Ieri l’assemblea dei soci lavoratori ha emesso strumenti finanziari partecipativi per 7 milioni: 3,5 li sottoscrivono Coopfond, Cccp, Unicoop del Tirreno, Cft e cooperative sociali come Cuore
di Maurizio Bologni
Sono quasi una ventina le società del mondo Legacoop che corrono al capezzale di Cooplat per ricapitalizzare la società, evitare la liquidazione e il conseguente smembramento di questa azienda da 2.300 dipendenti. Alcune, una decina di minuscole cooperative soprattutto sociali, lo fanno come simbolico atto di testimonianza per rimarcare lo spirito solidaristico del movimento. Ma altri soggetti del mondo Legacoop ci mettono soldi pesanti per raccogliere i 3,5 milioni che, uniti a sottoscrizione dei soci lavoratori fino a 1,5 milioni, servono a Cooplat per cercare di evitare il default. In tutto fanno 5 milioni di euro. E si prova a ripartire da qui. Ieri mattina l’assemblea dei soci lavoratori di Cooplat ha infatti deliberato a maggioranza ( ancora contrari i livornesi) l’emissione di strumenti finanziari partecipativi per 7 milioni attraverso cui i partner partecipano alla ricapitalizzazione dell’azienda in difficoltà.
Cooplat, causa i deficit d’esercizio degli ultimi anni, aveva bruciato tutto il proprio patrimonio e sarebbe stata condannata a liquidare la società senza un intervento di capitale dall’esterno in aggiunta al sacrificio dei soci. L’operazione avviene attraverso l’emissione degli strumenti finanziari partecipativi, che sono un prestito a tempo ma che vanno a costituire a tutti gli effetti patrimonio di rischio a garanzia dei creditori. Soldi, insomma che chi li mette rischia di perdere se le cose vanno male.
Di strumenti finanziari partecipativi ne sono stati emessi per 7 milioni, ma per ora ne verranno sottoscritti per 3,5 milioni (oltre a 1,5 milioni dei soci lavoratori). I principali sottoscrittori sono Coopfond (ci mette 800 mila euro), la società nazionale presieduta dal presidente di Legacoop Mauro Lusetti, e Cccp ( Centro cooperativo consulenza e partecipazione) di Grosseto, finanziaria toscana guidata dal presidente regionale di Legacoop Roberto Negrini, che ha già erogato a titolo di prestito 600 mila che saranno convertiti in strumenti finanziari partecipativi. Seguono con interventi deliberati in queste ore, cooperative sociali strutturate, come la Cuore di Piombino, ma anche grossi soggetti che hanno vissuto una parabola di difficoltà analoga a quella di Cooplat, come Unicoop del Tirreno e la storica coop di facchini Cft.
Per raggiungere un piccolo utile già quest’anno, e uno maggiore il prossimo, l’assemblea dei soci di Cooplat ha approvato un piano industriale di resistenza: taglio dei costi attraverso prepensionamenti, cancellazione dei dirigenti, riduzione del parco auto, cessione di tutte le partecipazioni non strategiche al core business dei servizi di pulizia, facchinaggio e manutenzione degli edifici, tra cui le Officine dello sport che gestiscono impianti sportivi a Livorno. E poi sinergie da creare con le “sorelle” coop sociali in servizi come la gestione dei Cup. Considerando la già avvenuta cessione del ramo di azienda nel settore ambiente, il fatturato di Cooplat dovrebbe più che dimezzarsi da 120 a 53 milioni. «Ma sono tutti soldi “buoni”, da attività selezionate che assicurano almeno un minimo di redditività » , dicono in Cooplat. La partita per la salvezza, insomma, è tutta da giocare.