Veltroni deve essersi ispirato al ricordo di un’ambulanza che solcò la marea umana di piazza San Giovanni durante le esequie dell’ultimo campione del comunismo italiano. E ha immaginato che lì dentro ci fosse il suo eroe, in compagnia della fidanzata che custodisce in grembo un segreto con cui bisognerà fare i conti fino all’ultima pagina. Al momento dell’incidente Giovanni ha vent’anni e, per tratteggiarne il carattere, all’autore di Quando (Rizzoli) basta affacciarsi allo specchio: «Di sinistra, ma moderato… Non amava, per carattere, i toni gridati, gli estremismi…». Talmente sensibile alla sensibilità altrui che da bambino, chiamato sul palco di una festa dell’Unità da un mago dilettante per scegliere una carta, aveva fatto finta che l’illusionista l’avesse indovinata pur di non umiliarlo.
La storia si apre con il risveglio del protagonista dopo il lunghissimo coma. Il suo primo gesto consiste nell’intonare l’ Internazionale tenendo la mano di una suora. Praticamente la formula del Partito democratico, che ha smesso di esistere da quando Veltroni non ne è più il capo, per la semplice ragione che nessuno meglio di lui ne incarna l’essenza. Questa suor Giulia è uno dei personaggi più riusciti. Figlia di un militante del Pci, lettrice accanita di narrativa americana, bella, inquieta, attratta confusamente da Giovanni, dotata di sensibilità e senso del dovere. La sorella, l’amica, la fidanzata ideale. La versione cattocomunista della Boschi.
Con l’aiuto della suora democratica e di una psicologa che promette di diventare qualcos’altro, Giovanni si toglie dagli occhi, una dopo l’altra, tutte le bende che lo separano dal nuovo mondo. Anche in Goodbye, Lenin c’era una comunista che si risvegliava dal coma dopo la caduta del Muro. Ma a lei veniva taciuto e addirittura mascherato il cambiamento. Il personaggio di Veltroni, invece, lo affronta. E, attraverso il suo sguardo vergine, è come se anche l’autore, e noi con lui, riscoprisse le meraviglie e le follie a cui ormai siamo assuefatti. Giovanni apprende con un brivido di terrore che le automobili possono avventarsi contro un passaggio a livello e rimanere intatte (il telepass), rimane perplesso davanti alle carte di credito (in fondo, dice, sono le vecchie cambiali), non prende posizione sul cambio asimmetrico tra lira ed euro, mentre cede senza troppa resistenza al fascino del telefonino, delle partite di calcio in diretta e dei cibi evocati oniricamente alla Oscar Farinetti («non pane casereccio, ma pane prodotto dal nostro chef con farina del Molise e sale rosa del Madagascar»), al punto che quello gastronomico gli sembra l’unico socialismo realizzato, ma forse solo perché non tocca a lui saldare il conto alla cassa.
Se aspettate con curiosità maliziosa il momento in cui verrà a sapere che, mentre lui dormiva, Berlusconi scendeva in campo, rimarrete delusi. La reazione di Giovanni è un lieve moto di stupore: «Quello delle televisioni?». E passa oltre. Il «dormiglione» di Veltroni non è un vittimista, uno snob e tantomeno un nostalgico. Con una scelta spiazzante, l’autore gli attribuisce l’entusiasmo per la modernità tipico dei neofiti, affidando il ruolo di critico della società digitale al figlio della psicologa, un ragazzino di dodici anni. Sono le pagine più riflessive del libro. Dopo avere ingoiato e digerito i cambiamenti, compresi quelli privati (il padre morto, la madre con l’Alzheimer, la fidanzata sposata con un altro, la certezza che tutti quelli che lo conoscevano si siano dimenticati di lui); dopo essersi pacificato con se stesso per i pezzi di vita che ha perso e in attesa di decidere come vivere quelli che gli restano, Giovanni riemerge estasiato dalla frequentazione del web: «È una meraviglia, ed è per tutti. Un mondo senza discriminazioni, senza solitudine. È impossibile sentirsi soli se si è collegati con chiunque, sempre!». Ma il ragazzino raffredda subito i suoi bollori telematici: «Ognuno pensa che ciò che dice o scrive sia decisivo, ma sa in cuor suo che è inutile. Tutti soli, ma insieme. Interconnessi, ma fragili. Veloci, ma superficiali. Semplici, ma perché le cose complicate ci spaventano… Voi avevate di meno, ma speravate di più. Noi abbiamo tanto, ma abbiamo paura». Veltroni tenta una mediazione, che poi è il significato ultimo del libro. Il mondo nuovo, scrive, non va demonizzato. Va cambiato. Ma vale per le società ciò che vale per ogni singola persona. Puoi cambiare solo ciò che prima hai imparato a conoscere. E ad accettare.
Corriere della Sera – Massimo Gramellini a pagina 47 – 08/11/2017 pg. 1 ed. Nazionale.