michele bocci
Intervista di
Con gli altri chirurghi non c’è mai stata collaborazione. Fin dal suo arrivo lo hanno osteggiato.
«Come mai? Chiedetelo a loro». È anche per il modo in cui è stato accolto a Careggi che il chirurgo della mammella Carlo Mariotti ha appena deciso di tornare a lavorare nelle Marche dopo solo 5 mesi in Toscana.
L’impossibilità di creare un gruppo con i colleghi, ma anche i problemi innescati da una serie di lettere anonime lo hanno convinto a lasciare Firenze. Così Careggi dovrà fare un nuovo concorso per trovare la guida di un reparto fondamentale, dove si cura uno dei cancri più diffusi.
Dottore, come mai va via dopo così poco?
«Intanto perché ho ricevuto un’offerta dalla mia Regione, le Marche. Mi hanno chiesto di rientrare offrendomi nuove responsabilità, una cosa per me molto bella. Vogliono intanto che si fermi il flusso di pazienti che aveva iniziato a uscire per venire appunto in Toscana».
Cosa è successo a Careggi?
«Intanto voglio sia chiaro che lavorare in questo ospedale, una delle grandi strutture del Paese, è stato un grande privilegio. Detto questo, da quando sono arrivato mi sono scontrato con la mancata collaborazione da parte di quasi tutti i colleghi. Perché si siano comportati così dovete chiederlo a loro».
Dice colleghi quindi intende solo gli altri chirurghi del reparto?
«Ci tengo a dire che gli altri lavoratori sono stati straordinari.
Mi ha supportato sia il personale infermieristico di reparto che quello di sala, ma anche gli anestesisti sono stati veramente eccezionali. E poi la direzione è stata impeccabile».
Davvero non si spiega come mai gli altri medici non l’hanno
accolta bene?
«Probabilmente non ci siamo capiti, come talvolta succede nei matrimoni. All’inizio la diffidenza, la paura del nuovo ci stanno, ma poi ho dimostrato chiaramente che da parte mia non c’era intenzione di ledere nessuno. Ma senza collaborazione è difficile portare avanti la baracca».
Potrebbe aver commesso degli errori lei.
«No, io appena sono arrivato ho dato la massima disponibilità, con educazione. Volevo collaborare lasciando l’autonomia ai colleghi, ho rispettato il lavoro degli altri.
Giuro che non riesco a spiegarmi quello che è successo, se non con la semplice competizione professionale. Ma io avevo la mia casistica che arrivava dalla mia regione. Ho poi cercato di far crescere tutta l’attività del reparto e mi ha fatto piacere l’apprezzamento di tante pazienti toscane».
Ha saputo delle lettere anonime contro di lei che sono state spedite?
«Certo. Venendo dalla provincia mi immaginavo che in un ambiente metropolitano importante come quello fiorentino non si usassero questi mezzucci di basso spessore».
È stato accusato di non gestire bene le liste di attesa, privilegiando le sue pazienti marchigiane.
«I risultati raccolti dalla direzione parlano chiaro. Con me il numero totale degli interventi è cresciuto e nel frattempo le liste di attesa sono diventate più brevi. Ogni professionista ha potuto proseguire la sua attività, talvolta incrementandola. Lascio davvero con dispiacere questo posto di grande prestigio».
Se a Careggi non ci fossero stati problemi, come avrebbe risposto all’offerta delle Marche per il suo rientro?
«Forse sarei comunque tornato a casa ma ora è difficile dirlo perché nelle situazioni bisogna trovarcisi per sapere come si reagisce. Così è anche difficile dire cosa sarebbe successo se, con questo clima a Firenze, non avessi ricevuto chiamate dalle Marche».
Qual è la cosa che le ha dato più fastidio in questa vicenda?
«Provo grande amarezza per la scarsa lungimiranza dimostrata, non si è visto che potevamo arrivare insieme a risultati di grande prestigio nazionale, sia dal punto di vista clinico che da quello scientifico. E questo non per la mia bravura ma grazie all’impegno di tutti».