EFFETTO UCRAINO. Fico sull’informativa in parlamento: «Vedremo se ci sarà anche un votazione». Conte insiste: «Il governo ha bisogno di un mandato»
Giuliano Santoro
Mario Draghi torna dagli Stati uniti e si presenta in Consiglio dei ministri alla ricerca di nuovi assetti negoziali. Roberto Fico ieri conferma che giovedì prossimo, il 19 maggio, il premier parlerà prima Senato e poi a Montecitorio. Fico spiega di aver ricevuto la comunicazione dal ministro per i rapporti con il parlamento Federico D’Incà, anche lui espressione del Movimento 5 Stelle. «Mi ha detto ufficialmente che il presidente del consiglio sarà in aula per un’informativa alle 11.30, prima sarà al Senato», riferisce Fico a margine di un evento degli industriali partenopei. Poi aggiunge: «È sempre un bene quando il governo viene in aula». Quando gli viene chiesto se è prevista anche una votazione, Fico risponde sibillino: «Ho letto dell’informativa, vedremo se sarà anche altro».
TRA CHI PROTESTA per i modi e le formule dell’agognato coinvolgimento delle camere ci sono i fuoriusciti dal M5S di Alternativa. «Ci meraviglia dover scoprire dalle agenzie di stampa e non dai canali ufficiali della Camera che il presidente del consiglio effettuerà una informativa sugli ulteriori sviluppi del conflitto russo-ucraino nell’aula di Montecitorio». I parlamentari chiedono chiedono proprio a Fico che vengano «calendarizzate le comunicazioni, in luogo della mera informativa» come già avvenuto lo scorso marzo e considerano un’anomalia che l’informativa «non sia stata contemplata tanto in sede di Conferenza di capigruppo quanto in sede di Ufficio di presidenza».
LA DIFFERENZA è formale ma anche sostanziale: in questo modo gli ex grillini potrebbero presentare risoluzioni «per impegnare il governo a prendere una posizione politica approvata dal parlamento». «Qualora dovesse permanere la volontà governativa di rendere l’informativa – concludono i deputati rivolgendosi – ciò costituirebbe un’ulteriore riprova della debole rilevanza della Camera all’interno dell’assetto costituzionale e politico italiano».
FICO APPENA eletto presidente aveva assicurato che avrebbe lavorato per restituire «centralità al parlamento». Ma sa anche se si dovesse tenere una votazione su una mozione presentata da un gruppo di opposizione il M5S potrebbe trovarsi in difficoltà. Sarebbe un paradosso, perché questa è la richiesta che da tempo Conte. Pur riconoscendo che le esternazioni di Draghi a Washington sono più in sintonia con le posizioni del M5S, Conte si dice contrario all’invio di carri armati sul fronte ucraino e insiste sul passaggio in parlamento. «Non possiamo pensare che il governo vada avanti da sé, decidendo di volta in volta cosa fare e come posizionarsi, perché non ha il mandato politico», ribadisce a Piazza Pulita. «Non abbiamo paura di un voto in parlamento – è la posizione di Enrico Letta – Sulla base di quello che Draghi dirà in parlamento decideremo i passaggi successivi e li decideremo insieme come maggioranza, come governo e con i nostri alleati europei». Intanto, Mattarella ha sentito al telefono il presidente francese Macron ed esprime appoggio all’idea di una comunità politica europea che includa in qualche forma l’Ucraina e continui a garantirle sostegno. Draghi, dal canto suo, ieri messo a parte il consiglio dei ministri della sua idea che la guerra sta assumendo «una nuova fisionomia» e che occorra un nuovo approccio politico e diplomatico: : potrebbe essere un tavolo di trattativa allargato ai paesi che sostengono l’Ucraina. Un modo di dire che bisogna trovare una soluzione complessiva al di là degli scontri tra nazionalismi.
PER I 5 STELLE un altro grattacapo arriva dalla rinnovata commissione esteri del Senato. Rimosso Vito Petrocelli, il M5S aspira ancora alla presidenza. Era emerso il nome di Gianluca Ferrara, capogruppo uscente in commissione. Ma sono circolate sue dichiarazioni e posizioni degli anni scorsi che lo hanno fatto ritenere «anti-americano». Qualcuno teorizza anche che Ferrara sia finito vittima del fuoco amico dei suoi colleghi di gruppo, desiderosi di eliminare un concorrente alla presidenza. Fino al punto che ieri, nel tardo pomeriggio, Ferrara ha annunciato di farsi da parte: «Data la macchina del fango che si è messa in moto nei miei confronti, scelgo di non candidarmi». C’è tempo fino a quest’oggi alle 13.