di Andrea Greco
MILANO — La levata di scudi della politica contro la cacciata dell’ad di Mps Guido Bastianini – Lega, Leu, M5s e Pd – è tale che, se un Mario Draghi li avesse avuti come elettori a gennaio, sarebbe presidente della Repubblica da un pezzo.
In poche ore si è formato un fronte con alti esponenti dei quattro partiti del governo, contrari a blitz tentato dal Tesoro, che quasi sorprende per quantità e toni. Tutti a supporto dei due anni di gestione del banchiere toscano, dal governatore Pd della Toscana Eugenio Giani, che ha detto: «il cambio è inappropriato e non deve esistere, ne parlerò al ministro Daniele Franco »; a Stefano Fassina (Leu), che ha definito «incomprensibile» la misura; poi al deputato M5s Riccardo Fraccaro, che ha definito «grave l’ipotesi », citando Bastianini come «esempio di competenza»; e al senatore leghista Alberto Bagnai, che ha chiesto «di fare immediata chiarezza sulle presunte volontà del Tesoro di invitare alle dimissioni a Guido Bastianini, mentre la banca di Siena sta chiudendo un esercizio coi migliori risultati da cinque anni ». A sera, il sigillo di Matteo Salvini, capo della Lega: «La politica non può mettere in discussione l’ad di Mps, che ha ottenuto i migliori risultati degli ultimi anni. Il ministro Franco chiarisca: davvero è in discussione un manager che ha dimostrato che Mps può camminare?».
La settimana scorsa il direttore generale del Mef Alessandro Rivera, a nome del socio forte del 64%, aveva chiesto al banchiere ex Carige di dimettersi, sembra per un «cambio di strategia». La scelta potrebbe essere di insediare un banchiere più esperto di rapporti con gli investitori del mercato, in vista del lancio della ricapitalizzazione da 2,5 miliardi, chiesta dalla vigilanza della Bce al Monte e in possibile agenda nel corso del 2022.
Il rumore politico preso dalla vicenda, come troppe volte, potrebbe indurre a posticipare la data del cambio ai vertici: e magari far slittare oltre il 7 la resa dei conti. Quel giorno è in agenda un cda Mps per sul bilancio 2021, anno in cui il crollo del costo del rischio e la crescita delle commissioni hanno portato bene al Monte. Fonti di settore stimano un utile netto finale un po’ sotto i 388 milioni comunicati nel terzo trimestre 2021, per la scelta di mettere altri soldi a riserva a fronte delle cause legali e degli accantonamenti “a calendario”.
Negli ultimi giorni la moral suasion del Tesoro, svolta anche tramite la presidente di Mps, Maria Patrizia Grieco, aveva contribuito a formare una maggioranza di nove consiglieri Mps su 15 favorevoli a revocare le deleghe operative a Bastianini. E sembra che la determinazione a portare a termine la staffetta sia integra da parte del socio pubblico, che nel 2017 salvò la banca senese con oltre 5,4 miliardi. Dietro le quinte si scaldano i possibili sostituti, alcuni dei quali già entrati nella rosa per l’incarico due anni fa: il meglio posizionato, secondo fonti finanziarie, sembra Alessandro Vandelli, a lungo e fino a un anno fa ad della Bper.
Intanto anche la commissione d’inchiesta bis sulle banche — molto voluta dai M5s, lo stesso partito che suggerì il nome di Bastianini all’epoca — ha invitato in audizione, sul dossier Mps, il ministro dell’economia Daniele Franco. Lo si attende il 15 febbraio, e come ha dichiarato la presidente della commissione Carla Ruocco (M5s), «sarà occasione per chiarire anche le strategie sulla corporate governance della banca».