Prima di Picasso e dopo Goya, è stato il pittore spagnolo più famoso Milano lo celebra ora a Palazzo Reale
di Fiorella Minervino
Era una star, il pittore di Spagna più celebre da Goya e prima di Picasso, critica osannante, premi, mostre a Berlino, Parigi, Londra, New York, Roma; dopo la scomparsa nel 1923 quasi scordato, vittima del clima dopoguerra, la Belle Époque infranta contro la Grande Guerra, le nuove avanguardie. Madrid vanta il suo museo, l’ultima casa, un’attività instancabile di 4.200 dipinti, infiniti disegni, il museo ne possiede 5000. Pochi ricordano oggi Joaquín Sorolla y Bastida (nato a Valencia nel 1863) presente in istituzioni importanti, quali Ca’ Pesaro e la Galleria Nazionale a Roma; è questa l’occasione per riscoprirne il talento, capace di immergere il pubblico nel suo universo di serenità, calore, colore, tempo sospeso, estate eterna. La National Gallery di Londra ne ha presentato nel 2019 la mirabile personale stregando la città. Perché Sorolla sorprende con dipinti che illuminano di luce potente e pervasiva, controluce e riflessi a pelo d’acqua, che accendono le sale milanesi di Palazzo Reale, è in corso il primo ampio omaggio in Italia: Sorolla, pittore di luce (fino al 26 giugno) a cura di Micol Forti e Consuelo Luca de Tena, ben 60 opere dal Museo Sorolla e altri lungo l’avventura tenace di passione per l’arte e la famiglia, accanto a verità d’immagine.
Il successo è a Parigi, all’Esposizione Universale 1900 vince il Grand Prix battendo Klimt e Alma Tadema con Triste eredità! 1899, capace di legare realismo sociale e plein air, colori audaci del Mediterraneo sulle coste spagnole: sull’arena di Malvarrosa i Fratelli dell’Ospedale dell’Ordine di San Giovanni accompagnano a fare il bagno bambini disabili, poliomie-litici, tema d’obbligo come lavoro, prostituzione, povertà, per compiacere giurie internazionali; così La tratta delle bianche nella Spagna di tensioni. Eccoli i momenti alti del primo realismo crudo. Amava il mare di Valencia, le spiagge di Maiorca, Jávea , la mondana Biarritz sull’Atlantico. Sono i giochi infantili a renderlo popolare, il tempo dei bambini con la barchetta, le corse sul bagnasciuga, i tuffi al tramonto, evocano la felice età pagana del Mediterraneo. «I maschietti erano nudi in spiaggia, dice l’ex direttrice del museo a Madrid, Consuelo Luca De Tena, le bimbe indossavano vestine rosa, bianche che bagnate formano pieghe sui corpi come i panneggi antichi che Sorolla ammirava a Roma nel 1885 per la borsa di studio triennale, oltre i marmi del Partenone visti a Londra al British Museum nel 1908; i clienti gli chiedevano di inserire ancora più bimbi e barche». In Cucendo la vela, 1896, le mogli dei pescatori al porto di Grau rammendano la tela nel patio presso la spiaggia, la luce filtra da piante disegnando mille riflessi, in mostra alla Biennale veneziana 1905, la acquista la Galleria di Ca’ Pesaro.
Il fascino profondo lo esercitano le eleganti signore in bianco a passeggio sulla sabbia con parasole di pizzo, guanti, cappelli dai lunghi nastri; il modello da metà ’800 che Sorolla fa spontaneo, immediato, pur mettendo in posa la moglie Clotilde, le figlie María ed Elena, il figlio Joaquín, inquadra la scena, da cultore di foto e cinema, e con molti disegni e studi. Bagliori impressionista da Monet in Istantanea, Biarritz, 1906, luminosità più fredda dell’Atlantico, scogliere, mare blu: pare di toccarli i veli impalpabili, candidi, fluttuanti che avvolgono María e il cappello, mentre cattura con la minuscola Kodak sorprese in spiaggia; dietro nuvole e spuma di onde si fondono, Clotilde ed Elena affiorano in fulminei tocchi. Usava spesso due pennelli uno per mano, dice la curatrice spagnola, per pennellate lunghe o brevi tratti incrociati e sovrapposti, o virgole, come aveva appreso da impressionisti e post a Parigi: plein air, colori chiari mai mescolati, ora la sedia di Van Gogh o accenni a Monet che, come Boldini, lo stimava, lui era della generazione postimpressionista, indagava Velázquez, poi Manet, Sargent, Whistler, il Goya al Prado, ma procedeva nella sua via moderna, senza fantasmi simbolisti. Il poeta Premio Nobel Jiménez scrive: «Riproduce il colore invisibile dell’aria, lavorando in pieno sole ». Fra i ritratti d’interno e plein air, ecco il suocero fotografo vestito di bianco in sedia a dondolo su sabbia, poi collezionisti, personaggi, l’amico americano designer Louis Comfort Tiffany, 1911, fra piante e fiori, Clotilde in nero.
A New York lo invita nel 1909 Archer Milton Hungtington, mecenate della Hispanic Society, per La visione di Spagna, enormi pannelli di tipi umani e costumi nelle 15 regioni, che visita dal 1912 al 1919, se ne ammirano taluni; dalla stanza dell’hotel schizza Manhattan grigia, le Avenues dove corrono auto e figurette bianche alla Maratona.I giardini “maturi” moltiplicano rifrazioni e magie secondo stagione, le fontane sono specchi per fiorì e piante nel dipinto María nei giardini de La Granja, 1907, dove ritraeva re Alfonso XIII; malinconica l’Alhambra invernale, superbo il paesaggio di Toledo. Come del resto La veste rosa, 1916, due donne, o divinità greche, colte nell’attimo intimo contro la luce filtrata in cabina; in la Siesta a San Sebastián, 1911, quattro donne abbozzate, Clotilde, figlie e cugina, riposano sul prato a pennellate spesse, lunghe, già astratte.
Ama l’Italia dagli anni a Roma e Assisi, guarda l’arte antica, il verismo di Morelli, espone in Biennale a Venezia dalla prima edizione 1895 e spesso fin alla retrospettiva nel 1926. Vittorio Pica gli dedica un numero di Emporium, Ca’ Pesaro e Galleria Nazionale comprano dipinti. Ora Milano ne rilegge la poetica, anche grazie al poderoso catalogo Skira.