Intervento di Pierluigi Piccini
È trascorso un mese e mezzo dalle elezioni comunali e l’avvocato De Mossi continua a dedicare al suo ruolo di sindaco soltanto lo spazio di qualche annuncio ad effetto che dovrebbe servire a stupire, ma che non riesce a nascondere un vuoto amministrativo sempre più palese. Persino l’impellente scelta un assessore, dopo clamorose dimissioni, è rimandata a dopo il Palio, come usano fare i Senesi per le cose poco importanti.
Tutto è fermo a causa di veti contrapposti e di logiche legate alla spartizione del potere. E allora, l’amministrazione di De Mossi sta perdendo credibilità sul terreno di quel “cambiamento” auspicato almeno da una parte degli elettori della nuova maggioranza. La realtà è un’altra: è in atto una restaurazione che produce il ripristino dei metodi della Prima Repubblica: il sindaco è tornato ad essere un ostaggio dei partiti e dei poteri nella sua coalizione, in un conflitto interno palese. Persino la scelta degli assessori gli viene sottratta negando oltre tutto quel metodo, alla luce del sole e di fronte ai cittadini, che si era impegnato a seguire.
La Giunta, ancora incompleta per assenze e dimissioni e quindi impossibilitata ad assumere con pienezza le proprie responsabilità, risulta un assemblaggio di appartenenze politiche minoritarie nella società senese e di personaggi in alcuni casi del tutto estranei alla città, con competenze professionali non attinenti al ruolo amministrativo assegnato, esposti al dubbio di qualche conflitto d’interesse. Altro che il “dream team” (squadra dei sogni) di cui parlava un blogger fiancheggiatore! Altro che Crociata contro il vecchio modo di gestire la cosa pubblica! Qui abbiamo un’armata Brancaleone che non è nemmeno in grado di partire e che lascia l’Amministrazione comunale nella confusione più totale.
Il rischio è che, in assenza di regole definite, abbia il sopravvento una politica fatta di inciuci, spartizioni, accordi sottobanco, dove ciascuno gioca per sé, senza un apparente filo logico. Dove tutti, dietro le quinte, discutono alle spalle dell’avvocato-sindaco, senza nemmeno trovarsi d’accordo. Ed ecco che le proposte di immaginifici progetti sono cercando di creare una cortina fumogena sui problemi interni: dalla tranvia sotterranea alla metropolitana a Isola d’Arbia, dalle sfilate di moda sulla scalinata del Battistero, agli steward nelle Contrade ed alle pattuglie dei parà a presidiare il centro storico. La richiesta di dimissioni dei nominati nella Fondazione e nelle partecipate è il gesto paradossale di un “uomo di diritto” che trasforma un atto pubblico nell’espressione di una parte politica, facendo prevalere rapporti personalistici. Come quel famoso “asso” olandese che avrebbe dovuto coordinare un fantomatico Ufficio affari esteri del Comune, per acquisire investimenti milionari. Con queste premesse non stupisce che il sindaco, in troppe occasioni, non riesca a nascondere irritazione ed aggressività, che pretenda di imporre autorità laddove si accorge di non riuscire ad esprimere autorevolezza. Ma la città ha bisogno di ben altro.