Lontani i giorni delle canzoni al balcone: uno studio su Quartz annuncia il tramonto della «solidarietà da cortile». E tanti episodi di cronaca lo confermano
Roberta Scorranese
Ci si chiede come abbia pensato di farla franca quel marito temerario di Olbia che, in piena quarantena, la scorsa Pasquetta, ha pensato di nascondere la moglie nel bagagliaio per andare al mare nella seconda casa di Pittulongu. Imperdonabile la dimenticanza che lo ha tradito: mezzo mondo era in lockdown e, dunque, alla finestra. Manco a dirlo, i vicini lo hanno visto e denunciato. È successo anche a un runner di Montesilvano (Pescara) che, sfidando i controversi divieti, è andato a correre per diversi giorni di fila. Quando i vicini lo hanno denunciato lui ha reagito malissimo: ha preso a martellate l’auto dei dirimpettai.
Ormai in Fase due, come guarderemo ora i nostri vicini? Avremo finalmente imparato i loro nomi e instaurato rapporti amichevoli oppure toglieremo loro il saluto perché ci hanno rimbrottato per l’uso sbagliato della mascherina? Una ricerca di The Kaiser Family Foundation ripresa da «Quartz» sembrerebbe delineare il tramonto della solidarietà da cortile: più della metà dei circa mille americani intervistati si autopromuove a pieni voti in rigore e disciplina da lockdown, mentre la maggior parte boccia (anche senza appello) i comportamenti dei vicini.
E tutta quella narrazione rosea dei canti al balcone e degli aperitivi alla finestra? Dopo quasi tre mesi di isolamento ha vinto la linea «buona» della solidarietà o quella «cattiva» della delazione e dell’insofferenza reciproca? Massimo Santinello, docente all’Università di Padova e specialista in Psicologia della socializzazione, chiarisce: «In un primo momento abbiamo avuto bisogno di sentirci solidali gli uni con gli altri. Ma poi, complici la rabbia e la stanchezza, abbiamo capito che in realtà il nostro ideale di vicino rimane sempre quello che si fa i fatti suoi. Un vicino socievole e affettuoso è anche un vicino che si prende cura di te, che ti controlla. A suo modo insomma ti spia. Siamo davvero pronti a questo?».
Ecco, il controllo. Le cronache hanno riportato decine di episodi di sorveglianza condominiale, con note diverse, dalla tragica alla comica. C’è stato il caso dell’infermiera di Lucca, in servizio nel reparto di Malattie infettive dell’ospedale «San Luca», che nella cassetta della posta ha trovato un biglietto: «Grazie per il Covid che tutti i giorni ci porti in corte». A un geriatra di Milano hanno scritto «Tienili a casa i bambini, lontani dal cortile e dall’ascensore». Stessi toni hanno usato i vicini di alcuni medici del «Cotugno» di Napoli.
E poi ci sono scene che sembrano nate da una sceneggiatura di Age & Scarpelli. A Rovigo, per dire, nel quartiere Commenda le reciproche accuse di infrangere i divieti sono finite a secchiate di acqua sporca — c’è chi parla anche di pattume, ma lanciato dalla giusta distanza consentita. A Trento, invece, una cena con amici non è sfuggita all’occhio acuto dei vicini e la coppia sotto accusa non è riuscita a dimostrare la parentela da legittimi congiunti con i commensali. «Il punto — ragiona Santinello — è che facciamo ancora molta fatica a stare nelle relazioni. Cosa che implica uno sforzo, un sacrificio. Questo, a mio avviso, spiega anche la diffusissima compagnia di animali domestici: sono relazioni facili, che non costano fatica».
Le cause
Lo psicologo Santinello: «Rabbia e stanchezza ci hanno allontanato dagli altri»
E a proposito di animali domestici: a Cassina Rizzardi, nel Comasco, sono stati i vicini a segnalare una passeggiata sospetta in compagnia di un cane dal pelo troppo perfetto. «Era finto, era un peluche!» è sbottato il sindaco, Piergiorgio Bonino (che nella vita fa pure l’infermiere). D’altra parte, su Facebook sono fioriti decine di gruppi dedicati alla delazione da quarantena, con nomi come «Segnalazioni coronavirus a piede libero». Naturalmente tutte di dubbia legittimità.
Ma adesso che la fase acuta dell’emergenza sanitaria sembrerebbe attenuarsi, Santinello conclude: «Il fatto è che siamo soli. Tanto soli. Anche quando le tecnologie ci illudono di non esserlo».