SIENA-FIRENZE-PERUGIA
di Roberto Barzanti
Un comunicato del Comune di Siena ha abbozzato la possibilità di imbastire un progetto denominato «Arte al Centro», che coinvolgerebbe in armonia Gallerie degli Uffizi, Siena e Perugia. Lo scopo sarebbe quello di intrattenere più a lungo i turisti curiosi di arte spingendoli a visitare con calma, offrendo loro invitanti facilitazioni per la visita di musei delle tre città, e non solo. A promuovere l’idea non sta un disegno legato a elementi propriamente estetici, ma l’intento (in sé non deprecabile) delle associazione dei commercianti di rallentare la velocità improduttiva del turismo «mordi e fuggi», che si è fatto, anche quello, in tempi di pandemia, esiguo e svogliato.
Per dar risalto all’avvio dell’iniziativa è stata messa in scena una solenne visita a Siena di Eike Schmidt, direttore degli Uffizi, e una riunione concepita dall’assessore al turismo Albero Tirelli e presieduta dal sindaco Luigi De Mossi. Che la visita di Schmidt al Santa Maria della Scala sia stata presentata come un evento sa di provincialismo. Come se Schmidt non avesse mai conosciuto un luogo così ricco di rilevantissime opere, purtroppo ancora privo di un’autonoma soggettività istituzionale e di un’esplicita identità culturale. In autunno il complesso del Santa Maria della Scala dovrebbe finalmente assumere i caratteri di una Fondazione di partecipazione, dando concretezza a una prospettiva caldeggiata dalla Regione e indicata a più riprese dalle forze di opposizione, in particolare dal gruppo «Per Siena», e ora dopo molte titubanze a quanto pare accettata dal sindaco e dalla giunta. Il cantiere avviato grazie ai finanziamenti regionali per creare indispensabili modifiche strutturali consente di riaprire positivamente una questione che rischiava di resta sospesa in un non più tollerabile silenzio.
Saranno opportuni ulteriori approfondimenti ma la strada dovrebbe convogliare una positiva convergenza di intenti. Il primo obiettivo da concretizzare per chi ha a cuore l’irrobustimento del Santa Maria dovrebbe essere l’approfondimento sistematico di efficaci collaborazioni e condivisi programmi in grado di dilatare itinerari e esperienze formative in un’ampia logica di distretto. Invece il Comune capoluogo ha deciso di ritirarsi dalla Fondazione dei Musei senesi (oltre 40), temendo di chiudersi in un ambito angusto, con la persuasione che sia meglio pensare a intessere rapporti con realtà trainanti di eccezionale rinomanza. Ma non ci sarebbe alcuna contraddizione nel coltivare feconde relazioni — come sempre è stato fatto — con gli Uffizi o altri centri europei assumendo il ruolo di capofila degli assetti relativi alla via Francigena e avere una costante attenzione alle risorse di cui il territorio dispone, alle inespresse potenzialità che contengono. Come prenderà forma questa triplice alleanza Firenze-Siena-Perugia non si sa. Tra l’altro è curioso che nella Galleria nazionale dell’Umbria di Perugia (fino al 30 agosto) sia aperta una mostra monografica d’un centinaio di tavole del senese Taddeo di Bartolo (1362? – 1422), provenienti da mezzo mondo, e che, finora almeno, non sia stato messo a punto un pacchetto in questo caso dalle solidissime basi scientifiche. Per il futuro che cosa si ipotizza? Non certo un viaggio da fare in velocità che inanelli visite a musei o posti delle tre città. Sarebbe un modo di enfatizzare proprio quel turismo «mordi e fuggi» che si vuol evitare e di riversare in aree quasi limitrofe l’incontenibile flusso fiorentino: altre sono le soluzioni di decentramento o di radicale riorganizzazione da definire per gli Uffizi. Si ipotizza una sosta settimanale corredata da ticket con tanto di voucher per alberghi, pullman, biglietti cumulativi dei musei? Ma quanti turisti sarebbero disposti a un così obbligante pellegrinaggio? I più colti e in vena di scoperte preferiscono decidere con la loro testa. All’inizio la proposta era nata includendo nel tour anche Urbino. Troppa grazia! E come turismo slow a chilometro zero una formula agli antipodi. Assessori e funzionari dei tre Comuni sono al lavoro per studiare modalità e vantaggi. La spinta sembra in prevalenza consumistica. Ma il patrimonio artistico dovrebbe essere usato per quello che è, facendone apprezzare l’essenza, e — come ha detto Renzo Piano — mischiando in qualche le modo le carte «non tanto con attività commerciali quanto con occasioni che permettano di stare assieme», sotto l’insegna di una bellezza quotidiana, non confezionata con intenzioni pubblicitarie di corto respiro.
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