dolente per contralto, due tenori e basso del 1867) numerosi versetti per varie ricorrenze (curiosi quelli per San Giacomo, per la contrada della Torre del 1861), mottetti (per S. Giovanni Battista con orchestra del 1858). L’eclettica, incessante attività compositiva di Bocciardi non trascurò il repertorio strumentale (Pastorale con flauto del 1859, Concerto per flauto del 1860, Duetto per flauto e clarinetto del 1859, Pezzo per tromba e banda del 1856, varie sinfonie per piccola o grande orchestra) né la musica d’occasione, come dimostrano le diverse mascherate per il carnevale o il brano intitolato Gli artigiani per gran coro di contralti e bassi con strumenti a fiato e fisarmonica, oppure l’altro intitolato Un voto all’armonia.
Di Rinaldo Morrocchi, conosciuto essenzialmente per la sua pubblicazione sulla musica in Siena del 1886 già citata, le partiture recano date comprese tra il 1857 e il 1884. Le composizioni sacre, in quanto volte al servizio liturgico, presentano le stesse forme e titoli dei predecessori e sono per lo più destinate al terzetto vocale (ritroviamo la concezione della polifonia per due tenori e basso, ma non poche composizioni sono destinate al classico quartetto vocale, mentre è ancora viva la tradizione del doppio coro, come si vede nella messa del 1875 con organo e bassi); anche nella musica di quest’autore l’accompagnamento strumentale è per lo più formato sulla base dell’orchestra con organo o del solo organo. Anche il Morrocchi ha lasciato dei solfeggi ad uso degli allievi della scuola di Provenzano e qualche brano strumentale (una fantasia per pianoforte, una sinfonia e alcune cosiddette “armonie” per insiemi strumentali). Caratteristiche del clima culturale del tempo sono due cantate con pianoforte e armonium e alcune composizioni per contralto solo o per cori di voci femminili o virili con accompagnamento di banda (All’Italia, Per lo Statuto, Canto del giovane ginnastico italiano, Per la Patria). Circa nello stesso periodo di Morrocchi si colloca Stefano Zani, le cui composizioni sono datate tra il 1875 e il 1903: diversi Tantum ergo a tre voci, inni, Benedictus per voce bianca, Laude a Maria Santissima, Messa in sol per tenore, basso e organo, Messa da requiem a tre voci; anche di questo autore troviamo due raccolte di solfeggi e un Saggio teorico musicale.
Alla fine del secolo si colloca anche la produzione di Rinaldo Ticci (Siena, 1805-Siena, 1883) direttore della banda e della scuola di musica (poi Istituto “Rinaldo Franci”) fondata nel 1834. L’incessante attività musicale di questo poligrafo della musica è presente in diversi settori dell’arte. Di lui troviamo diverse composizioni sacre (tra cui un Inno a San Galgano per soprano e pianoforte, un Gloria con lo stesso organico, svariati Kyrie, intere messe a tre voci, salmi, un Miserere per due tenori e basso con quattro tromboni e oficleide, e Magnificat. Ma è la musica strumentale il suo campo d’elezione (La follia, concertone per banda; L’incudine incantata , balletto per orchestra; un Valzer per quartetto di ottoni; alcune sinfonie, tra cui una Sinfonia funebre per banda; Cinquantasette passi doppi per banda; Il casino di campagna, balletto; una Tarantella per pianoforte; La festa di Bacco, balletto per pianoforte; un Tema con variazioni per clarinetto piccolo in mi bemolle, due clarinetti in do, fagotto e trombone; Tre polke per banda o orchestra; Corradino, ballo in tre atti; trascrizioni per banda di diverse arie d’opera di Verdi (aria di Carlo dall’Ernani con oficleide obbligato), Rossini, Mercadante, Bellini, Donizetti, Pacini, Mayr, Herold, Bucalossi; Quadriglie e valzer per ottavino, clarinetto, due violini e basso; diverse composizioni didattiche (Solfeggi per la Scuola di Musica del Comune di Siena; Scale e trilli per il flauto a una chiave; un Metodo per contrabbasso; Quaranta vocalizzi per soprano). Sono presenti anche le partiture di intere opere, come I Salimbeni e i Tolomei (libretto di Antonio Pantanelli), Don Properzio (libretto di Fulvio Ghezzi), Beatrice di Tenda (libretto di Felice Romani), La papilla, melodramma buffo, Il solitario (libretto di Calisto Bassi). Numerose anche le musiche di intrattenimento o di circostanza: Le donne sanesi, Cantata dedicata a Ferdinando di Lorena, Inno di guerra, Canzone andalusa, Cantata dedicata a Vittorio Emanuele, Il fiore, romanza, La spergiura, romanza, Siena redenta, tutti per soprano e pianoforte, Coro al Granduca di Toscana con banda, Cantate per il carnevale per tenore e basso, La concordia civile per coro e orchestra, Preghiera a Pio IX, Il voto universale per coro, varie cantate solistiche con pianoforte o orchestra.
Degni di menzione, anche solo per quantità, sono i manoscritti di Torquato Ricci, autore soprattutto di numerose trascrizioni per strumenti, in particolare per uno o più clarinetti, attivo a Siena tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento. Di quest’autore non mancano diverse partiture di musica sacra (messe a tre voci con organo o orchestra), ma la sua attitudine musicale si esprime al meglio, oltre che in composizioni d’occasione (marce per banda) o in brani descrittivi (Sull’Amiata per clarinetto e pianoforte), nelle molte trascrizioni da opere non solo di Verdi, Beethoven, Ponchielli, Diabelli, Catalani, Mozart, Duvernoy, Grieg, Perosi, Mascagni, Morlacchi, Donizetti, Rubinstein, ma anche di Lully, Händel e Couperin, spesso per un organico vario da uno a quattro clarinetti con o senza pianoforte. Diversi altri titoli facenti parte del fondo sono costituiti da composizioni di poco noti autori locali come il maestro del Collegio Tolomei Giovanni Ritterfels (Siena, 1813-Siena, 1872), Cosimo Burali Forti o Tullio Triccoli (anch’egli, ai primi del Novecento assiduo trascrittore dei brani alla moda nel tempo). Naturalmente non mancano diverse partiture d’uso spicciolo come la Mattinata di Leoncavallo, la famosa Serenata di Schubert, o le romanze di Tosti, fino ad arrivare al canto fascista Giovinezza di Blanc.
In definitiva si può affermare che la parte più interessante dei manoscritti custoditi presso l’istituzione sia quella legata a compositori vissuti a cavallo tra Sette e Ottocento. Anche diverse trascrizioni d’opera meritano un più attento studio, così come diverse composizioni strumentali da camera o per banda. Il fondo non è ancora stato schedato nel RISM, lacuna che attende di essere colmata.