Ci sono i dissipatori della propria opera, in musica, quelli che lasciano scorrere i giorni della creazione del tutto indifferenti al fatto che se ne conservi traccia (Chet Baker, Charlie Parker, ad esempio), e coloro che invece hanno una sorta di preventivo interruttore della memoria che raccomanda loro di conservare traccia di ogni concerto, di ogni ricerca. I Beatles lavoravano così. E anche i Grateful Dead, dei quali esiste una documentazione dipanata su varie centinaia di cd. E poi c’è stato colui che più di tutti ha documentato tutto, magari con una sorta di (inconscia?) preveggenza sul fatto che la sua permanenza sul pianeta non sarebbe stata quella da «grandi vecchi» che si lasciano incanutire e dispensano consigli tardivi. Il «colui» è Frank Vincent Zappa, compositore americano. Che della chitarra elettrica e del fatto di usare ogni possibile stratagemma pubblicitario e «popular» per far conoscere un’opera colta, sfaccettata, complessa, fece una ragione di vita. Frank Zappa non c’è più dal 1993, e sembra ieri.
TENTATE DI DIPANARE la matassa aggrovigliata e meravigliosa dei suoi «vault recordings», l’archivio sterminato in cui tutto conservava è, appunto, materia da archivisti. Di sicuro ancora attendono di essere pubblicate molte opere, ad esempio l’immensa mole di composizioni al synclavier che Zappa entusiasticamente sperimentò, lasciandone traccia in un disco tuttora poco compreso come Francesco Zappa. L’ultima notizia, però, dopo la scoperta delle registrazioni integrali dei concerti del ‘71, la fase «Flo & Eddie» non a tutti gradita, per la presenza un po’ ridondante del verboso duo comico e l’attesa ripubblicazione dell’avventurosa colonna sonora di 200 Motels, è una «infornata» da sei cd (dunque siamo sulle sette ore abbondanti di musica) che documentano l’unica fase della carriera di Zappa in cui il compositore di origini italiane davvero fu vicino ad avere uno status da beffarda icona del rock: la metà degli anni Settanta di Esce ora, in una confezione sfavillante a libro gadget Erie, tre shows in edizione integrale tra il 1974 e il 1976 dall’Edinboro College, la Gannon University e Fieldhouser dalla Contea di New York.
Tre band lievemente differenti, medesimo esplosivo impatto da una delle fasi più comunicative e riuscite del baffuto e irriverente compositore. Missaggio accurato di Craig Parker dai già notevoli nastri a quattro piste originali, masterizzazione eccellente di John Polito. Ben ritrovato, Frank.