La creatività è un viaggio nei misteri dell’uomo. Ma quanto «dura», a quali regole ed età obbedisce? In Youth-La giovinezza Sorrentino parla di giovinezza e vecchiaia nel rapporto tra due vecchi amici, Michael Caine è il compositore-direttore d’orchestra in crisi d’ispirazione perché si sente in là con gli anni, e Harvey Keitel il regista. Il tema della creatività irrompe quando Jane Fonda, che impersona l’attrice musa dei film di Keitel, dice chiaro e tondo che non vuole più tornare a lavorarci: «Vai per gli 80 anni e, come tanti tuoi colleghi, da vecchio sei peggiorato. Gli ultimi film che hai fatto, erano una m…».
Superati gli 80 anni, nel 2013, Ettore Scola annunciò col suo fare sornione la decisione di ritirarsi: «Ogni regista fa sempre un film di troppo. Per questo ho smesso al penultimo». Ma pochi mesi dopo a Venezia portò un filmato su Fellini, un fresco «amarcord». Esiste un’età creativa? Platone, Tiziano, Michelangelo, Goethe smentiscono che l’invecchiamento comporti un impoverimento intellettivo. Nella musica Stravinsky non è mai stato eguale a se stesso, seriale, neoclassico, ebbe punte jazz. Lo ricorda lo stesso Caine: «Disse tutto Stravinsky. Tuonarono i critici quando stava solamente riscoprendo il passato».
Se Dylan spiazza rendendo irriconoscibili le sue canzoni, Kubrick ha cambiato genere in ogni suo film; e così i colori di Picasso hanno assunto via via contorni e stili diversi, tanto che lui mise a tacere i denigratori dicendo che «il nemico della creatività è il buon gusto». Se si pensa a un istintivo del podio come il direttore d’orchestra Antonio Pappano, la creatività non si insegna, è innata. Ma lui dice: «Non mi considero un uomo creativo, lavoro su materiali altrui. Sono un interprete, e agli interpreti serve fantasia. Certe influenze esterne mettono un freno all’atto creativo. Con la tecnologia e YouTube, tutto è a portata di mano. Ma con questa enorme banca dati a disposizione, è più difficile trovare una propria voce. Henze in età avanzata aveva una creatività altissima».
La verità è che non esistono regole. Verdi si è congedato dalla vita terrena con due capolavori scritti in tarda età: l’ Otello a 74 anni, e il suo addio alle scene, Falstaff , a 80. Mozart compose la prima delle sue quarantuno Sinfonie a 8 anni. E Brahms ha scritto la prima delle sue quattro Sinfonie a 43, un’età in cui Mozart era già morto (visse 35 anni). Pappano, spiega che Rossini compose la sua ultima opera, il Guglielmo Tell , a 37 anni: l’ultima opera di un uomo ancora giovane? «Semplificando, si era sparato tutte le cartucce all’inizio della carriera, era diventato una fabbrica di musica al servizio delle convenzioni dell’epoca, per cui ritagliava, riciclava, rielaborava. E creava. Nel Tell ha dato tutto quello che poteva dare. E poi basta. È un’opera con un’energia e una furia creatrice unica». Poi a Parigi distillò qualche perla qui e là.
Se per spiegare l’enigma di Rossini si è chiamata in causa (in modo sbrigativo) la nevrosi, Van Gogh nelle sue tele si è nutrito di «malattia». Tornare alle proprie radici e alla propria terra per riacquisire la fertilità può essere una condizione obbligatoria. Dostoevskij in Lettere sulla creatività confessò di dover tornare in Russia, perché all’estero stava «perdendo perfino la possibilità di scrivere». È rara la parabola di Andrea Camilleri, che entra in Rai, fa il regista teatrale e a 53 anni si dà alla narrativa; poi riprende la penna in mano nel 1992, dopo una pausa di dodici anni torna a scrivere. Carlo Verdone dice che «la vera arte è strettamente legata all’esistenza di ideali. Ora esistono solo isole felici, nicchie che non influenzano la società. Il rock è di plastica, si sparisce dalla classifica dopo dieci giorni». E i Rolling Stones a 70 anni suonati saltellano come teenager. Verdone, come si è trasformato nel tempo il suo arco creativo? «Sono consapevole che ciò che ho fatto in passato non devo ripeterlo, sono un’altra persona. La voglia di osservare non è mai venuta meno. Il vero cancro della creatività è la depressione. Lì, si è smarriti».
Oggi che tutto è stato scoperto, il concetto di creatività subisce una mutazione «genetica». Come disse Giuseppe Sinopoli, «i grandi cicli culturali non durano più di due, tre secoli, non è una questione tragica ma naturale. L’utopia è muta e la speranza altrettanto. La memoria è una ragione per andare avanti».
Valerio Cappelli