LAURA MONTANARI
Come un vaso da maneggiare con cura, il «clone» a Napoli della Scuola Normale è diventato uno spinoso caso politico oltre che accademico.
Oggi è fissato un vertice a Roma non è chiaro se al ministero dell’istruzione o a quello dell’economia al quale sono stati convocati il sindaco di Pisa, il leghista Michele Conti che si è ampiamente espresso contro il progetto, il rettore dell’università Federico II di Napoli Gaetano Manfredi e il rettore della Normale Vincenzo Barone che invece sono favorevoli. All’appuntamento è improbabile che partecipi il ministro Marco Bussetti (leghista e favorevole all’operazione), impegnato ad inaugurare l’anno accademico a Bari, più facile che ci sia il suo capo di gabinetto, Giuseppe Chiné. Nessuno conferma, anzi il sindaco si innervosisce: «Chi gliel’ha detto? La richiamo, ci devo pensare…» sbotta.
Naturalmente non richiama. Sul tavolo, la nascita della Scuola Normale Meridionale a Napoli.
Un progetto finanziato dal Ministero dell’Economia con oltre 50 milioni di euro in tre anni, infilato con un emendamento nella legge di stabilità che deve però ancora passare al Senato. Ieri il clima all’interno della Normale non era dei più distesi dopo il faccia a faccia fra Barone e i docenti e quello con i rappresentanti degli studenti e del personale. In serata circolava una mail fra le cattedre che riassumeva l’incontro della mattinata e le critiche al direttore prima di tutto per la mancanza di informazione. Nel resoconto si spiega che nessuno dei professori è contrario a una nuova scuola Superiore in Italia e tanto meno al Sud, ma si chiede che alla fine del triennio di sperimentazione si valuti se lasciare il “marchio” Normale. In sostanza si dice: va bene che l’eccellenza pisana presti un contributo di esperienza e conoscenza se è questo che chiede il Parlamento, ma non deve andare a discapito di una scuola di eccellenza che ha una storia di autonomia da oltre 200 anni. Alla fine si chiede al direttore di non intraprendere altre iniziative del genere senza aver prima consultato il corpo docente. Parla di «discussione proficua e diretta, di confronto autentico – il professor Mario Piazza, ordinario di Logica e Filosofia della Scienza – la Normale può accompagnare la fase sperimentale triennale, ma poi secondo diversi colleghi sarebbe auspicabile lasciare a Napoli una propria autonomia». Quindi significherebbe sottrarre la parola “Normale”.
La questione non è da poco. In Italia sono nate, negli ultimi decenni, altre scuole superiori a statuto speciale, dalla Sissa di Trieste all’Imt di Lucca, ma nessuna ha “sdoppiato” scuole esistenti. Va detto che Barone aveva nel cassetto il progetto di espansione: ne aveva parlato nell’inaugurazione dell’anno accademico 2017 e ne ha accennato in un paio di articoli sulla stampa. Poi più niente fino a che da Roma e dalla commissione alla Camera non è arrivata l’improvvisa accelerata.
Chi la vuole? E perché? Sono le domande che rimbalzano a Pisa dove, si teme di perdere l’unicità di un sistema formativo cresciuto molto e oggi una eccellenza consolidata.