Il viaggio negli Stati Uniti del presidente del Consiglio italiano Giuseppe Conte è stato sicuramente un successo di immagine, giocato sul filo delle analogie e delle affinità. «Io e Conte siamo entrambi due outsider della politica»: così, nella conferenza stampa conclusiva, il presidente americano Donald Trump ha enfatizzato la comune distanza dal tradizionale mondo politico. «Siamo due governi del cambiamento, tante cose ci uniscono», ha rilanciato Conte, alludendo a una condivisa visione strategica.
Come da tradizione diplomatica, non sempre rispettata peraltro dal vulcanico Trump, vengono messi in risalto i punti di intesa, che non sono pochi, e applicata la sordina alle difficoltà e ai contrasti. Trump ha elogiato la politica italiana sull’immigrazione («molti Paesi si dovrebbero unire all’Italia») rilanciando un tema a lui caro: gli Stati forti hanno confini forti. Ha inoltre riconosciuto un ruolo decisivo all’Italia nel Nord Africa e in Libia in particolare. Sul tema delicato dei rapporti con la Russia, ha ribadito che non ci sono ancora le condizioni per rimuovere le sanzioni e ha invitato l’Italia a sostenere la realizzazione del TAP (Trans Adriatic Pipeline), il gasdotto che dovrebbe convogliare nella penisola il gas azero, anche allo scopo di ridurre l’influenza russa nel campo delle materie prime. Trump ha inoltre invitato Conte a operare per ridurre il deficit commerciale tra gli Stati Uniti e l’Italia e a impegnarsi nel sostegno economico alla NATO, riferendosi in particolare all’acquisto dei caccia monoposto F35, alla cui produzione l’Italia ha anche contribuito.
Giuseppe Conte ha incassato quello che comunque si può considerare un ampio riconoscimento del ruolo internazionale dell’Italia, esprimendosi con prudenza su alcuni dei temi che possono essere delicati sia all’interno della sua alleanza di governo sia nei rapporti con i Paesi dell’Unione Europea. Se per il governo Conte può apparire vantaggioso essere considerato parte di un asse internazionale che rilancia e rafforza le identità nazionali e si propone di contrastare i flussi migratori irregolari, la condivisione dei singoli dossier crea maggiori difficoltà, ad esempio su temi come il deficit commerciale, le spese per la difesa, le sanzioni verso la Russia, la stessa TAP.
Alcuni osservatori hanno evidenziato che rientra nella politica complessiva degli Stati Uniti, non solo nell’epoca Trump, fare sponda con l’Italia per ridimensionare il ruolo della Francia, Germania e dell’Unione Europea, e che alcuni eclatanti riconoscimenti, come ad esempio il riferimento all’influenza italiana in Libia, potrebbero avere scarse conseguenze pratiche. L’impressione generale è che fra Italia e Stati Uniti gli interessi non sempre coincidano ma, come spesso è accaduto anche in passato, nei due Paesi si respira un’atmosfera comune e si condivide, nella sostanza, uno stesso clima.