Non si può analizzare l’orribile violenza razzista che ha avuto luogo a Buffalo senza riflettere su come il capitalismo ci ha portato fin qui
Questo fine settimana stavo per sedermi per finire alcuni progetti di scrittura, quando c’è stata la sparatoria a Buffalo. Un suprematista bianco diciottenne ha guidato per duecento miglia allo scopo di uccidere delle persone nere in uno dei quartieri più afroamericani dello Stato di New York.
È una tragedia orribile che ricorda immediatamente l’omicidio di massa del 2015 nella chiesa del reverendo Clementa Pinckney a Charleston, nella Carolina del Sud. Le forze dell’ordine affermano che l’assassino aveva fatto ricerche sull’omicidio di cinquantuno musulmani a Christchurch, in Nuova Zelanda, nel 2018.
Come persona non bianca, la cosa mi ferisce come non accadeva dalle notizie dell’omicidio di George Floyd. Sembra che la società statunitense si stia staccando dalle sue basi e non abbiamo alcun approccio coordinato – tra persone di sinistra, lavoratori, persone nere e di colore – su come rispondere.
Il problema centrale dell’era dei social media è la sua incessante cacofonia. Il silenzio e la contemplazione non sono ammessi. Di conseguenza, le risposte all’omicidio di massa iniziano quasi immediatamente a conformarsi alle opinioni che la gente già aveva: sulla regolamentazione delle armi o sulla supremazia bianca, in genere, ma anche su una serie più ampia di ipotesi su come la società è e dovrebbe essere organizzata. Quando le tensioni sono così alte, le conversazioni oneste sono difficili.
Eppure, queste discussioni devono avvenire, e non possiamo parlare di omicidi razzisti di massa senza parlare di capitale e sistema del profitto. Non siamo onesti sulla violenza se ignoriamo il peso che ha il profitto nella produzione di armi.
Non siamo onesti riguardo al razzismo se ignoriamo come il profitto si lega al razzismo facendo si che i bianchi non ricchi identifichino i loro problemi nei neri invece che nei pochi capitalisti che controllano l’economia globale.
Non siamo onesti riguardo al contesto della violenza se ignoriamo la disuguaglianza economica.
Non siamo onesti sull’odio alimentato dai media se ignoriamo l’obiettivo economico delle aziende di social media che fanno soldi con l’indignazione.
In breve, non siamo onesti su ciò che sta accadendo se ignoriamo il modo in cui l’ipercapitalismo ci ha condotto fino a qui.
Come disse Martin Luther King Jr al suo staff nel 1966: «Qualcosa non va nel capitalismo. Ci deve essere una migliore distribuzione della ricchezza e forse l’America deve muoversi verso un socialismo democratico».
Rendendo esplicita la connessione tra razzismo e capitalismo, onoriamo l’eredità dei pensatori neri che hanno indagato questo tema – Langston Hughes, James Baldwin, Assata Shakur, June Jordan, Lorrain Hansberry, W. E. B. Du Bois, Paul Robeson, bell hooks, Claudia Jones, Robin D. G. Kelley, Keeanga-Yamahtta Taylor.
Nascondere i legami che intercorrono tra disuguaglianza razziale ed economica significa anche insabbiare la storia intellettuale dell’America nera.
Evitando di indagare i problemi che il 99% globale deve affrontare, non stiamo andando nella direzione di diagnosticare la malattia e prendere provvedimenti per affrontarla.
In particolare negli Stati Uniti – dove il ramo socialista del movimento operaio che ci ha portato la giornata lavorativa di otto ore, il fine settimana e la previdenza sociale è stato schiacciato nell’era McCarthy e non si è più ripreso – dobbiamo iniziare a spiegare le virtù del controllo operaio sulla produzione e il potere dei lavoratori in politica. E dobbiamo iniziare ad affrontare il problema per cui i ricchi prendono ogni decisione economica nella società, mentre trattano i lavoratori come subumani.
«Chiamalo democrazia, o chiamalo socialismo democratico, ma ci deve essere una migliore distribuzione della ricchezza all’interno di questo paese per tutti i figli di Dio», ha detto King.
L’1% – gente come Rupert Murdoch, il misantropico proprietario di Fox News o il conduttore televisivo Tucker Carlson – usa il razzismo per convincere una parte bianca del 99% globale ad agire contro i propri interessi economici.
Dobbiamo ridurre il potere dell’1% se vogliamo combattere con successo il razzismo.
«Almeno finiremmo per pranzare insieme»
Per fare ciò, dobbiamo anche riconoscere verità dolorose al di là del semplice abbraccio del Partito Repubblicano al fascismo. Dobbiamo riconoscere il ruolo complementare del Partito Democratico che crea terreno fertile per quel fascismo.
Come mostrato in Meltdown, la fedeltà a Wall Street dei Democratici sotto il presidente Barack Obama nel 2009 e nel 2010 – attraverso la crisi dei pignoramenti, i bonus per salvare i dirigenti di Wall Street e mantenere intatte le grandi banche – ha creato terreno per la crescita dell’estrema destra, cedendo a questi una vittoria elettorale di medio termine nel 2010 che ha spinto il nazionalista bianco Steve King nella maggioranza della Camera.
Nel 2016, Obama ha insistito per fare una campagna a favore di un odiato accordo commerciale, la Trans-Pacific Partnership, dal quale Hillary Clinton non è stata in grado di prendere le distanze dal momento che Donald Trump ha fatto dell’opposizione all’accordo un fulcro della sua campagna.
Il fallimento dei senatori Democratici che nel 2013 hanno confermato – grazie ai Democratici conservatori – il candidato di Obama, Debo Adegbile, alla guida della Divisione per i diritti civili del Dipartimento di Giustizia, ha lasciato l’agenzia senza un Capo confermato dal Senato che potesse condurre una campagna per il voto e i diritti civili nel corso del resto della presidenza Obama.
La vittoria facilmente prevedibile di Trump nel 2016 è strettamente legata alla crescita dell’estrema destra negli Stati uniti. Un uomo che ha lanciato la sua campagna presidenziale definendo i messicani «stupratori» e chiedendo il bando dei musulmani. Un presidente che ha lodato una storia apocrifa sul genocida generale John Pershing, definendo i violenti manifestanti nazisti «brave persone», incoraggerebbe di certo i nazionalisti bianchi estremisti, ed è esattamente quello che è successo.
Joe Biden non è un innocente spettatore. L’autore del disegno di legge razzista del 1994, che ha fatto causa comune con i segregazionisti, ha vinto la nomina presidenziale del suo partito contro un manifestante per i diritti civili.
Nel 2015, Biden si vantava della sua amicizia con il senatore nazionalista bianco Jesse Helms, feroce difensore del governo delle minoranze bianche in Rhodesia (ora Zambia e Zimbabwe), tanto da inviare a una conferenza nel 1979 due assistenti per sollecitare il primo ministro rhodesiano Ian Smith a «tenere la schiena dritta» contro il movimento di guerriglia che guidava la lotta per l’indipendenza.
Dylann Roof, che ha ucciso nove persone in una chiesa nera nella Carolina del Sud nel 2015, ha chiamato il suo blog The Last Rhodesian.
Affinché non pensiate che il comportamento di Biden sia storia antica, il presidente all’inizio di questo mese si struggeva per i vecchi tempi quando lui e il suo partito andavano d’accordo con razzisti virulenti.
«Litigavamo sempre – anche ai vecchi tempi quando avevamo dei veri segregazionisti, come Eastland e Thurmond e tutti gli altri – ma almeno finivamo per pranzare insieme», ha detto Biden.
Da ricordare che, secondo il suo necrologio sul New York Times, il senatore James Eastland del Mississippi ha spesso parlato dei neri come di «una razza inferiore».
Il senatore Strom Thurmond della Carolina del Sud si presentò come terzo candidato indipendente nel 1948 con una piattaforma sfacciatamente pro-segregazione e condusse l’ostruzionismo più lungo della storia contro il Civil Rights Act del 1957.
La storica abitudine di Biden nel minimizzare i pericoli del nazionalismo bianco a favore di una collegialità d’élite potrebbe spiegare perché la sua amministrazione è stata così reticente ad agire con politiche che toglierebbero un po’ di spazio d’azione all’estrema destra emergente su «teoria della razza» e delirio della Grande Sostituzione.
Fare qualcosa potrebbe aiutare
Come ha scritto l’anno scorso Andre Perry della Brookings Institution, la cancellazione di tutti i debiti legati ai prestiti studenteschi da parte di Biden aiuterebbe molto nell’affrontare il divario di ricchezza razziale e la disuguaglianza economica.
Sono passati sedici mesi da quando Biden è entrato in carica e non c’è ancora nessun’azione in questa direzione. Biden non rilascerà nemmeno una versione non modificata della nota legale sulla sua autorità di cancellare il debito studentesco.
È un assioma comprovato che la crescente disuguaglianza economica crea aperture politiche per l’estrema destra. Ciò è evidente nell’ascesa di Trump, Marine Le Pen e dei partiti di estrema destra in Spagna, Germania, Austria e Ungheria. Riflettendo questa realtà, l’organizzazione elettorale Data for Progress ha osservato all’inizio di aprile che il 56% dei giovani elettori tra i 18 e i 35 anni negli stati contesi di Arizona, Georgia, Pennsylvania e Wisconsin «afferma che sarebbe più propenso a votare se tutto il debito del prestito studentesco venisse cancellato».
I candidati repubblicani estremisti saranno eletti in tutti questi stati. A titolo di esempio, tutti i principali repubblicani dell’Arizona hanno fatto proprio il linguaggio della Grande Sostituzione, ripreso dall’assassino di Buffalo. Il procuratore generale dell’Arizona Mark Brnovich ha affermato di recente che la migrazione è la «definizione costituzionale di un’invasione».
Sconfiggerli dovrebbe essere una priorità assoluta. Dati gli attuali indici di gradimento per Biden, ciò sembra possibile solo se Biden cancellerà il debito studentesco. Ancora una volta, il problema della disuguaglianza economica e quello dell’ascesa dell’estrema destra sono irrimediabilmente intrecciati. Non possiamo risolvere uno cosa senza intervenire sull’altra, eppure c’è ancora inazione.
Questa rigidità si riflette in tutto il partito di Biden. Prendi il governatore di New York Kathy Hochul, di Buffalo. Domenica, durante una funzione religiosa in città, ha detto: «Signore, perdona la rabbia nel mio cuore ma incanalala nella mia passione per continuare a lottare per proteggere le persone, togliere le armi dalle strade e mettere a tacere le voci di odio e il razzismo e la supremazia bianca su Internet».
Nel frattempo, Hochul non ha approvato la legislazione sullo sfratto per buona causa, che aiuterebbe in modo sproporzionato le famiglie non bianche che sono a rischio sfratto.
E sia Hochul che Biden non stanno muovendo un dito per aiutare l’Amazon Labour Union, il movimento guidato da persone nere che nonostante tutto ha costruito il maggior sostegno al sindacato da parte dei lavoratori di tutte le razze, l’antidoto più efficace al nazionalismo bianco. Le generose agevolazioni fiscali per Amazon a New York sono ancora in vigore, nonostante le presunte violazioni del diritto del lavoro da parte del colosso della vendita al dettaglio. Biden ha appena concesso ad Amazon un contratto da 10 miliardi di dollari, dopo essersi impegnato a negare i contratti alle aziende che non riescono a rimanere neutrali alle elezioni sindacali.
La speranza dovrebbe essere l’ultima a morire. Rifletto spesso sulle parole non così profetiche dell’abolizionista bianco Wendell Phillips intorno al 1856:
Il governo è caduto completamente nelle mani del Potere Schiavo. Per quanto riguarda la politica nazionale, siamo battuti, non c’è speranza. Avremo Cuba tra un anno o due, il Messico tra cinque… Il futuro sembra dispiegarsi in un vasto impero schiavista unito al Brasile. Spero di essere un falso profeta, ma il cielo non è mai stato così scuro.
Meno di dieci anni dopo, la seconda e molto più vasta rivoluzione americana ebbe luogo, il potere schiavo fu schiacciato e centinaia di neri e i loro alleati furono eletti sulla base della riforma agraria e piattaforme anti-Wall Street.
*Matthew Cunningham-Cook ha scritto per Labor Notes, Public Employee Press, Al Jazeera America e The Nation. Questo articolo è uscito su JacobinMag. La traduzione è a cura della redazione.