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l distretto culturale è il contrario del luogo “vetrina”
Il distretto culturale evoluto è il contrario della “vetrina”, che caratterizza sopratutto i centri storici, frutto della mera valorizzazione economica della cultura e della sua monetizzazione. Siena affida alle pratiche del consumo ed alla loro organizzazione spaziale la maggior parte delle proprie funzioni. In questo modo, ghettizza i luoghi della produzione di cultura vera, le Università, i centri di ricerca, le botteghe artigiane, dai luoghi del consumo di patrimonio culturale, di “acquisto” di patrimonio artistico, tanto da parte delle grandi multinazionali globali, che ne fanno il loro “palcoscenico pubblicitario”, che da parte dei “visitatori-consumatori”, il cui profilo si abbassa coerentemente all’offerta sempre più “esteticamente globalizzata” e sempre meno caratterizzata identitariamente.
Le politiche per la valorizzazione del patrimonio artistico e culturale, muovendo dalle produzioni e dalle “Istituzioni”, dalla loro azione e organizzazione, dal cambiamento tecnologico fino ai processi di apprendimento avranno inevitabili, positive ricadute sull’economia.
Il distretto culturale può essere accostato ad un sistema reticolare, spazialmente delimitato, il cui nodo centrale è costituito dal processo di valorizzazione dei beni culturali e gli altri nodi sono rappresentati dai processi di valorizzazione delle altre risorse locali, dalle infrastrutture territoriali ai servizi fino all’insieme delle imprese la cui attività è collegata al processo di valorizzazione dei beni culturali. Dunque, maggiori sono le interconnessioni, ovvero più integrato è il distretto e maggiori saranno gli impatti economici e sociali che sarà possibile generare.
Come si “monta” un distretto culturale
Ma cosa deve essere integrato per avviare e rendere effettivo un progetto di distretto culturale?
I settori immanentemente chiamati all’appello e che descrivo, in misura approssimata ma realistica, la filiera produttiva del processo di valorizzazione dei beni culturali, sono infiniti. Basti pensare a ricerca, per tutte le attività che vengono delegate o condotte in collaborazione con università, istituzioni culturali, centri di ricerca, ecc.; istruzione; restauro e costruzioni; informatica, per le apparecchiature, la digitalizzazione, la catalogazione; chimica e medicina; meccanica di precisione, artigianato; editoria, comunicazione e della multimedialità.
C’è poi un ‘settore’ delle politiche pubbliche che è chiamato fortemente in causa quando si parla della possibilità di un “distretto culturale come progetto”, questo è quello delle politiche giovanili, dell’istruzione e della formazione. Ritorniamo così alle forme di produzione, alle istituzioni, al cambiamento tecnologico e ai processi di apprendimento collettivo.