«C’è la possibilità che si scateni una speculazione finanziaria. Per colpa degli italiani o del governo? Non mi interessa, ma l’evento può accadere». Ai timori del sottosegretario a Palazzo Chigi Giancarlo Giorgetti, si sommano ora quelli di Paolo Savona, il ministro degli Affari europei, che per la prima volta dalla sua ribalta nazionale – col veto del Capo dello Stato sul suo nome per il ministero dell’Economia – parla liberamente in un incontro pubblico. Nella piazzetta di Porto Cervo, nella sua Sardegna, il professore mette in guardia da quello che potrà accadere nelle prossime settimane, quando il governo presenterà una manovra finanziaria che potrebbe avere forti ripercussioni sui mercati. Se Lega e Cinque Stelle dovessero mettere in cantiere misure costosissime, come il reddito di cittadinanza e la flat tax, lo spread potrebbe infatti schizzare pericolosamente all’insù. «Il governo si deve preparare e trovare una soluzione – spiega il ministro – Sono andato a parlare di questo con Mario Draghi e con altri, non con i russi. Ora il ministro Tria è in Cina per discutere. Un governo serio cerca di parare questa eventualità». Che, a dire il vero, scaturirebbe al contrario proprio dalle scelte economiche dell’esecutivo. C’è grossa attesa in vista della manovra e Savona spiega che il suo governo «rispetterà i parametri, ma finché sarà possibile». Per lui infatti il 4 marzo «c’è stata una rivoluzione» e sta ora a Bruxelles riconoscere la realtà dei fatti e dare margini di manovra alle pretese giallo-verdi. Il ministro – intervistato da Bruno Vespa – non si risparmia neppure sull’ormai famoso «piano B», il progetto per uscire dall’euro nel caso in cui situazioni esterne lo imponessero. «Il piano B lo hanno tutti gli Stati, anche la Germania, nonostante le smentite della Merkel. Perché scandalizzarsi?». Ma una cosa è averlo, «un’altra è pensare che serva uscire dall’euro. Io non sono un folle», tiene a precisare. Il filo rosso del discorso di Savona comunque è quello degli investimenti, il suo pallino. Il professore sardo ha infatti proposto un piano da 50 miliardi. Un modo, a detta sua, per portare la crescita del Pil fino al 2%, liberando importanti spazi di bilancio. «Inizialmente parlavo in generale di investimenti, poi quando ho visto che per quelli pubblici ci sono difficoltà, mi sono informato con aziende come Eni e Terna», che per Savona avrebbero nei loro piani un totale di 34 miliardi di investimenti privati, che potrebbero spingere la crescita dal 2019. «Dal punto di vista tecnico è possibile e perciò mi impegno ancora», assicura. Il problema è che questa massa di investimenti – come fa notare l’economista Mario Seminerio – è relativa a piani pluriennali e include peraltro i costi operativi. Il progetto quindi rischia già di sgonfiarsi.